scritto da Eugenio Ciancimino - 18 Aprile 2019 12:22

Duello Salvini-Di Maio, sceneggiata o recita a soggetto?

Il contratto di Governo M5S e Lega stenta a determinare il cambiamento per cui è stato sottoscritto.

La stagnazione in economia ne può essere un motivo frenante, avendo effetti deprimenti sul piano delle aspettative occupazionali e del lavoro, ed essendo anche fonte di diffidenza nel mondo imprenditoriale.

I provvedimenti posti in essere o incardinati dal Governo tardano ad entrare in funzione sia per ragioni oggettive che per discordanze culturali (o caciara?) dei due partner politici. Secondo un vecchio modo di dire siculo “la tardanza non è mancanza”. Il che in un certo qual modo dà  senso ai rimandi invocati dai “gialloverdi” a vedere le carte nella seconda fase di attuazione dei loro programmi.

L’ISTAT certifica i primi bagliori di luce in fondo al tunnel con uno 0,2% in più di PIL già in atto. Nel contempo c’è qualcosa che lascia in piedi incertezze e contraddizioni che riguardano la coerenza delle previsioni contenute nel DEF rispetto allo stato di salute dei conti pubblici.

Sull’argomento c’è un richiamo al realismo da parte di Bankitalia, secondo le cui valutazioni l’attuale alto livello dello spread tra Btp e Bund rappresenta un taglio del PIL pari allo 0,7% per i prossimi tre anni. In dettaglio si tratta di un esborso in conto interessi sul debito pubblico di 1,5 miliardi per l’anno corrente e di 3,5 e 6 per i successivi 2020 e 2021: risorse che, ragionevolmente, vengono meno alla dotazione per investimenti e crescita.

Ora, è legittimo chiedersi, al di là delle valutazioni macroeconomiche, anche se influenzate da fattori esterni al circuito delle questioni domestiche, fino a che punto vita, problemi e prospettive di una comunità nazionale, come quella italiana, siano cristallizzabili in un contratto di Governo che per sua natura è l’esito di un compromesso forzato tra soggetti diversi per cultura politica e visione delle istituzioni, per radicamenti e sensibilità rispetto ai loro elettori di riferimento.

Nel linguaggio dei rispettivi leader è tenuto vivo come una sorta di totem più convincente della realtà che, viceversa, è scandita da più fonti su controversi dati per crescita, IVA, fisco e credito attraverso i quali il Ministro Giovanni Tria dà l’impressione di navigare a vista al fine di recuperare credibilità nel contesto nazionale ed internazionale delle relazioni di economia e finanza.

Perciò, è difficile immaginare la capacità di resistenza all’onda d’urto dei rating dei mercati e delle cancellerie da parte di un Governo minato da divergenze sulle alleanze internazionali e comunitarie e tormentato da gelosie per l’esito del voto per le Europee.

Il duello Salvini/Di Maio può essere visto come strumentale alla conquista dell’ultimo voto possibile per cui Strasburgo può valere una sceneggiata e Roma la quinta per una recita a soggetto per dividersi una quantità di voti che ne legittimi e giustifichi la controversa permanenza al Governo.

Al momento, è l’unica interpretazione realistica in mancanza di alternative autosufficienti per numeri e coerenza politica. Il segnale è decifrabile dalle stesse parole di Salvini (qualunque sia il risultato elettorale non ci sarà crisi) e non può che essere forte e chiaro per gli altri soggetti in navigazione.

A meno che non prevalga l’opzione del salto nel buio del trasformismo amorale di vecchio o nuovo conio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.