Da un po’ di tempo, non solo dall’epico “Quattro Marzo” che tutti citano a voler innalzare la grandezza di discorsi, la comprensione non appartiene più al Pianeta Paese che viviamo ogni giorno. Sembra sia finita da un’altra parte. Su di una galassia lontana. Dove vivono veltroniani, simili a marziani ma animati dal tranquillo e – alla fine necessario e compromissiorio – se po fa.
Qualsiasi discussione o frammento che finisce nel dibattito pubblico non culmina, come dovrebbe, in una sensata e razionale analisi del fatto e del da fare. Ma anzi. S’arravoglia, come una serpe senza capoccia, su se stessa incrementando, di volta in volta, odio e rancore. Insomma non c’è discussione. Ma ci sta soliloquio. Soltanto.
Nella società globalizzata, lo sappiamo, siamo tutti più soli ma non è una valida giustificazione perchè poi, dopotutto, siamo pur sempre animali, dritti, che, almeno sulla carta, hanno una componente che fa la differenza: la testa, il cervello, la capacità di filtrare discussioni e fatti in base a un giudizio di calcolo elementare tra quello che è veritiero, in base all’esistente, e quello che non lo è.
Niente tutto questo, al momento, nel nostro dibattito pubblico non esiste. Una coltre di ignoranza, grassa e greve è piombata all’improvviso, come nel grandissimo Cecità di Saramago, impedendo di vedere le cose per quelle che sono. Rendendoci, alla fine, tutti cani, ciechi che abbaiano alla Luna. E co sti cani manco se dorme e si sta tranquilli. Non si tratta di dire bene o male di quella Parte o di quell’Altra ma, semplice semplice, di provare a capire il momento storico che viviamo.
L’ignoranza, nel senso di ignorare, non conoscere, non sapere la fa da padrone. Ma non sta qui l’inghippo: il tema è che si combina anzi s’incolla, facilmente, alla pungente e distruttiva presunzione di possesso di una verità quasi superiore alle certezze, agli studi, ai fatti, su cui il Mondo finora si è costruito. Stiamo assistendo, concretamente, a un radicale smantellamento delle certezze, ovvie, con cui la nostra esistenza, fin dal Rinascimento è stata concepita e costruita. Le grandi conquiste di quell’epoca, che diciamocelo hanno fatto e ancora fanno grande il Nostro Paese dall’arte del visionario Buonarroti al genio di Da Vinci, si fondavano tutte quante sulla capacità dell’essere umano di risolvere problemi, proporre argomentazioni filosofiche e discussioni basandosi sul fondamento della Ragione, o meglio, dello spirito razionale: una determinata posizione esiste e si consolida non grazie a un complotto massonico ma perchè, fino a prova contraria, viene confermata dai fatti. Popper poi ci ha messo un bel carico su affermando che il ragionamento razionale e scientifico esiste fino alla sua stessa falsificazione. Perfetto. Non fa una grinza.
Nel Paese che viviamo, tutto questo, è stato inghottito in un solo boccone dalla foga caratteristica di un eterna campagna elettorale: come l’Eurasia che per giustificare l’esistenza del Grande Fratello aveva sempre bisogno di alimentare uno stato di guerra perenne contro il Nemico. O con Noi o contro di Noi. Manco Neandertal ragionava più cosi e forse, immagino ma si può toppare, nemmeno qualche dinosauro in corso di evoluzione.
Un libro uscito quasi un anno fa “La conoscenza e i suoi nemici” di Tom Nichols, descrive il passaggio: la crisi della società e del sistema culturale in cui siamo cresciuti sta nel fatto che, complice anche la frenesia dei social network per cui conta dire non cosa ma dire e basta, tutti quanti, oggi, possono giudicare o, peggio, condannare posizioni consolidate nel tempo, nella storia, nei fatti. Un solo esempio: tutti possiamo commettere degli errori e al contempo è giusto che tutti noi, soprattutto verso chi Governa, possiamo accendere dei riflettori per attirare l’attenzione su cosa non funziona. C’è un però con la P grande: possiamo criticare, sempre, perchè è la base della democrazia ma a patto di non distruggere e smantellare soprattutto se la distruzione viene da parte di chi non ha le competenze – intese come conoscenze applicate all’uso reale – e l’esperienza – intesa come ripetuta applicazione di specifiche conoscenze a casi reali – per farlo. Altrimenti è solo aria fritta.
Un medico può sbagliare una diagnosi, e ne paga le conseguenze a seconda dell’errore. Tuttavia non è razionale consentire di correggere la cura che il medico prescrive da parte di chi non ha la minima competenza per farlo. Se voglio una pizza per intenderci e mi dicono che il pizzaiolo non ci sta ma che, pari opportunità di sviluppo professionale, quella sera le pizze le fa il meccanico che sta di fronte al ristorante ci posso pure ripensare e ripiegare su un kebab. Per non parlare poi della Scuola dove se un insegnante da un cattivo voto a uno studente o lo richiama non solo può trovarsi aggredito da genitori inferociti che magari se il figliolo prende un brutto voto e poi un altro qualche domanda potrebbero farsela.
E l’ignoranza del tempo si estende, a macchia d’olio, su ogni settore e campo. Dalla medicina, il tema dei vaccini ad esempio, alla politica, alla cultura.
Tutti si improvvisano esperti quando non lo sono: ma va anche bene il problema rimane sempre la Pungente Presunzione che attribuisce al Non Sapere lo stesso peso specifico del Sapere. E così non è. Un conto è dire che tutti possono esprimere la propria opinione e dissentire. Un altro è un meccanico può essere pizzaiolo. Può farlo, ovvio, ma ci vuole un tempo minimo per maturare esperienza e competenza.
Tuttavia non siamo condannati ad essere vittime di questa Presunzione. Dalla nostra, abbiamo sempre, alcuni ancora ce la fanno per fortuna, la capacità di rimanere svegli e filtrare le cose in base alla Bilancia della Ragione.
Di fronte a tutto questo, quindi, l’unica cosa da fare è Resistere: con pazienza e spirito un po’ naif di chi non si lascia tramortire dalla logica dell’urlo, dell’insulto, del soliloquio per provare a vedere le cose come sono in realtà. Unica sperenza, in questo momento, in cui s’avverte, pesante pesante, quella insostenibile ignoranza dell’Essere.