L’appetito vien mangiando e, come quando non c’è nulla di buono da mettere sotto i denti e si va in giro a cercare qualcosa di raffinato, così capita anche a chi, seguendo un poco la politica, vede innanzi a se, tra parlamento e governo, un deserto, e va in cerca, di personaggi che gli facciano riacquistare fiducia in questo paese e nelle sue istituzioni, sperando che, a furia di battere il chiodo, gli attuali parlamentari e governanti divengano più credibili e responsabili.
In un precedente articolo abbiamo parlato di Tina Anselmi, senza però dimenticare altre grandi Signore della politica nazionale, tra le quali Nilde Iotti che desideriamo ricordare con queste brevi note.
Leonilde (chiamata da tutti Nilde) Iotti, era nata a Reggio Emilia il 10 aprile 1920. Il padre era un dipendente delle Ferrovie dello Stato, attivista nel movimento operaio socialista, perseguitato poi, durante il regime fascista, a causa del suo impegno sindacale; ma, nonostante le disagiate condizioni economiche nelle quali versava, iscrisse la giovane figlia all’Università Cattolica di Milano, perché come ricordò Nilde, citando le sue parole: “E’ meglio stare con i preti, che con i fascisti.”
La sua era una famiglia povera, come ce n’erano tantissime in quell’epoca, povere ma dignitose e senza grandi pretese: “Per anni indossai il cappotto rovesciato di mio padre”, dichiarò la Iotti in alcune interviste, ritornando con la memoria ai tempi della sua giovinezza, della povertà, dei tanti sacrifici compiuti dai genitori, che desideravano che lei studiasse per diventare “qualcuno”; poveri che guardavano al futuro e, con grandi sacrifici, avviavano i loro figli verso una avvenire migliore.
Nel 1934, rimase orfana di padre a soli 14 anni, ciononostante riuscì a proseguire gli studi perché la madre, in un periodo in cui le donne, per la legge fascista, erano relegate al focolare domestico, iniziò a lavorare.
Durante la frequenza della facoltà di Lettere della Cattolica di Milano, per Nilde iniziò un travaglio ideologico, che la allontanò dalla fede cattolica, ritenuta assolutista ed intollerante: “Al credo, perché assurdo, dissi razionalmente no.”
Quando l’Italia aderì alla follia della Seconda Guerra Mondiale, Nilde Iotti, sostenuta dall’esemplare lezione di vita lasciatagli dal padre, si iscrisse al P.C.I. .
Nel 1943 aderì alla Resistenza, dapprima come porta-ordini, che era uno dei ruoli più significativi e pericolosi assunti dalle donne, grazie alle quali i partigiani si scambiavano informazioni e costituirono, tra i vari gruppi, la rete dei collegamenti che portarono l’Italia a liberarsi dall’occupazione nazi-fascista. Con il suo impegno fra i partigiani della città natale, Nilde Iotti, poco più che ventenne, divenne responsabile dei Gruppi di Difesa della Donna, struttura attivissima nella guerra di Liberazione.
Dal 1943 Nilde Iotti ricoprì questo rischioso ruolo anche nell’ambito dei G.D.D. (Gruppi Difesa della Donna), che orbitavano intorno al C.L.N., il Comitato di Liberazione Nazionale, al quale tanto deve il nostro Paese per aver contribuito a liberarsi dal nazi-fascismo: nel volume di Victoria de Grazia, Le donne nel regime fascista, la staffetta viene definita “l’eroina della Resistenza, la porta-ordini e persona di fiducia, è il vero jolly della guerra partigiana.” E gli studi compiuti sulla Resistenza italiana conferiscono ampio risalto al ruolo, non secondario, che i Gruppi di Difesa della Donna ebbero nel promuovere anche l’emancipazione femminile.
