Ricordate quanto livore e veemenza della sinistra, Pd compreso ovviamente, verso Salvini ed i suoi decreti sulla sicurezza e l’immigrazione? Sembravano essere, quei decreti, come la linea del Piave (della democrazia, della libertà e della solidarietà) su cui attestarsi per poi avviare l’attacco al ministro razzista ma, diciamolo, anche fascista del Papeete.
E ricordate Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera, Matteo Orfini, ex presidente del Pd, e Davide Faraone, segretario regionale del Pd siciliano, alla guida della delegazione parlamentare salita a bordo della Sea Watch 3 a portare la loro solidarietà alla famigerata capitana Carola Rakete, elevata a martire ed eroina dell’anti-salvinismo?
Ricordate, eravamo a fine giugno dello scorso anno, sembra quasi un secolo fa, il governo era quello gialloverde, ormai quasi giunto al capolinea, e a presiederlo a Palazzo Chigi vi era sempre lui, Giuseppe Conte.
Archiviato il governo gialloverde, con la nascita del Conte 2 e l’ingresso del Pd e Leu nell’esecutivo, c’era da immaginarsi che una delle priorità sarebbe stata quella di stravolgere se non abrogare del tutto gli odiosi, e tanto osteggiati dalla sinistra, provvedimenti sull’immigrazione voluti da Salvini.
Macché, chi si era illuso in proposito, e fino a poco tempo fa si stracciava le vesti e strappava i capelli contro i decreti salviniani, è rimasto deluso. Tutto è passato nel dimenticatoio. Oddio, più che i decreti la vera preoccupazione era che a dover essere abrogato fosse Salvini.
Ad ogni modo, non è il caso di scandalizzarsi. Questo è il bello ma anche il limite della politica: si fa quel che si può. E con tutto quello che è avvenuto in questi ultimi mesi, figurarsi se quella dell’immigrazione, clandestina o meno, potesse essere annoverata tra le priorità.
I nodi, però, come sempre vengono al pettine. E’ solo questione di tempo.
Riepilogando: sul tema dei migranti fra il governo Conte 1, gialloverde, e quello del Conte 2, giallorosso, non c’è stata alcuna differenza di rilievo. Nulla è cambiato nella sostanza e l’ultima vicenda, quella della proposta del ministro dell’agricoltura, di fede renziana, Teresa Bellanova, ne è l’esempio più evidente.
Cosa chiede a voce alta la Bellanova? Propone un permesso di soggiorno provvisorio di sei mesi, rinnovabile per altri sei, e contratto di lavoro agli immigrati irregolari che lavorano, ma che per il nostro Stato non esistono, sono invisibili. In altre parole, vuole regolarizzare braccianti, colf e badanti per fare, in primo luogo, emergere il lavoro nero. E più ancora per consentire l’impiego dei migranti in agricoltura per la raccolta nei campi.
In breve, stando a quel che si è letto sulla stampa, una proposta accettabile, dettata dal buon senso, senza sovrastrutture ideologiche e cariche propagandistiche. Proposta, sotto molto aspetti, anche assai conveniente per il nostro Paese: senza l’aiuto dei migranti c’è il rischio che buona parte del raccolto resti a marcire nei campi. D’altro canto, la proposta di impiegare in agricoltura chi gode del reddito di cittadinanza non sembra avere avuto finora molto successo: sono poche migliaia gli italiani che hanno dato questa disponibilità.
Ebbene, anche in questo caso, all’apparenza pacifico, nella maggioranza di governo ci sono forti contrasti tanto che la Bellanova minaccia di dimettersi. Insomma, sarebbe il colmo se su un tema come quello dei migranti il Conte 2 andasse a farsi benedire.
E, in tutto questo, il Pd, che è lo stesso dei tempi della Sea Watch 3 e della capitana Carola Rakete, cosa fa? Per ora, timidamente sostiene la Bellanova, mentre Zingaretti fa pressione sugli alleati minacciando nuove elezioni se salta l’attuale governo.
Alla fine, un accordo, magari anche in sedicesimo, si riuscirà a trovare.
Questo non eliminerà, però, il retrogusto amaro di una politica incapace -da un verso o dall’altro, da sinistra o da destra- di interpretare i sentimenti, quantunque contrapposti e divergenti, di un Paese sempre più stordito, ma soprattutto preoccupato per le pesanti ricadute economiche dell’emergenza coronavirus e, anche per questo, disgustato dalle beghe politiche di assai piccolo cabotaggio.