Nel trascorrere la scorsa Epifania a Perugia, la memoria è andata oltre trent’anni fa, quando per la prima volta mi recai ad Umbria Jazz con degli amici jazzofili come me, e fu decisamente una bell’avventura.
Si parlava in giro nei circuiti musicali di tutta Italia che in quella città si dovesse fare un festival in cui si esibivano i migliori musicisti jazz. La passione per il jazz già mi aveva infuocato l’animo e convinsi un amico di andarci con la Fiat 850 del padre. Non c’eravamo mai stati in quei luoghi, una vera e propria arrampicata sui colli umbri, e durante il tragitto ci rendemmo conto che era una vera e propria impresa raggiungere la futura cittadina festivaliera, tanto che il radiatore di quel macinino andò più volte in ebollizione.
Ma la decisione di affrontare quel lungo viaggio sortì un effetto meraviglioso: per la prima volta fui al cospetto di mostri sacri del calibro di Marian McPartland, Thad Jones e Horace Silver.
Mi resi conto che mi trovavo per la prima volta in una vera e propria kermesse jazzistica di livello internazionale sebbene mi trovassi nel cuore dell’Italia. È superfluo dire che da allora non mi sono perso un’edizione, neppure quelle itineranti, in giro per mezza regione. Poi da semplice ascoltatore cominciavo ad andarci come critico musicale di un quotidiano di Napoli e mi accorgevo ad un ogni mia sortita giornalistica che si trattava di un evento che possedeva una marcia in più.
In quella piazzetta si respirava un’atmosfera unica, che avvertivo appena scendevo all’Hotel Fortuna non molto distante dal quartier generale del festival. La stessa atmosfera quando facevo colazione in un bar in piazza IV Novembre, che durante il festival si trasformava in un proscenio a cielo aperto. 0 quando passeggiavo per quelle stradine colme di giovani come me, praticamente il cuore pulsante di Perugia.
Giova evidenziare come durante tutta la kermesse jazzistica anche i ristoratori si lasciano contagiare dalla musica abbinando abilmente il cibo col jazz, richiamando alla memoria la cucina cajun, dei luoghi in cui nacque la musica jazz. Andavo pazzo per l’Etouffée di gamberi, il Pudding di pane creolo con salsa alla vaniglia e whiskey, ma anche per le uova Sardou con gamberi.
Quest’anno vorrei portarci mio figlio, buona forchetta e discreto appassionato di jazz, poiché il primo amore non si scorda mai.