Da sempre i giornalisti, almeno coloro che intendono fare questo difficile mestiere con onestà intellettuale, con spirito indipendente da qualsiasi asservimento, quelli che hanno come “padrone” il solo lettore, sono nel mirino del “potere”, inteso nel più ampio significato del termine: da quello politico a quello economico, da quello partitico a quello religioso.
Lavorare con tale spada di Damocle in testa, se da un lato ripaga con la soddisfazione di essere in pace con la propria coscienza, dall’altro procura non poche noie e grattacapi, per critiche e attacchi spesso violenti da parte di chi non gradisce, da chi pensa che i media debbano essere marionette pronte a battere loro le mani; e non sempre finisce con battibecchi, a volte questi sfociano in denunzie, querele e non sono infrequenti i risvolti giudiziari dei quali i giornalisti debbono guardarsi.
Senza considerare altri aspetti più inquietanti e gravi, come quelli dei pericoli corsi tanti giornalisti, per aver osato parlare di altri poteri, quelli della delinquenza organizzata e non; molti di essi vivono sotto scorta, come Sandro Ruotolo, Roberto Saviano, Federica Angeli, Giovanni Spampinato, Paolo Borrometi (che è stato anche a Cava ospite dell’Assostampa). E quanti lutti il mondo del giornalismo ha dovuto piangere, a partire dal campano Giancarlo Siani del “Mattino” di Napoli, ma anche Mauro De Mauro, Giuseppe Fava, Peppino Impastato, per citarne solo alcuni noti a livello nazionale.
Ma non è che a livello locale non ci siano problemi, che i cronisti di provincia vivono quotidianamente, bersagliati specialmente da coloro che vorrebbero che i giornalisti fossero asserviti ai potenti di turno, restii ad accettare l’indipendenza di giudizio e di espressione, e che vorrebbe ridurli a semplici “velinari”, cioè persone che dovrebbero limitarsi a trascrivere le “veline” che essi potenti forniscono; tutti coloro che non si limitano a fare il copia-incolla di quelle veline sono, per essi, un ostacolo se non un pericolo.
Chi dovrebbe tutelare e difendere la categoria sono le varie Associazioni, nazionali e locali, ma non sempre questo avviene, e a volte capita che il giornalista maltrattato venga considerato un “rompiscatole” dagli stessi organi che dovrebbero tutelarlo.
In conclusione, per un motivo o per un altro, non sempre gli operatori della stampa sono tutelati, e questo è motivo di preoccupazioni, ma anche di grande amarezza, sentimenti che vengono superati solo per la grande passione che tanti hanno per questa bella ma tanto poco gratificata attività.
Non occorre risalire alle ufficiali dichiarazioni da parte di tanti specchiati uomini di cultura per ricordare che senza stampa libera non vi è democrazia, come disse anche il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi a dicembre 2003 nel primo messaggio dopo la sua elezione: “la garanzia del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione costituisce strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta”. Purtroppo questo messaggio, ripetuto più volte da tanti e in tante sedi, sembra talvolta un richiamo sterile, e se nemmeno le associazioni di categoria si danno da fare, i giornalisti rimangono abbandonati a se stessi.
E se questo è lo scenario, probabilmente non è da prendere sotto gamba quanto provocatoriamente ha scritto il giornalista Gabriele Bojano, del Corriere del Mezzogiorno, venerdì 24 gennaio in occasione della festa di San Francesco di Sales, Patrono dei giornalisti, che probabilmente rimane l’unico baluardo a nostra difesa.
Scrive Bojano: “Oggi il calendario ci dice che è San Francesco di Sales e noi giornalisti, come da tradizione, festeggiamo il nostro santo patrono che ci protegge più dell’Ordine, ci sorveglia più dell’Inpgi e ci assiste più della Casagit. Mi sono sempre chiesto perché proprio a questo vescovo e teologo del ‘600 debba essere accomunata la categoria cui appartengo. Non era meglio, che so, San Paolo apostolo che pure aveva una vivace attività pubblicistica scrivendo lettere a tutto spiano, dai corinzi ai tessalonicesi? Poi però mi accorgo che c’è una parola che fa la differenza, Sales, inteso non come Isaia, che in inglese vuol dire “saldi”. E allora tutto torna, visto che ormai il giornalismo si sta “svendendo” alla grande…”.
E prosegue con una preghiera satirica e amara scritta per l’occasione:
“ – per tutti i giovani giornalisti che sognano questo mestiere standosene comodamente seduti davanti al computer nell’attesa di ruminare le notizie altrui, ascoltaci, San Francesco;
– per tutti i giornalisti che si svegliano arrabbiati con il mondo intero, che intingono la penna nel veleno e ai quali se dici “Buongiorno” ti rispondono “che cazzo vuoi?”, ascoltaci, San Francesco;
– per tutti i giornalisti che fanno anche gli editori, che riescono a controllare se stessi senza perdere l’autocontrollo, ascoltaci, San Francesco;
– per tutti i giornalisti addetti stampa e comunicatori che se pubblichi i loro comunicati va bene altrimenti non gli passa manco per la testa tanto hanno decine di siti web pronti a fare il copia e incolla, compresi errori di ortografia, ascoltaci, San Francesco;
– per tutti i giornalisti pensionati che lavorano più di quanto erano in attività e che se decidessero di mettersi un po’ da parte lascerebbero il posto almeno a tre giovani di belle speranze, ascoltaci, San Francesco;
– per tutti i giornalisti politicizzati abituati ad ungere le ruote del carro del vincitore, ascoltaci, San Francesco;
– per tutti i giornalisti grandi firme, che non dimentichino mai di essere stati piccole firme, e che scendano dal piedistallo che si sono costruiti, ascoltaci, San Francesco;
– per tutti i giornalisti che lavorano nel web affinché non dimentichino mai che la gatta per la fretta fece i gattini ciechi, ascoltaci, San Francesco;
– per tutti i giornalisti tronfi e altezzosi che lavorano all’Eco di Roccacannuccia dandosi arie da inviato del Corriere della Sera, ascoltaci, San Francesco;
– per il sottoscritto perché non perda mai la voglia di curiosare nelle vicende umane, in piena libertà, con la stessa enorme carica di entusiasmo di quando ha cominciato questo mestiere, l’unico che avrebbe potuto fare, ascoltaci, San Francesco”.
Ed è proprio con questa spirito satirico e amaro che vogliamo appellarci al nostro Santo Patrono affinché ci protegga: ascoltaci, San Francesco.