Felicori… lezione di management culturale in una terra frenata dalle guerre politiche
Non pensavamo affatto che Mauro Felicori una volta nominato commissario della Fondazione Ravello si sarebbe trovato poi al centro di polemiche, per certi versi, persino a beghe di cortile. Avevamo avuto l’onore di conoscerlo, di chiacchierare su quelle che erano le potenzialità della nostra terra, di apprezzarlo per la sua direzione della Reggia di Caserta, un incarico che non si era rivelato affatto una passeggiata ma che non gli aveva impedito di ottenere eccellenti risultati.
Eppure, il commissariamento di Felicori ha suscitato polemiche e contrarietà, finanche ostilità. E’ evidente che il Commissario avrà rotto equilibri, magari intaccati interessi consolidati quanto legittimi, insomma, in un modo o nell’altro, avrà pestato i piedi a più d’uno.
Sono situazioni, tuttavia, che non conosciamo e sulle quali non vogliamo assolutamente addentrarci. Preferiamo, al contrario, soffermarci sulla progettualità di ampio respiro e di alto profilo culturale che emerge con evidente e suggestiva chiarezza dall’intervista che Felicori ha concesso al nostro giornale alcuni giorni fa e che oggi pubblichiamo.
Felicori non si limita, infatti, a darci la conferma del suo spessore umano e della sua competenza e capacità, bensì ci regala una magistrale lezione di management culturale.
La visione strategica di Felicori è un quadro d’insieme: “Ravello deve stare all’interno di un discorso più ampio, in filo diretto con Napoli che deve ambire ad essere sempre più capitale europea della cultura, dove per Napoli io intendo almeno tutto il territorio della Campania”. Una visione che è anche un programma di sviluppo, di crescita. Una visione in cui le varie eccellenze del territorio, fra queste Ravello, la ricchezza del patrimonio artistico e le bellezze ambientali della nostra terra, devono fare sistema, concorrere cioè ad accrescere l’offerta culturale, artistica, turistica della Campania, con ricadute evidenti e cospicue per i diversi settori produttivi. Una visione che è anche sogno, immaginazione, traguardo da raggiungere, come quello di far diventare Ravello la Woodstock della musica classica.
E’ evidente che, in una tale prospettiva, si evita di cadere nel provincialismo, se non addirittura nel campanilismo anacronistico, che sono sempre dietro l’angolo e quasi sempre una maledizione tutta italiana, soprattutto nel Mezzogiorno: “Ravello Festival è una istituzione internazionale, dobbiamo evitare le piccole polemiche, guardare avanti e lavorare con animo positivo ad un sistema di relazioni che rafforzi questo ruolo”.
Felicori, però, dà anche una lezione di imprenditoria culturale quando non nasconde che la cultura costa, “ogni volta che si apre un sipario, piange un ragioniere”, ma proprio per questo occorre spendere bene i quattrini nell’industria culturale, vale a dire fare investimenti oculati e gestioni efficienti. Per farla breve, solo in questo modo si fa cultura e con essa si produce ricchezza, con ricadute in altri settori produttivi, dal turismo al commercio e all’artigianato, diversamente, con manager improvvisati e discutibili, i contributi a pioggia, il mecenatismo d’altri tempi, gli inciuci di palazzo e le guerre paesane, non si va da nessuna parte e si producono solo sprechi e prodotti culturali scadenti.
Certo, la politica deve però fare in fondo la sua parte, soprattutto nella nostra regione, dove invece trovano spazio guerre stellari tra un presidente di regione e il sindaco del capoluogo di regione.
Ci possono essere i migliori manager culturali, i migliori imprenditori, i migliori intellettuali, ma se le istituzioni e la politica vengono meno, non c’è futuro.
Qualche settimana fa, in un’intervista Paolo Giulierini, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, rivolgendosi alla politica della città partenopea rifletteva che “se la città vuole svoltare, deve sapere che lavorare per tenere pulite le strade e le facciate dei palazzi è come fare una grande mostra su Canova. Se si vuole puntare sul turismo e sulla cultura, servono pochi obiettivi condivisi: il decoro dei palazzi, la pulizia delle strade, la sicurezza, gli investimenti sulle nuove tecnologie”.
C’è poco da aggiungere, se non che la politica piuttosto che sprecare tempo ed energie in sterili polemiche meglio farebbe a lavorare per dare risposte a quello che chiede Giulierini. Per la nostra regione, per il nostro Sud, sarebbe davvero la rivoluzione del cambiamento.