Storia e storie si intrecciano con intensa efficacia narrativa nel racconto “Il Circolo degli illusi” di Rosa Montoro, edito da Oèdipus.
Tra gli anni Venti e Quaranta dello scorso secolo, il fascismo e la guerra irrompono nella vita di un mondo, quello di Sarno, ancora immerso in un sistema arcaico e rurale, eppure teso ad accogliere timide forme di realtà industriale – tessile e conserviera – e prime rivendicazioni operaie, quelle del biennio rosso.
Con una ellissi temporale la narrazione si sposta, poi, rapidamente nella fase più drammatica del conflitto, il ‘43, con le rappresaglie tedesche e lo sbarco degli Alleati e l’indiscriminato carico di morte e distruzione tant’è che “per i Sarnesi non c’era nessuna differenza tra aggressori e liberatori… l’orrore che portavano era sempre lo stesso”.
Tra questi due tragici momenti storici si muovono, prudenti, i personaggi con tutto il loro bagaglio di dolore.
Mimì, l’omme ‘e niente, guappo e violento camerata senza scrupoli. Amelia, la “cittadina”, che si nutre dei valori di una borghesia che rivendica un ruolo di supremazia – mai declinata al femminile – e il sogno dell’ascesa sociale. Filomena, la tata di intere generazioni, che sente la vita attraverso le viscere. Carmela, orfana, selvaggia, genuina, con “i gomiti sporchi di terra” a segnare la fatica del vivere. Alfonso e Sebastiano, due giovani uomini, che guardano al futuro che, tuttavia, per motivi diversi, a loro sembra non voler guardare. E don Antonio Lauria, vero fulcro narrativo dell’opera, uomo perbene, legato intimamente a quella Madre Terra che dà nutrimento e alla quale egli affida, in una visione moderna, il futuro delle genti. Uomo di poche parole e tanti tormenti dentro.
Sullo sfondo, i disperati, mortificati dalla povertà, dalla illibertà, dalla morte.
Il racconto si fa, così, corale con i “vinti” verghianamente ben rappresentati nel linguaggio e in quelle espressioni di devozionalità popolare antica, e gli “illusi”, così definiti dai fascisti con allusione ai Circoli liberali fondati da Giovanni Amendola, proprio di Sarno originario.
Su tutti, la Storia, incontrollabile nella sua violenta piena, che guida il destino e i destini e si insinua irrispettosa nelle certezze e nei principi morali degli uomini: “c’è un limite davanti al quale gli esseri umani si frantumano come un cristallo e l’etica perde ogni significato, ogni legame con la nostra dignità”.
Il ritmo narrativo segue lo svolgersi degli eventi: pacato, con periodi ampi, ad accompagnare pensieri ed emozioni dei personaggi, serrato, con periodi brevi ed incalzanti, quando i fatti convulsi della guerra si impongono con irruenza a stravolgere esistenze già piegate dal dramma della sopravvivenza quotidiana.
Un racconto verosimile – avverte l’autrice – ma che acquisisce i caratteri della narrativa storica per quella capacità descrittiva ed interpretativa di eventi-chiave che hanno segnato in modo determinante il nostro tempo.