scritto da Pasquale Petrillo - 25 Gennaio 2020 11:15

Emilia-Romagna, il voto di domani e il destino del Pd

Domani si vota in Emilia-Romagna, diventata oramai la madre di tutte le elezioni. E questo appare più che comprensibile. Basti pensare che fino a pochi anni fa, tranne poche eccezioni, il centrosinistra governava in quasi tutte le regioni. In ogni caso, in mano alla sinistra erano rimaste sempre quelle regioni considerate rosse: Toscana, Marche, Umbria ed Emilia-Romagna. Poi, da un paio di anni tutto è cambiato. Il centrodestra ha vinto ovunque: Basilicata, Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Molise, Piemonte, Trentino. Addirittura in Umbria. Unica vittoria del centrosinistra in questi ultimi anni è quella di Zingaretti nel Lazio. Ora il centrodestra ci prova nelle più rosse delle regioni: l’Emilia-Romagna.

E’ evidente, quindi, che con questi presupposti, quale che sia il responso elettorale, checché se ne dica, per forza di cose avrà delle ricadute sul piano nazionale. Quali e di che portata è assai difficile ipotizzarlo.

La tesi prevalente è che se vince il centrodestra di Salvini, per l’attuale governo potrebbe essere la fine, di sicuro comincerà a traballare di brutto più di quanto non lo faccia già adesso. Se, come molto probabilmente avverrà, il centrosinistra anche se di poco riuscirà a prevalere, confermando così il presidente uscente Bonaccini, allora per il governo Conte dovrebbe andare un po’ meglio, se non addirittura viaggiare più spedito per lo scampato pericolo di una frana epocale del Pd nella rossa Emilia-Romagna.

C’è chi, però, sostiene un ragionamento del tutto opposto. E’ il caso del politologo Alessandro Campi, una nostra vecchia conoscenza per averlo avuto ospite qualche anno fa al Premio letterario Com&Te, il quale ritiene invece che se vince Bonaccini “c’è qualche (seppur remota) possibilità che si vada al voto anticipato”.  Per Campi il motivo è presto detto:  un Pd rasserenato dal voto favorevole in Emilia-Romagna potrebbe accarezzare l’idea di andare alle urne per racimolare non solo più voti, ma soprattutto per liquidare Renzi che si sta rivelando sempre più una spina nel fianco con il movimentismo e gli azzardi di Italia Viva, ma anche per cogliere a proprio vantaggio il momento di maggior debolezza politico-elettorale del M5S. Se invece vince il centrodestra a trazione leghista, un  “Pd perdente e il M5S crollante si inchiavarderanno alle poltrone ministeriali sine die e a qualunque prezzo”.  In altre parole, secondo l’ipotesi avanzata da Campi, avremo “il paradosso che chi a destra desidera il voto anticipato deve sperare che in EmiliaRomagna vinca la sinistra”.

Sarà così, come prevede Campi? Forse. D’altro canto, oggi tutti i possibili scenari, anche quelli più inverosimili, hanno diritto di cittadinanza.

La verità è che la più consistente e preoccupante variabile dell’attuale maggioranza non è il Pd, che resta un partito sostanzialmente solido e coeso, soprattutto ora che Renzi è andato via. Il vero problema è costituito dai cinque stelle che perdono pezzi ogni giorno e che sembrano essere in uno stato non solo confusionale ma finanche pre-comatoso.

Certo è, comunque, che il voto di domani avrà, come dicevamo all’inizio, dei forti e condizionanti riverberi a livello nazionale, ma se il centrosinistra uscirà sconfitto, allora per il Pd, per il Governo, ma anche per il Paese, dove la regione Emilia-Romagna è in assoluto per la sua storia tra le più importanti da un punto di vista politico-elettorale, rappresenterà una svolta epocale, la fine di un’epoca.

In conclusione, se l’eventuale sconfitta del centrodestra in Emilia-Romagna rappresenterà soprattutto per Salvini un’antipatica battuta di arresto dopo tutti i successi elettorali di fila ottenuti in questi ultimi due anni, ma nulla di più, una sconfitta del centrosinistra rappresenterebbe per il Pd una sorta di Caporetto, in pratica, una disfatta elettorale e politica che porterà di conseguenza ad un ripiegamento per cercare di attestarsi in una linea del Piave tutta da trovare.

Per questo, più che il governo Conte e le sorti di questa legislatura, dal voto di domani dipenderà in buona parte il futuro del Pd, di questo Pd, perché quel che in ballo è soprattutto il suo destino.

Giornalista, ha fondato e dirige dal 2014 il giornale Ulisse on line ed è l’ideatore e il curatore della Rassegna letteraria Premio Com&Te. Fondatore e direttore responsabile dal 1993 al 2000 del mensile cittadino di politica ed attualità Confronto e del mensile diocesano Fermento, è stato dal 1998 al 2000 addetto stampa e direttore dell’Ufficio Diocesano delle Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi Amalfi-Cava de’Tirreni, quindi fondatore e direttore responsabile dal 2007 al 2010 del mensile cittadino di approfondimento e riflessioni L’Opinione, mentre dal 2004 al 2010 è stato commentatore politico del quotidiano salernitano Cronache del Mezzogiorno. Dal 2001 al 2004 ha svolto la funzione di Capo del Servizio di Staff del Sindaco al Comune di Cava de’Tirreni, nel corso del 2003 è stato consigliere di amministrazione della Se.T.A. S.p.A. – Servizi Terrritoriali Ambientali, poi dall’ottobre 2003 al settembre 2006 presidente del Consiglio di Amministrazione del Conservatorio Statale di Musica Martucci di Salerno, dal 2004 al 2007 consigliere di amministrazione del CSTP - Azienda della Mobilità S.p.A., infine, dal 2010 al 2014 Capo Ufficio Stampa e Portavoce del Presidente della Provincia di Salerno. Ha fondato e presieduto dal 2006 al 2011 ed è attualmente membro del Direttivo dell’associazione indipendente di comunicazione, editoria e formazione Comunicazione & Territorio. E’ autore delle pubblicazioni Testimone di parte, edita nel 2006, Appunti sul Governo della Città, edita nel 2009, e insieme a Silvia Lamberti Maionese impazzita - Comunicazione pubblica ed istituzionale, istruzioni per l'uso, edita nel 2018, nonché curatore di Tornare Grandi (2011) e Salerno, la Provincia del buongoverno (2013), entrambe edite dall’Amministrazione Provinciale di Salerno.

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