L’emergenza che stiamo vivendo sta causando indubbiamente ingenti danni, ma è impossibile non ammettere che potrebbe catapultarci in una nuova era.
Il Coronavirus si è materializzato di fronte ai nostri occhi improvvisamente. Ha sconvolto le nostre vite, impaurito governi, ridicolizzato sistemi economici, in parte ha umiliato la scienza e ha intimorito i popoli di tutto il mondo. E lo sta ancora facendo. Nonostante il legittimo timore che nutriamo nei confronti della situazione nazionale o della snervante ansia che divora le nostre aspettative, sarebbe giusto chiedersi se quello che stiamo vivendo potrebbe rappresentare un capolinea storico. E soprattutto ci preme sapere, se la società muterà drasticamente e se è in atto un processo di rinascita.
Per capire quello che sta accadendo, dobbiamo necessariamente analizzare un paradosso. La tecnologia si sta rivelando straordinariamente utile in queste settimane. Lavoratori e docenti hanno rivalutato e per certi aspetti rivitalizzato le abnormi possibilità di cui godiamo in questo periodo storico. Nonostante le giuste critiche, possiamo affermare che la didattica a distanza funziona così come lo smart working. Questo è un importante segnale, che viene emesso da una società quando riesce ad adattarsi. È la prova concreta che siamo vivi. Le istituzioni, che prima di questo momento avevano sempre fatto trasparire una sottile indifferenza nei confronti dei social network, adesso stanno prontamente elaborando nuove metodologie per tenersi in contatto, celebrando l’ascesa di app e siti di videoconferenze come se fossero nate ieri. Ma non importa, perché questa svolta può essere solo encomiabile. Le generazioni più “mature” stanno sperimentando questi nuovi sistemi, e al momento sembra essersi instaurato un rapporto positivo. Ma che dire dei giovanissimi, in particolare degli adolescenti? Quello che emerge è la comparsa di un comportamento anomalo, mai visto fino ad ora. Gli adolescenti desiderano solamente rivedersi fisicamente con gli amici e iniziano a detestare la comunicazione a distanza.
Questo è il paradosso più evidente allo stato attuale. Le generazioni che sono state tradizionalmente ardenti sostenitrici di un contatto fisico, hanno scoperto nuove possibilità di comunicare e relazionarsi. Le generazioni che dalla loro nascita sono state immerse tra videogiochi, telefonini e iPad sentono la mancanza del contatto diretto. Si sono stancate di visionare per interminabili ore uno schermo luminoso. Così iniziano a cambiare idea sulle loro abitudini e comprendono l’importanza di leggere o di fare esercizio fisico. Hanno l’opportunità di coltivare alcune passioni o vedere un film e ascoltare musica.
C’è stata una rimodulazione degli atteggiamenti, una profonda rivisitazione e correzione del comportamento. La bilancia che rileva la differenza generazionale si è ricalibrata, dopo questa storia è probabile che ci sarà un equilibrio duraturo e inscalfibile.
Senza trarre conclusioni eccessivamente affrettate, è sensato ipotizzare un netto miglioramento della società.
Dal punto di vista dei governi e delle democrazie, ci rendiamo conto di essere dinnanzi ad una prova fatale. La domanda è “Quale sarà l’impatto di questa emergenza?”. Attualmente, quasi tutti i cittadini dei principali paesi europei e degli USA, sostengono fortemente il premier o presidente in carica. È la reazione ben nota di “unirsi intorno alla bandiera” come si dice negli Stati Uniti. Ma sarà fondamentale prendere delle misure importanti e mai viste prima, per poter colmare una futura rabbia nei confronti dei governi.
Il tema che in questi giorni divampa è quello dell’Unione Europea. Poche cose sono certe su questo argomento, perché tutto è avvolto da una grande ombra. Nessuno sa quali potranno essere le conseguenze a breve termine. Il rischio di un crollo dell’Unione esiste, ma contemporaneamente risulta poco probabile, perché le difficili prove economiche che ci attendono sono troppo grandi per poter pensare che questo avvenga nei prossimi anni. Se l’UE gestirà al meglio questa crisi è possibile che il suo consenso si rinsaldi.
Il vero tema dolente di questa emergenza però è l’economia. Non conosciamo ancora le reazioni ufficiale dei paesi europei ma abbiamo avuto un importante test la settimana scorsa, quando Trump ha firmato un pacchetto di aiuti da 2000 miliardi di dollari (è in programma un altro pacchetto per questo mese). Il rischio è che la disoccupazione cresca esponenzialmente, mentre le imprese chiudono. I governi dovranno fornire la giusta assistenza alle imprese, garantendo loro la sopravvivenza.
Se c’è un momento in cui le disuguaglianze economiche possono assottigliarsi è questo. L’economia deve ripartire in pompa magna e i cittadini ne dovranno beneficiare. Può iniziare un periodo ricco e prospero per le nazioni, dimenticando questi duri anni. Possiamo dire che è solo questione di tempo prima che questo ciclo arrivi.
È complicato prevedere quando la crisi terminerà. Ma anche se abbiamo quest’incognita, sappiamo che tutti saremo più forti di prima. Forse, mentre ristoranti e bar si riempiranno, i lavoratori torneranno, le imprese resisteranno e i governi soddisfaranno, torneremo ad avere fiducia nel successo e ripartiremo. Ed è così che dalle ceneri di un mondo esausto, distrutto e iniquo, sorgerà un mondo nuovo, basato su valori diversi, che potrebbe essere migliore del precedente.
O almeno è un’opportunità e credo che sarebbe sbagliato non coglierla.