18 agosto 480 a. C., 300 uomini di Sparta entrano nella leggenda alle Termopili
Forse i persiani erano quattro milioni come dice Erodoto, o 150mila come dicono gli storici moderni, poco importa: certo è che quel 18 agosto 480 a. C. al passo delle Termopili i greci erano poche centinaia e il reparto avanzato guidata da LEONIDA I, re di SPARTA, ammontava a 300 opliti, che erano poi la guardia personale del re.
I 300 sapevano perfettamente di dover dare la vita per una battaglia perduta in partenza, ma non presero neanche per un momento in considerazione l’idea della fuga. E questo loro sacrificio è diventato leggenda. Una leggenda che è giunta fino ai giorni nostri, a 2500 anni di distanza, e poco importa se quella fu una sconfitta disastrosa per i greci o la battaglia fu ininfluente per l’esito della guerra.
I 300 opliti hanno attraversato il tempo che ci separa da loro per arrivare oggi da protagonisti i cui nomi sono e saranno sinonimo di eroismo e di coraggio.
Era da tempo che l’Impero Persiano sognava di sottomettere le ricche terre greche. SERSE, figlio di Dario, aveva già predisposto la spedizione con accurata meticolosità. Compiuti i preparativi di guerra, Serse mandò ambasciatori in Grecia a chiedere la sottomissione delle città. Non inviò ambasciatori ad Atene e a Sparta perché quelli inviati illo tempore da Dario allo stesso scopo erano stati uccisi.
Nella primavera del 480 l’esercito persiano s’incamminò verso la penisola ellenica. In testa erano gli addetti alla logistica con le bestie da soma. Seguiva la fanteria. Poi mille cavalieri, seguiti da mille lancieri e da dieci cavalli sacri, che precedevano il carro sacro di Ahura Mazda, tirato da otto cavalli bianchi. Ahura Mazda era il dio supremo nella religione persiana. Seguiva il cocchio del re trainato dai sacri cavalli nisei. Dietro il re erano mille arcieri e mille cavalieri. Quindi i diecimila Immortali, la guardia personale del re. Infine la cavalleria persiana, seguita dal resto delle truppe.
La notizia dell’attacco persiano arrivò inaspettato per i greci; erano in corso le Olimpiadi, mentre a Sparta si stavano festeggiando le Carnee, una festa durante la quale era considerato un sacrilegio scendere in battaglia. La situazione parve talmente disperata che una forze messa su in fretta e furia partì alla volta del passo delle TERMOPILI, una strettoia dove il vantaggio numerico persiano avrebbe contato molto meno ed avrebbe infine consentito alla Grecia di organizzarsi in una difesa efficace.
Inizialmente l’imperatore persiano cercò di corrompere i greci, tuttavia Leonida rifiutò le regalie. Serse diede quattro giorni di tempo per decidere, dopo di che decise di attaccare. 10mila soldati vennero inviati durante la prima giornata e nessuno di loro tornò vivo. La prima ondata persiana fu letteralmente spazzata via. Il secondo giorno fu il turno degli immortali, un esercito di leve scelte alle quali toccò la stessa sorte della precedente spedizione.
Un soldato di Leonida, a un persiano che gli prevedeva che le frecce nemiche avrebbero oscurato il cielo, rispose: “BENE, VORRÀ DIRE CHE COMBATTEREMO ALL’OMBRA!”.
Nonostante la disfatta eclatante, a causa di un tradimento, il significato militare e politico della battaglia delle Termopili fu enorme.
Sul sito della battaglia fu posto un epitaffio, ancora oggi visitato dai milioni di turisti che giungono ogni anno in Grecia, che dice: “VAI, DÌ AGLI SPARTANI, O VIANDANTE, CHE QUI NOI GIACCIAMO OBBEDIENTI ALLE LORO LEGGI.”
Alla memoria del mondo è stato consegnato un ricordo di valore, lealtà e coraggio impossibile da cancellare.