Paestum, nel sito archeologico arriva il “Cavallo di sabbia” di Mimmo Paladino
Da ieri 11 luglio, anche Paestum ha la sua icona contemporanea. Ma mentre a Pompei e Agrigento sono le opere neoclassiche di Mitoraj a mettere in dialogo l’archeologia e il contemporaneo, a Paestum è il linguaggio arcaico di Mimmo Paladino a mergersi con le architetture doriche di sesto e quinto secolo a.C.
È, infatti, il primo dei famosi cavalli realizzati dall’artista, il “padre della mandria” come l’ha chiamato scherzosamente Paladino, a tornare in un luogo per il quale era originariamente concepito, ma da dove è stato portato via da tempo.
Realizzato nel 1999 per il MMMAC (Museo Materiali Minimi d’Arte Contemporanea), dopo essere stato esposto per alcuni anni nelle vicinanze del sito di Paestum, il “Cavallo di sabbia” era finito a Fisciano in provincia di Salerno, a seguito di uno sfratto e vicissitudini varie. Ora, un accordo siglato tra il Parco Archeologico di Paestum, guidato dall’archeologo Gabriel Zuchtriegel, e il MMMAC, diretto da Nuvola Lista, ha permesso di riportare l’opera, che è realizzata con sabbia presa dalla spiaggia di Paestum, al suo luogo di origine.
La scultura del cavallo, alta circa 4 metri, indossa una maschera di ferro che rimanda alle tombe del periodo lucano. È stata posizionata su un piedestallo tra il Tempio di Nettuno e il tempio di Hera noto come ‘Basilica’. “Tale collocazione è di grande impatto – commenta Nuvola Lista – Come in una drammaturgia teatrale, il cavallo si svelerà pian piano ai visitatori intenti ad ammirare i templi. Un incontro inaspettato con un imponente cavallo immobile che riuscirà a dare vita ad un’atmosfera sospesa nel tempo. Con tali suggestioni il pubblico si ritroverà ad essere parte dell’installazione artistica”.
Emotiva la reazione del direttore Zuchtriegel, il quale confessa: “Quando l’ho visto arrivare ero così colpito da questo dialogo fra la scultura di Paladino e le colonne doriche che mi veniva da piangere. Mi sono trattenuto perché ero circondato da collaboratori e turisti, ma vi assicuro che è un’emozione molto forte vedere questa scultura nel santuario meridionale della città antica, che nell’antichità ospitava, oltra al tempio di Hera ‘signora dei cavalli’, numerose statue votive, a cui il cavallo di Paladino sembra rimandare”.
Non mancano voci critiche, soprattutto in merito alla scelta di posizionare la scultura in un luogo così nevralgico quale lo spazio tra i due templi maggiori del sito archeologico. Sui social, infatti, tra commenti affermativi, emerge anche la preoccupazione di “un’ennesima profanazione di luoghi sacri alla cultura mondiale”.
C’è chi teme di trovarsi davanti a “ignominie spacciate per opere d’arte, che degustano e profanano i luoghi dove la vera arte esiste”. I due giovani direttori reagiscono con toni placati, sottolineando che in ogni caso si tratta di un’istallazione temporanea. “Inoltre, invitiamo tutti a vedere l’opera sul posto e di continuare la discussione, l’arte serve a questo” concludono Lista e Zuchtriegel, ricordando, tra l’altro, che con l’installazione di Carlo Alfano del 1976, realizzata vis-à-vis con la celeberrima Tomba del Tuffatore su invito dell’allora soprintendente Mario Napoli, Paestum può vantare un ruolo pionieristico nel connubio tra archeologia e arte contemporanea. “All’epoca le resistenze erano ancora più forti – racconta Zuchtriegel – tanto è vero che Mario Napoli per ottenere le autorizzazioni necessarie fece passare l’opera di Alfano come ‘arredamento di giardino’, dal momento che temeva che altrimenti non glielo facessero fare”.