Divenuta responsabile del GDD di Reggio Emilia, Nilde Iotti si fece interprete di quella coscienza civile e politica che le donne, dopo secoli di esclusione dalla vita pubblica e dopo vent’anni di dittatura fascista, durante il periodo bellico iniziarono a manifestare.
Dopo il Referendum del 2 giugno 1946, grazie al quale le donne italiane per la prima volta poterono esercitare il diritto di voto e furono così “considerate, dal punto di vista politico, cittadine a pieno titolo”, la ventiseienne Nilde Iotti fu mandata in Parlamento.
Era una donna avvenente, “robusta, alta, i capelli sciolti sulle spalle, col manifesto desiderio di imparare a fare il deputato”, come la descrisse Giorgio Frasca Polara, giornalista parlamentare.
Nilde Iotti, dapprima come semplice deputato, poi come membro dell’Assemblea Costituente, con la sua sensibilità e con la vasta cultura istituzionale acquisita, diede prova di uno spiccato talento politico. Ella stessa definì quella nell’Assemblea Costituente, come “la più grande scuola politica, a cui abbia mai avuto occasione di partecipare, anche nel prosieguo della mia vita politica”.
Il 25 maggio 1946 si riunirono per la prima volta i 556 componenti dell’Assemblea Costituente, in rappresentanza del popolo italiano, per nominare il Capo provvisorio dello Stato (venne eletto Enrico De Nicola) e per designare i 75 membri, che costituirono la “Commissione dei 75”, alla quale fu assegnato il compito di redigere la bozza della Costituzione repubblicana, da sottoporre al voto dell’intera Assemblea.
Nilde Iotti entrò a far parte della “Commissione dei 75”, la quale, dopo circa sei mesi di attività, sottopose il proprio progetto costituzionale all’intera Assemblea che, nel corso di quasi tutto il 1947 discusse, integrò, modificò, articolo per articolo la bozza iniziale: il testo definitivo della Costituzione venne approvato il 22/12/1947 a larghissima maggioranza, promulgato dal Capo Provvisorio dello Stato, ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948.
Grande risalto ed attualità ebbe la relazione sulla Famiglia, che Nilde predispose nel 1946 proprio in qualità di membro della “Commissione dei 75”. In essa la Iotti invitava l’Assemblea a voler regolare con leggi specifiche il diritto familiare, perché il rafforzamento della famiglia, superando lo Statuto Albertino, diventasse il caposaldo della nuova carta costituzionale. A tal proposito la Iotti scrisse: “L’Assemblea Costituente (…) deve inserire nella nuova Carta Costituzionale l’affermazione del diritto dei singoli, in quanto membri di una famiglia o desiderosi di costruirne una ad una particolare attenzione e tutela da parte dello Stato”.
Tutto ciò fece si che il ruolo della donna nella nuova Repubblica diventasse centrale e determinante, con il superamento delle condizioni arretrate e di subalternanza rispetto a quello dell’uomo nelle quali il ventennio fascista l’aveva relegata; erano state gettate le fondamenta per la emancipazione della donna e per la sua pariteticità a quella dell’uomo nell’ambito della famiglia e della società.
E se si pensa che il Codice Penale, che aveva preso il nome di “Codice Rocco” dal penalista fascista che lo aveva redatto, entrato in vigore nel 1942, concepiva le donne come “beni”, sui quali prima il padre e poi il marito esercitavano assoluta autorità, con la fine della guerra e la nuova Costituzione ne era stata fatta di strada!
Il ruolo svolto nell’ambito della Costituente, a favore dei diritti delle donne e per le famiglie, segnò profondamente la vita della Iotti e l’impegno che profuse nella sua attività parlamentare, condotta ininterrottamente, per 53 anni, con rigore, costanza e semplicità e, forte dell’esperienza maturata nella Costituente, Nilde proseguì la propria missione politica a favore dei diritti delle categorie più disagiate sia in Parlamento, sia all’interno del P.C.I., dove ottenne pieno riconoscimento solo dopo la morte di Togliatti. Non fu facile, infatti, per Nilde Iotti, essere accettata all’interno del partito al quale era stata iscritta fin dalla giovane età per il rapporto intimo con il leader massimo, Palmiro Togliatti, “il Migliore” come era stato definito, al quale faremo qualche accenno alla fine.
