Coronavirus, da domani la fase 2: ora occorre un supplemento di responsabilità
Domani inizia la fase 2. Potremo, con le dovute precauzioni e ancora tantissime limitazioni, cominciare a vivere con maggiore libertà. In altri termini, tornare a vivere una vita un tantino più normale. Oddio, non è che è tutto chiaro quel che potremo fare e come. D’altra parte, a parte i limiti di questo governo e i disaccordi con le regioni e fra queste e i comuni, è abbastanza comprensibile che ci siano incertezze e zone d’ombre. Stiamo reinventando un modo di vivere che prima non c’era.
Ad ogni modo, una cosa appare certa e indiscutibile. Il successo della fase 2 dipende da noi. Da ciascuno di noi. In altre parole, guai a pensare che siamo al “liberi tutti”. Ci toccherà, al contrario, dimostrare molta maturità. Autolimitandoci. Autoregolamentandoci. Evitando assembramenti. Utilizzando mascherine e guanti. Tenendo le distanze necessarie.
E’, questa, una sfida che possiamo raccogliere e vincere. In fondo, a parte gli idioti e gli irresponsabili che non mancano mai a qualsiasi latitudine ma che costituiscono la classica eccezione che conferma la regola, noi italiani abbiamo dato in questi due mesi una grande prova di serietà, di disciplina, di affidabilità.
Ci siamo industriati. Siamo stati solidali. Ci siamo fatti coraggio l’un l’altro. Siamo stati ligi alle istruzioni che ci venivano fornite. Siamo stati pazienti. Siamo stati indulgenti e tolleranti verso le scelte a volte cervellotiche e poco comprensibili dei nostri governanti. Siamo stati diligenti nel rincorrere il vorticoso susseguirsi dei diversi famigerati modelli di autocertificazione. Siamo stati bravi nel sopportare le angoscianti incursioni serali dell’untuoso premier Conte, la snervante voce monocorde e paternalistica di Arcuri, il tedio dei deprimenti bollettini di Borrelli. Siamo stati compiti persino nel praticare ai minimi termini il nostro sport nazionale: la sterile lamentazione.
Potevamo immaginare, appena due mesi fa, tanta coscienziosità e senso di responsabilità per un popolo come il nostro i cui paradigmi sono sempre stati l’individualismo, lo scarso senso civico e una spiccata refrattarietà alle regole? Di sicuro no. Certo, un ruolo fondamentale l’ha avuto la paura di contrarre l’infezione. Ciò però non inficia la qualità della prova di compostezza e consapevolezza che abbiamo dato.
Ora, però, occorre un supplemento di assennatezza e di civiltà.
Siamo onesti: il nostro Paese non può stare ancora fermo e deve ripartire. Nel limite del possibile ovviamente. Dobbiamo essere però consapevoli che il virus che ha mietuto tante vittime non è stato sconfitto. E’ ancora con noi. Può riprendere la sua corsa omicida se abbassiamo la guardia nell’illusione che tutto sia finito. Questo vuol dire imparare a convivere con il coronavirus. Almeno fino a quando non si troverà un vaccino o una cura sicura ed efficace.
In conclusione, da domani ci aspetta la sfida forse più difficile, soprattutto per noi che viviamo nel Mezzogiorno, appena sfiorato da questo morbo assassino. Sarà un cammino lungo con tante tappe. E avremo di fronte tante difficoltà e prove da affrontare. A cominciare dal trasporto pubblico, uno dei punti più deboli nelle misure da adottare per contenere la diffusione del contagio.
Ci riusciremo? Dobbiamo farcela.