Coronavirus, dalla seconda fase ai calci di rigore
“Basta con il paternalismo populista o noi non ci stiamo”.
E’ il monito lanciato da Matteo Renzi sulla permanenza a Palazzo Chigi dell’attuale Governo del Premier Giuseppe Conte. Si tratta di un avviso ai naviganti della maggioranza che ne garantisce la sopravvivenza. Non sembra preludere ad una sorta di “sciogliete le righe” per andare ad elezioni. Poiché non ci sono le condizioni per andare ad elezioni fino al 2023, lo stesso Renzi ha specificato a “Porta a Porta” di vedere “se ci sarà una nuova maggioranza”.
L’operazione già delineata nell’aula del Senato con la parola “bivio” pronunziata al cospetto di Conte ha i crismi della lealtà. Il suo senso, diversamente dalla famigerata frase “Enrico stai sereno”, dietro la quale si nascondeva l’intento di sfrattare Enrico Letta da Palazzo Chigi, pone, viceversa, una questione di cambio di passo nella gestione della doppia crisi sanitaria ed economica. Un avvertimento sul quale convergono rappresentanti di altre forze politiche di maggioranza, compreso il PD, e di opposizione interpretando le inquietudini di ampie fasce sociali e territoriali del Paese a fronte di un barbugliamento di contraddittorie ordinanze e di decreti che dispongono aiuti finanziari che non arrivano nei tempi opportuni, né ristorano i danni patiti a causa della chiusura delle attività commerciali e produttive.
Se ne è accorto lo stesso Conte se in occasione del Primo Maggio ha sentito la necessità di chiedere scusa, tramite Facebook, ai lavoratori “per i ritardi” aggiungendo “di non fare finta di non sentire sollecitazioni ed angosce”. Una risposta di onesta ammissione ma non di svolta se si dovesse fermare ad una semplice contro risposta ai rilievi provenienti da più parti e segnatamente alle previsioni di Renzi, suo partner: “se continuiamo così dal Primo Ottobre faremo conferenze stampa per i fallimenti dei non contagiati”.
Sul punto si gioca la riuscita della seconda fase che al momento tacita ogni fibrillazione sul presupposto di carenza di alternative e se ci fossero sarebbero catastrofiche: un sillogismo che fa da scudo al Governo Conte ed alla parte dei grillini più legata alle sue sorti.
Il che non esclude un terzo tempo, quando, passata la fase acuta del contagio, si dovranno ripristinare i processi decisionali naturali della politica. Non basta dire oggi “nulla sarà come prima” per eludere passaggi che appartengono all’ethos della democrazia, chiudendo gli occhi sulle reali condizioni economiche e sociali del Paese.
In caso di neghittosi atteggiamenti rispetto alle evoluzioni delle inquietudini non può che profilarsi lo spettro dei calci di rigore. Le tifoserie organizzate ne anticipano sui media e via social le batterie degli specialisti. Resta l’incognita della designazione dell’arbitro: dal Quirinale o da Bruxelles?