Nel corso di oltre mezzo secolo la vita della Iotti fu caratterizzata da uno spasmodico impegno contro le diseguaglianze e in favore della parità dei diritti di tutti, non solo delle donne; fu promotrice della legge sul diritto di famiglia del 1975, della battaglia sul referendum per il divorzio (1974) e per la legge sull’aborto (1978).
Dal 1979 al 1992 ricoprì, con ammirevole equilibrio, mediazione e saggezza, da tutti riconosciuti, la carica di Presidente della Camera; nel 1993 ottenne la Presidenza della Commissione Parlamentare per le riforme istituzionali e nel 1997 venne eletta Vicepresidente del Consiglio d’Europa. Nel 1987 fu ad un passo dall’essere il primo Presidente del Consiglio donna (le era stato affidato un incarico esplorativo dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga)
Il suo stile sobrio, ma rigoroso ed elegante, aveva colpito Palmiro Togliatti il quale, in occasione delle dimissioni dal parlamento della Iotti per motivi di salute, il 18 novembre 1999, esortò i deputati comunisti a imparare da lei; e sebbene in quella circostanza potesse sembrare una esortazione dettata dal legame molto stretto tra i due, a distanza di tanti anni non si può non condividere.
Quei motivi di salute portarono la “Signora della Repubblica” ad uscire di scena, in punta di piedi, il 4 dicembre 1999, data della sua morte per arresto cardiaco.
In occasione delle sue dimissioni, accompagnate dagli applausi della Camera, Giorgio Napolitano partecipò con il seguente significativo messaggio di riconoscimento alla Iotti e a tutte le donne: «Mi si lasci ricordare la splendida figura di Nilde Iotti, sulle formidabili risorse delle energie femminili non mobilitate e non valorizzate né nel lavoro né nella vita pubblica: pregiudizi e chiusure, con l’enorme spreco che ne consegue, ormai non più tollerabili».
La vita di Nilde Iotti fu essenzialmente di grande impegno politico e sociale, ma anche di grande travaglio privato per l’intenso e strettissimo legame con Palmiro Togliatti, il segretario del PCI del quale fu la compagna per 18 anni; un rapporto che la rese invisa all’ “establishment” del partito e dell’apparato comunista internazionale per quell’amore scandaloso, adultero e troppo in anticipo sui tempi, contrastato aspramente dai compagni di partito, ma un amore al quale entrambi scelsero di non rinunciare e che li portò a vivere in un umile appartamento di due stanze al sesto piano di Botteghe Oscure, arredato con mobili d’ufficio, con la valigia di Nilde sempre aperta, a perenne ricordo della precarietà di quella situazione.
Ciononostante per cultura, intelligenza ed equilibrio, Nilde Iotti non subì né discriminazioni né ostacoli, almeno nella vita pubblica, che, alla fine, è stata l’unica che le è rimasta, perché quella privata, oltre all’amore per il “compagno” Palmiro, non sembra averle riservato altre gioie.
Desideriamo concludere tornando alla chiosa fatta all’inizio di questo articolo: Nilde Iotti, insieme a tantissimi altri parlamentari e politici che hanno illuminato le nostre istituzioni, dovrebbero essere di esempio a tanti improvvisati attuali nostri governanti i quali sembrano ergersi a grandi statisti pure non avendo né l’esperienza né le conoscenze adeguate; la vita di questi grandi protagonisti del nostro passato democratico dovrebbe costituire materia di studio per tutti coloro che si candidano a “salire” in politica affinché questa nobile arte diventi veramente efficace e proficua per il paese.