Riace è una bella cittadina, adagiata in posizione amena a circa 300 metri s.l.m. sulle colline calabresi che si affacciano sul Mare Ionio, dal quale dista solo sette chilometri, il cui nome è legato alla scoperta, avvenuta nell’agosto del 1972, delle due famosissime statue greche dei Bronzi, risalienti al V° secolo a.c., oramai note in tutto il mondo ed esposte nel museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria.
Ma in questi giorni non è per le due statue che la cittadina di Riace, 1800 abitanti ora diventati circa 2400 con gli immigrati, è improvvisamente balzata agli onori delle cronache, bensì per una indagine giudiziaria sul sindaco Domenico Lucano, al terzo mandato, ora sospeso e agli arresti domiciliari, riguardante presunti illeciti nella gestione degli immigrati.
Per capire di cosa si tratta è necessario conoscere chi è questo “scomodo” Sindaco calabrese il quale, in una Regione di grandi bellezze ma anche di inquietanti situazioni ambientali, legate alla politica regionale ma anche alla criminalità organizzata, probabilmente costituisce un esempio di buona amministrazione nel rispetto delle persone e della città; è certamente un Sindaco anticonformista, molto legato alla città e alle persone, forse un poco meno rispettoso delle leggi, un personaggio comunque interessante.
Domenico Lucano, detto Mimmo, classe 1958, perito chimico, medico mancato, ha insegnato a Roma e a Torino; sposato e padre di due figli, separato nel 2016, vive ora con la sua nuova compagna Lemlem Teshfahun, immigrata.
Si è sempre distinto per grande impegno politico e sociale, tant’è che nel 1999, insieme ad altri cittadini di Riace, fondò l’Associazione “Città futura”, dedicata a don Pino Puglisi –il sacerdote ed educatore ucciso da Cosa nostra per il suo impegno evangelico e sociale che lo portava a sottrarre i giovani alla criminalità– finalizzata a riaprire le case della cittadina oramai abbandonate, ed a recuperare gli antichi mestieri. Riace era una cittadina che stava morendo a causa dell’abbandono degli abitanti in cerca di una vita più decorosa altrove, e le case abbandonate erano numerose e si avviavano verso il degrado; potevano essere salvate utilizzandole per dare ospitalità: questa fu la intuizione di Mimmo Lucano che a tal fine fondò la Cooperativa “Il Borgo e il Cielo”, con dieci soci di cui due immigrati, per creare e gestire laboratori di tessitura, ceramica, vetro e confetture.
Già nel luglio 1998, come libero cittadino, insieme ad altri riacesi aveva accolto un gruppo di curdi che erano sbarcati sulle coste di Riace, ed iniziò a interessarsi delle modalità e delle problematiche dell’accoglienza.
Nelle elezioni comunali del 2000 entrò per la prima volta a far parte del consiglio comunale come componente della minoranza.
Venne eletto Sindaco nel 2004, e l’anno dopo aderì a Re.Co.Sol, la rete dei Comuni solidali, organizzando, nel 2006 proprio a Riace un convegno dei sindaci degli oltre cento comuni che partecipano alla rete; ha fatto partecipare il suo comune a vari progetti di solidarietà internazionale e per il suo impegno ha ricevuto vari riconoscimenti: nel 2010 si posizionò terzo nella “World Mayor”, un concorso mondiale organizzato da “City Mayors Foundation” che ogni due anni compila la classifica dei migliori sindaci del mondo; appare inoltre al 40º posto nella lista dei leader più influenti stilata dalla rivista americana “Fortune”.
Mimmo Lucano oggi è al suo terzo mandato, che non ha potuto proseguire per la tegola giudiziaria che gli è cascata in testa a seguito dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Locri, diretta da Luigi D’Alessio, iniziata circa 18 mesi addietro dopo una segnalazione della Prefettura su presunte irregolarità nella gestione dei fondi destinati all’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo; la Procura ha configurato per Mimmo Lucano una serie di reati, chiedendone l’arresto, ma il Giudice delle Indagini Preliminari ha annullato le contestazioni più gravi (malversazione, truffa aggravata ai danni dello Stato, concussione) concedendogli gli arresti domiciliari per reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti affidamenti diretti del servizio di raccolta dei rifiuti.
Il procuratore di Locri, Luigi D’Alessio, è un salernitano noto per il rigore professionale e la fama di autentico democratico; non può essere accomunato a quei pubblici ministeri che si presterebbero, secondo alcuni, a circostanze politiche e arrestano a comando, o a quelli che farebbero inchieste su “ordinazione”, giocando con la libertà personale del prossimo per fare carriera; tuttavia, l’inchiesta di Locri che ha portato agli arresti di Mimmo Lucano desta più di una perplessità.
La prima, è che sembra essere stata dettata più dal clima di populismo che circonda il tema dell’immigrazione e dalla necessità urgente di arrestare il sindaco che ha consentito all’Italia di poter vedere i risultati della buona accoglienza e integrazione nei giorni in cui le forze dell’ordine erano state spedite sulle spiagge per sequestrare le cianfrusaglie dei vu’ cumprà ed esibirle all’intero paese per dare un segnale.
