Finalmente una buona notizia: Cesare Battista, terrorista “latitante” da circa quarant’anni in Francia, in Brasile, poi in Bolivia, è stato finalmente catturato, con una operazione congiunta della polizia boliviana e di quella italiana, proprio in Bolivia, che l’ha ospitato negli ultimi mesi, dopo che il Brasile ne aveva concesso l’estradizione, da anni chiesta dall’Italia per i crimini dei quali si era macchiato quale esponente dei P.A.C. – Proletari Armati per il Comunismo, e per i quali era stato condannato qui in Italia a due ergastoli per quattro omicidi.
E’ credenza comune che l’estradizione, dopo anni di diniego da parte di quel paese, noto per l’inconcepibile disponibilità ad ospitare criminali di ogni specie, compresi quelli che si erano macchiati di crimini orrendi contro l’umanità, come gli ex nazisti, oltre che terroristi di varie specie, sia stata concessa dal nuovo Presidente del Brasile, Jair Messias Bolsonaro, in carica dal 1° gennaio di quest’anno; in effetti la estradizione era già stata concessa nel 2018 dal presidente uscente Michel Temer, e l’ordine di arresto era stato emanato nel dicembre scorso da Luiz Fux, giudice del Tribunale Supremo del Brasile, tant’è che appena prima della emanazione del decreto, Battisti si era reso irreperibile rifugiandosi in Bolivia. Bolsonaro se n’è fatto merito solo per averlo promesso al nostro Ministro Salvini che glielo aveva sollecitato durante la campagna elettorale.
Giustificata, pertanto, la soddisfazione di tutto il governo, e di tutto il paese, per aver finalmente ottenuto che il pluriomicida Battisti finalmente tornasse in Italia per scontare le pene derivanti dalla condanne inflittegli per i quattro omicidi nei quali è coinvolto, due per averli personalmente eseguiti, e altri due per essere stato organizzatore e fiancheggiatore di chi materialmente li perpetrò, ma certamente responsabile quale ispiratore e organizzatore degli stessi.
Come dicevamo, il Terrorista dei P.A.C. Cesare Battisti, venne condannato in Italia a due ergastoli per quattro omicidi; quello del 16 giugno 1978 del maresciallo Antonio Santoro, comandante della Casa Circondariale di Udine, accusato dai terroristi di maltrattamenti ai danni di detenuti a seguito di inchieste giornalistiche della stampa di sinistra, specie del quotidiano “Lotta Continua”, che lo accusarono di abuso d’ufficio e abuso di potere “finalizzato all’annientamento del proletariato prigioniero tramite strumenti di repressione e tortura”; accuse che non vennero mai provate, tant’è che, successivamente, al Maresciallo Santoro venne intitolata la nuova caserma di Polizia penitenziaria di Udine.
L’omicidio di Santoro venne eseguito personalmente da Cesare Battisti il quale il 19 aprile 1979 a Milano sparò, ammazzandolo, anche all’agente della Digos Andrea Campagna, di soli venticinque anni, che, secondo gli assassini, era responsabile di torture ai danni dei proletari, ma l’agente svolgeva solo mansioni di autista.
Il precedente 16 febbraio 1979 era stato ammazzato a Mestre, sempre dai P.A.C., il macellaio Lino Sabbadin, reo di essere un militante del Movimento Sociale Italiano; in questo caso a sparare fu l’altro terrorista Diego Giacomini, ma Battisti fece da copertura; precedentemente al suo omicidio Sabbadin aveva sparato, uccidendolo, a un rapinatore nel corso di una rapina ai suoi danni, e i terroristi avevano così inteso giustiziarlo per essersi opposto ad una giusta azione «perché con le rapine si porta avanti il bisogno di giusta riappropriazione del reddito e di rifiuto del lavoro»: questa la farneticante giustificazione di quel delitto.
Nella stessa giornata, 16 febbraio 1979, ma a Milano, venne pure ammazzato il gioielliere Pierluigi Torregiani, titolare di una piccola gioielleria nella periferia nord della città, molto attivo nella vita pubblica e sportiva, tant’è che aveva ricevuto dal Sindaco Carlo Tonioli il premio “Ambrogino d’oro” come attestato di civica benemerenza per impegno sociale e filantropico. Torregiani, il 22 gennaio 1979, aveva subito un tentativo di rapina al quale aveva reagito causando la morte di uno dei rapinatori, il trentaquattrenne Orazio Daidone; questo episodio ne decretò la morte in quanto Torregiani era stato visto, a guisa di Sabbadin, come un “giustiziere e sceriffo contro gli espropriatori proletari” e per questo aveva anche subito diverse minacce. Per il delitto Torregiani, Battisti venne condannato come co-ideatore e co-organizzatore, in quanto materialmente l’omicidio venne commesso dai terroristi Giuseppe Memeo, Sebastiano Masala e Gabriele Grimaldi. All’omicidio di Torregiani si aggiunse un’ulteriore tragedia: nel corso della colluttazione, il figlio del gioielliere, Adriano, fu colpito da una pallottola sfuggita al padre prima che questi cadesse e da allora, paraplegico, è sulla sedia a rotelle.
Cesare Battisti, che si è sempre proclamato innocente, era stato già condannato a 12 anni di carcere per banda armata quando, nel 1981, evase dal carcere di Frosinone; successivamente venne condannato, in contumacia, all’ergastolo per i quattro omicidi, ma, rifugiato all’estero, non ha mai scontato nemmeno un giorno di carcere in Italia.
Più che giustificata la soddisfazione del Premier Conte il quale, sulla sua pagina FB ha scritto: “Le famiglie Santoro, Torregiani, Sabbadin e Campagna potranno finalmente ottenere giustizia. La cattura e l’espulsione di Cesare Battisti sono un risultato atteso da oltre quarant’anni, che dovevamo soprattutto a loro, come pure alle altre vittime delle sue azioni criminali. Lo sforzo corale e perseverante dei nostri servizi di intelligence, delle nostre forze di polizia e dell’Interpol, la collaborazione delle Autorità brasiliane e boliviane e la determinazione di questo Governo stanno per essere finalmente premiati”.
E il Ministro Salvini, ha aggiunto: Cesare Battisti è un “delinquente che non merita una comoda vita in spiaggia ma di finire i suoi giorni in galera, la pacchia è finita”: e non gli si può dar torto.