La celebrazione del 2 giugno, che ricorda il transito non indolore del nostro Paese dalla Monarchia alla Repubblica, sancito da un referendum popolare che per anni lasciò strascichi e diede origini a contrasti e dibattiti anche molto accesi tra i nostalgici del vecchio ordinamento istituzionale e i fautori della Repubblica, rappresenta uno spartiacque.
Quel referendum sanciva la fine di secoli di storia che avevano visto il nostro Paese, e tutti gli altri del vecchio mondo, guidati da monarchie che, se pure avevano concesso aperture importanti ai popoli, condizionavano comunque i governi; solo secoli dopo i monarchi hanno veramente lasciato campo libero alle democrazie popolari, ma fino ad allora i monarchi erano stati determinanti nelle sorti dei paesi.
Ma con quel referendum vennero anche introdotte nel nostro paese riforme importanti, come, ad esempio, il suffragio universale che consentì per la prima volta alle donne di votare; e probabilmente fu proprio il voto delle donne a determinare il passaggio dalla monarchia alla repubblica.
Il referendum del 2 giugno 1946, pertanto, non deve essere considerato come una data da ricordare e commemorare, ma come uno spartiacque tra due concezioni totalmente diverse del governo del nostro paese.
E infatti nei messaggi del Presidente Mattarella, al di là delle frasi commemorative ufficiali e formali, il concetto di spartiacque è stato concretamente espresso.
Prima di ogni altra cosa il Presidente ha ribadito che questa festa non è delle Forze armate, che comunque hanno svolto e svolgono un ruolo importante, ma dell’intero paese e principalmente del popolo che allora questo cambiamento volle.
“Va ricordato che in ogni ambito libertà e democrazia non sono compatibili con chi alimenta i conflitti, con chi punta a creare opposizioni disseminate fra le identità, con chi fomenta scontri, con la continuamente ricerca di un nemico da individuare, con chi limita il pluralismo. Soltanto la via della collaborazione e del dialogo permette di superare i contrasti e di promuovere il mutuo interesse nella comunità internazionale” aggiunge, sottolineando anche come le ultime elezioni europee siano state “un grande esercizio di democrazia”.
Mattarella ha evidenziato che da quella data sono trascorsi “settantatré anni di pace per il nostro Paese, garantiti dai valori di libertà, giustizia e democrazia su cui si fonda la nostra Carta costituzionale, riferimento per ogni cittadino e guida per chiunque sia chiamato a responsabilità a favore della collettività”; e questo è stato possibile non solo grazie alla forza della democrazia popolare, ma anche grazie all’opera delle Forze armate le quali, in tempi di pace, danno un contributo essenziale per la salvaguardia delle istituzioni democratiche specialmente nella lotta alla criminalità comune e politica e, negli ultimi anni, ispirata a credi religiosi che vorrebbero occupare i poteri degli stati e ai sanguinosi tentativi dell’Islam di destabilizzare i paesi che tenta di invadere, oggi con il terrorismo, domani chi sa cosa.
Per questo il Presidente Mattarella, esprime un formale riconoscimento e plauso alle “Forze Armate le quali, con abnegazione, professionalità, senso delle istituzioni e spirito di servizio verso la comunità, hanno concorso, ieri, alla liberazione dell’Italia e contribuiscono, oggi, tanto sul territorio nazionale quanto nelle numerose e diversificate aree di crisi, alla realizzazione delle finalità indicate dalla Costituzione, costituendo un prezioso presidio di stabilità e sicurezza, risorsa per il progresso pacifico della comunità internazionale”.
E prosegue: “Nel ricordo di quanti, operatori in questo spirito, hanno dato la loro vita per costruire, difendere e diffondere tali valori, rivolgo un pensiero commosso ai caduti e alle loro famiglie, gravate da dolore incolmabile. Il loro sacrificio rappresenta esempio e monito per le giovani generazioni dei soldati, marinai, avieri, carabinieri e finanzieri, ai quali la Repubblica affida il compito di preservare e rafforzare oggi e per il futuro le stesse condizioni di pace e libertà che ci hanno donato”.
Come non ricordare, in queste parole, i sacrifici dei tanti carabinieri, poliziotti e degli altri corpi armati caduti per difendere la popolazione da criminalità e terrorismo, e quello dei nostri militari impegnati in operazioni all’estero, fra i tanti i dodici Carabinieri che persero la vita sedici anni fa nella tragica strage di Nassirya.
Ma il nostro Presidente non tralascia di riconoscere il ruolo della Unione Europea che esprime “i valori che ci accomunano ai popoli d’Europa con i quali condividiamo la costruzione di un percorso basato sui medesimi principi di rispetto dei diritti umani, di vigenza dello stato di diritto, di solidarietà e coesione fra popoli, rivolte all’interno e all’esterno dell’Unione europea”.
Con buona pace dei movimenti sovranisti che fortunatamente, anche nelle recenti elezioni, sono risultati sconfitti.
Orbene, se il 2 giugno rappresenta uno spartiacque, probabilmente oggi, nel nostro paese, ci vorrebbe un nuovo “2 giugno” per ricostruire una Italia diversa da quella che decenni di mal governo, accompagnati da ignoranza della storia e irrefrenabile populismo, hanno consegnato a forze politiche prive di cultura, di senso dello stato, di ideologia, e di rispetto per i valori che, sebbene sopiti, tutti i cittadini hanno, ma che in molti tentano di confinare sempre più in basso nel tentativo di farli completamente dimenticare.
E’ questo che la festività del 2 giugno deve rappresentare per tutti noi, ed è con questo auspicio che vogliamo festeggiare questa ricorrenza.