In sostanza, sembra che si sia voluto colpire il Sindaco di Riace per i risultati ottenuti in materia di accoglienza e integrazione, contrastanti con la convinzione popolare, costantemente alimentata dall’attuale governo, dell’immigrato che delinque, ruba, scippa, rapina, occupa abusivamente abitazioni e quartieri, e via di seguito: Mimmo Lucano ha dimostrato che non è così e che se si fa seriamente integrazione i risultati si ottengono.
Secondo la Procura di Locri la gestione dei fondi sarebbe stata superficiale, ma non è stato riscontrato alcun illecito; rimangono le accuse di aver collaborato a un matrimonio combinato per far ottenere il permesso di soggiorno ad una donna nigeriana e di aver forzato la procedura per assegnare la gestione rifiuti di Riace a due cooperative delle quali fanno parte anche i migranti.
In merito alla gestione dei fondi sembra che la sua colpa sia di aver incassato i fondi che lo Stato mette a disposizione dei Comuni che accolgono i migranti, ma di non aver rispettato le leggi le quali prevedono che questi fondi siano finalizzati alla sistemazione degli immigrati in strutture di accoglienza per farli dormire e sfamare, e per dare a ciascuno di esso 2,50 euro al giorno per le spesucce quotidiane.
Il Sindaco Lucano è andato al di là della legge in quanto i fondi incassati li ha utilizzati per rendere abitabili le case abbandonate dai riacesi e offerte agli immigrati per la sistemazione certamente meno precaria di quella in altre parti d’Italia, dove gli immigrati sono vittime di organizzazioni, spesso criminali, che incassano i 35.euro giornalieri ma offrono servizi scadenti, a volte inumani e indecorosi, arricchendosi sulla loro pelle.
Lucano, quindi, non ha osservato le prescrizioni di legge e per questo, come ha detto anche Antonio Di Pietro qualche giorno fa, deve obbligatoriamente essere processato; sarà poi il Tribunale a stabilire se è meritevole di condanna, e per quale reato, atteso che, fino a questo momento, non è emerso alcun illecito arricchimento da parte sua o di altri a lui collegati, avendo solo utilizzato i fondi incassati in maniera diversa da come prescrive la legge: e non vale, per la legge, che li abbia resi molto più redditizi sia per i migranti, sia per il paese che con il “modello Riace” è rinato sia dal punto di vista abitativo, sia dal punto di vista economico in quanto, proprio grazie a quel sistema, sono stati riaperti negozi e botteghe artigiane, si è creata una economia virtuosa della quale fruiscono non solo gli immigrati ma anche gli abitanti della cittadina.
Mimmo Lucano testardamente difende il suo operato, forte della circostanza che nessuna somma è stata sottratta allo scopo che la legge prevede, e sfida i suoi detrattori, tra i quali il Ministro degli Interni, sostenendo che è pronto ad andare avanti con lo stesso sistema, tant’è che proprio il Ministro Salvini sembra stia emettendo un provvedimento di trasferimento dei migranti riacesi altrove.
Ovviamente tutto ciò ha scatenato dure reazioni da parte dei sostenitori di Lucano e del suo modello con manifestazioni di protesta contro il provvedimento dei magistrati e di solidarietà al “loro” sindaco, reo solo di aver reso umana una accoglienza che altrimenti sarebbe stata disumana come altrove.
Su questa vicenda emergono non poche perplessità.
Ma com’è che in una terra martoriata da delinquenza organizzata di alto livello, che troppo spesso viene “ignorata” da forze dell’ordine e magistratura, una Prefettura segnala alla Procura una anomalia nella gestione di fondi per l’immigrazione? Ha agito con uguale solerzia quella Prefettura anche per segnalare sospetti di attività illecite da parte di altri? Era davvero necessario l’intervento della magistratura penale? Non c’era una struttura o un organo amministrativo che potesse accertare se erano state effettuate irregolarità a Riace?
In questa regione dove la ’ndrangheta che spadroneggia, non sarebbe stato più utile impegnare magistrati e forze dell’ordine in indagini per fatti più gravi ed inquietanti?
E ancora: se i Magistrati della Procura, che hanno indagato sulle attività svolte dal Comune col Metodo Riace, hanno richiesto al GIP l’autorizzazione per una serie di reati molto gravi, che il GIP non ha accolto cancellando 14 richieste su 15 e limitandosi solo a qualche reato minore, non sarebbe il caso che il Ministero della Giustizia e magari il Consiglio Superiore della Magistratura intervenissero per accertare il perché?
Se è vero, com’è accertato, che la regolamentazione dell’accoglienza in Italia fa acqua da tutte le parti, sia per la gestione della fase di accoglienza, sia per l’ “allegria” con la quale vengono utilizzati i fondi ad essa destinati, sui quali in tantissimi casi è emerso che abbiano messo le mani organizzazioni delinquenziali (ricordiamo il caso Roma, e di Mafia capitale con Buzzi e Carminati), forse sarebbe il caso che il legislatore rivedesse tutta la materia e prendesse in considerazione la possibilità di uno snellimento delle norme attuali, basandosi proprio sul “Modello Riace” che ha dato tanti benefici e positivi risultati dei quali il legislatore dovrebbe tener conto.
Come abbiamo scritto qualche giorno fa, il “Modello Riace” probabilmente ha violato qualche legge: ma quante buone cose sono state fatte violando o ignorando le leggi, e quante di più se ne potrebbero fare se le leggi venissero fatte con maggiore cognizione e razionalità, con meno burocrazia e più cuore.