Dal primo giugno 2018 il nostro paese ha un governo grillo-leghista, denominato giallo-verde dai colori delle sue due componenti, i gialli/grillini e i verdi/leghisti, con un Premier nella persona dell’Avv. Giuseppe Conte, un Vice-premier nella persona del … Luigi Di Maio, e un secondo Vice-premier nella persona del … Matteo Salvini: chiedo scusa ai miei cinque affezionati lettori per i … (tre puntini) che avrei voluto sostituire con titoli accademici che purtroppo non sono in grado di attribuire.
Questa è la ufficialità.
Purtroppo, non si capisce perché noi italiani non riusciamo mai a chiamare le cose con il loro nome: troviamo sempre un modo per dire ciò che vogliamo ma mascherandolo dietro un titolo, un eufemismo, un velo che ne altera il concetto, ne falsa la percezione, imbellettando le cose, anche le peggiori, con immagini derivanti da parole che fanno presa sul pubblico ma che non fanno capire bene cosa ci sia sotto: come una donna brutta che, grazie ai prodotti di bellezza e magari ad un sapiente acconciatore, con cerone, rimmel, pennelli e diavolerie varie riesce a diventare bella (facendo finta di esserlo) ma che, sotto la maschera, sempre brutta resta.
Non voglio scomodare il tanto caro Luigi Pirandello, eccelso letterato, filosofo, drammaturgo, premio Nobel per la letteratura, che ha lasciato al mondo perle di saggezza nelle quali ha evidenziato che gli uomini vivono con una maschera che ne nasconde il volto, estendendo il concetto alla maschera e al volto della vita; al quale fece seguito il contemporaneo Luigi Chiarelli, drammaturgo e narratore pugliese, noto per la celebre commedia “La maschera e il volto”, da molti attribuita a Pirandello.
Nell’opera “La maschera e il volto” il protagonista, per il solo fatto di aver detto in pubblico che se avesse scoperto che la moglie lo tradiva, l’avrebbe ammazzata per difendere il suo onore, quando scopre che veramente la moglie lo ha tradito, non riesce a mantenere fede alla sua promessa, ma, per non smentirsi, finge di averla uccisa e la costringe a cambiare nome e a scappare di casa. Non mi dilungo sulla vicenda e sul paradossale epilogo, invitando i curiosi a rileggere il testo della commedia: ne vale la pena.
Vado più terra terra e, accomunando l’attuale governo al titolo di questa chiosa, vale a dire la finzione e la realtà, tre cose mi vengono in mente; la prima è la pace fiscale, eufemismo che maschera la verità di un ennesimo condono fiscale che i grillo-leghisti, nonostante le tante roboanti promesse fatte anche nel corso della passata campagna elettorale (ma è veramente passata?) “mai più condoni, mai più e mai più…”, hanno introdotto, anzi sono almeno due presenti nella recente, contestata e traumatica legge di bilancio: Il primo lo hanno chiamato, appunto, “pace fiscale”, e quando qualcuno ha fatto notare a Conte che praticamente era un condono fiscale nemmeno tanto mascherato, il Premier lo ha confermato, limitandosi a dire: “chiamatelo come volete”.
Il secondo è l’ormai famoso, e tanto contestato, condono edilizio di Ischia, introdotto con una “normicina” che sarebbe passata forse inosservata se le opposizioni, che quando sono all’opposizione (sic!) le cose le sanno fare e le sanno dire, non fossero state con tanto di occhi aperti, giacché quella norma è stata introdotta, quali alla chetichella (forse c’era una manina, non evidenziata!) nella legge per la ricostruzione del ponte Morando di Genova: cosa c’azzecchi, per dirla alla Di Pietro, la ricostruzione dopoterremoto di Ischia con la ricostruzione del ponte di Genova aspetto ancora qualcuno che me lo spieghi.
E pure il reddito di cittadinanza non è da meno, un’altra furbata della politica, non quella “alta” alla quale vorremmo essere abituati a sottostare, ma quella spicciola, volgare, malsana che tutti i giorni siamo costretti a subire, quella tanta detestata “politica politicante” della quale ci stiamo lamentando da qualche decennio, ma dalle pastoie della quale sembra non poter più venire fuori grazie alla qualità dei governanti che ci ritroviamo, detestabile anch’essa: anche il reddito di cittadinanza maschera un provvedimento ignobile, vale a dire il grazioso omaggio ai tanti che speculano sul lavoro e sulla povertà per ottenere un sussidio di circa 800.euro al mese per continuare a lavorare in nero, fingendo di non avere lavoro e mezzi di sostentamento; lasciamo perdere se questo “sussidio”, come sarebbe giusto chiamare, riusciranno a darlo oppure, fatti un po’ di conti, si renderanno conto che manco per esso ci sono i quattrini, e a quel punto, utilizzando una maschera sorridente, copriranno il volto rabbuiato per non aver potuto mantenere l’impegno elettorale tanto strombazzato.
Per tornare alla fonte di questo ragionamento, pure l’attuale governo soffre di una ambiguità di fondo, che ogni momento balza stridente all’occhio di chi, per lavoro o per diletto (sic!) è costretto ad assistere al minuetto dei governanti e ad ascoltare la valanga delle loro dichiarazioni.
Giacché, prima parte in quarta il Vice-Premier Salvini il quale, nonostante faccia il Ministro degli Interni, parla e si interessa di tutto, sicurezza, immigrazione, fisco, tasse, economia, e, per ultimo, anche del rimborso alle aziende creditrici dello Stato: e anche qui ci va bene la domanda “ma che c’azzecca?”
Lo segue a ruota, negli ultimi giorni con affanno, l’altro Vice-Premier Giggino Di Maio, che sembra stare sempre più in un angolo del ring, tempestato da cazzotti derivanti dal lavoro nero, dagli abusi edilizi, dalla mini-discarica di famiglia, e ora anche, sembra, da una piscina abusiva, reati dei quali è accusato il papà; è vero che Giggino e il papà fanno a gara a dire il primo che lui nelle attività del papà non c’entra nulla, e l’altro a scusarsi col figlio e con gli elettori degli errori commessi, dei quali il figlio, ora vice-premier, non sapeva nulla, ma certamente non è uno spettacolo molto edificante quello che la famiglia Di Maio sta offrendo al popolo degli elettori grillini.
Del Premier Conte è inutile parlare: lui vede tutto, sa tutto e… tace su tutto, anche perché oramai ha capito che, prima di dire qualcosa, deve consultare i suoi due vice-premier per evitare altre gaffe come quelle tantissime che nella sua non lunga carriera ha già fatto; e considerato che sta molto spesso all’estero e non può confidarsi con i suoi due vice, non gli resta che tacere per evitare ulteriori figuracce.
Ma, visto come stanno le cose, non sarebbe più corretto dire che Matteo Salvini è il Premier, Luigi Di Maio è il Vice-premier, e l’accomodante Giuseppe Conte il portavoce?
Almeno per non far rivoltare nella tomba i nostri Pirandello e Chiarelli i quali non avrebbe mai potuto immaginare che le loro paradossali invenzioni letterarie avrebbe ben connotato, dopo un secolo, i nostri ineffabili e probabili ignoranti (nel senso che probabilmente ignorano la letteratura italiana) governanti.