Di Maio e Salvini? Non sono peggiori di chi li ha preceduti
I sondaggi elettorali sono solo indicativi. Non sono voti, quelli che escono dalle urne elettorali, bensì delle semplici intenzioni di voto che poi non sempre trovano un riscontro reale. In altre parole, i sondaggi elettorali vanno presi con le pinze. Tuttavia, non tenerne conto è sbagliato così come considerarli alla stregua di un vangelo. Rappresentano l’umore dell’elettorato. Sono il termometro dello scenario politico del momento. Sono, per così dire, la fotografia di una realtà in movimento.
Con questa consapevolezza leggiamo i risultati dell’ultima rilevazione diffusa ieri sera dall’istituto demoscopico SWG, che registra una sensibile crescita di consensi per la Lega dell’1%, per un complessivo 33%, e un più modesto incremento dei Cinque Stelle, +0,3%, per un complessivo 26,5%. Di converso, il Pd e Forza Italia continuano a perdere voti, -0,7%, ottenendo rispettivamente il 16,8% e l’8%. Completa il quadro Fratelli d’Italia con un +0,3%, raggiungendo un complessivo 4%, a conferma di un’identità riconosciuta come tale da uno spicchio significativo dell’elettorato. Nel complesso, l’area di governo conferma di avere un consenso prossimo al 60%. E la cosa non è affatto di poco conto.
Per farla breve, nonostante lo spread, il braccio di ferro e poi la poco esaltante marcia indietro con l’Unione europea sulla manovra economica, il ridimensionamento dei provvedimenti sulle pensioni e sul reddito di cittadinanza, i contrasti fra i due partiti della maggioranza, le gaffes e via di questo passo, nonostante tutto ciò, dicevamo, la maggioranza continua ad avere un largo gradimento presso gli elettori. Per certi versi, lo confessiamo, è un mistero. Di questo, purtroppo per loro, dovranno farsene una ragione quanti -e non sono pochi, forse anche perché fuorviati dagli annunci di Berlusconi sulla possibile fuoriuscita dal M5S di una cinquantina di parlamentari- già si apprestavano a partecipare con malcelato entusiasmo alle auspicate prossime esequie del Governo Conti.
Così non è, anzi, sorprende, in tutta onestà, che delle difficoltà evidenti, anche per le macroscopiche contraddizioni interne alla sua maggioranza, patite dal governo gialloverde, non traggono benefici elettorali né il Pd, che continua ad annaspare alla ricerca di una leadership unitaria e credibile, né Forza Italia, sempre più in crisi di identità.
Insomma, qualcosa non torna. Molto probabilmente il disagio che vive questo nostro Paese e le aspettative di cambiamento nutrite dagli italiani non sono percepite nella loro esatta dimensione dagli osservatori politici, dagli operatori dell’informazione, dalle opposizioni, dai sindacati, in generale, dalla classe dirigente. Molto probabilmente chi, negli ultimi venti anni, ha preceduto gli attuali governanti ha così poca credibilità da non scalfire minimamente quelle, per quanto possano essere modeste, di Di Maio e Salvini.
L’unica certezza è che gli italiani sono sempre gli stessi. Negli ultimi venti anni e poco più hanno votato convintamente Berlusconi e Prodi, Renzi, ora Di Maio e Salvini. In breve, non ci siamo fatti mancare nulla, ma non è colpa nostra, questo ci ha passato il convento della politica. E, tirando le somme, Di Maio e Salvini forse non sono migliori, ma neanche peggiori degli altri che li hanno preceduti.