Il governo “vara” il decreto dignità: scende a due anni la durata massima, per i licenziamenti indennizzi più alti. Maxi multe alle imprese che delocalizzano. Di Maio: “Licenziamo il jobs Act”.
Il decreto dignità passa l’esame del Consiglio dei ministri che lo ha approvato stasera. Dice il vicepremier Luigi Di Maio: sarà “un primo passo in avanti”, ha detto, “però io so benissimo che il nostro intervento non potrà prescindere dall’abbassamento del costo del lavoro” e “questo nella legge di Bilancio ci sarà”.
Il provvedimento include un pacchetto fisco “light” con ritocchi al redditometro, lo slittamento della scadenza dello spesometro al 28 febbraio (dal 30 settembre) e lo stop allo split payment solo per i professionisti. Rivista la norma sulle delocalizzazioni che farà scattare multe da 2 a 4 volte il beneficio ricevuto per le imprese che delocalizzano “entro cinque anni dalla data di conclusione dell’iniziativa agevolata”.
La stretta resta per chi lascia l’Italia per un Paese extraeuropeo mentre è dubbio che sia applicabile a chi trasferisce l’attività, anche in parte, in uno dei Paesi dell’Unione. Il beneficio pubblico, inoltre, andrà restituito con gli interessi maggiorati fino a 4 punti percentuali.
La Lega ha votato a favore del decreto dignità. Bene, secondo il Carroccio, le norme su delocalizzazione e abolizione redditometro. Qualche dubbio sulle norme anti precariato ma alla fine nel complesso il giudizio è buono. Secondo fonti della Lega non c’è comunque nessuna divisione o spaccatura Lega-M5s. Arriva l’annunciata stretta sulla pubblicità di giochi e scommesse contro l’azzardopatia, fatti salvi però i contratti in essere e le lotterie a estrazione in differita, come la Lotteria Italia. Nel testo si precisa che lo stop non vale anche per “i loghi sul gioco sicuro e responsabile dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”. Confermate le sanzioni, che si applicheranno “in futuro”, al 5% del valore ma con un minimo di 50mila euro.
Tutte confermate, tranne la cancellazione dello staff leasing, le misure per contrastare il precariato in arrivo con il decreto dignità. Nell’ultima bozza infatti salta la misura che impediva contratti di somministrazione a tempo indeterminato. Si prevede comunque che nel caso di somministrazione a tempo determinato valgano le stesse regole degli altri contratti con scadenza. Quindi, per tutti i tempi determinati non si potranno avere più di 4 proroghe, con un limite di durata massima comunque non superiore a 24 mesi.
Le nuove norme valgono anche nei casi di rinnovo dei contratti attualmente in corso. Per incoraggiare le imprese a forme contrattuali stabili, inoltre, si prevede l’aumento dello 0,5% del contributo addizionale – attualmente pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, a carico del datore di lavoro, per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato – in caso di rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione. In caso di rinnovo, e per i contratti oltre 12 mesi, tornano le causali: temporanee e oggettive o per esigenze sostitutive; connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria; per picchi e attività stagionali.
A ogni rinnovo i contratti avranno un costo contributivo dello 0,5% in più rispetto all’1,4% che già è a carico del datore di lavoro e che finanzia la Naspi. Stop, poi, ai licenziamenti selvaggi, attraverso l’aumento del 50% dell’indennizzo per i lavoratori ingiustamente licenziati. In caso di licenziamento senza giusta causa, l’indennizzo per il lavoratore può arrivare fino a 36 mensilità.
Nel decreto dignità c’è una misura che riguarda “decine di migliaia di insegnanti diplomati magistrali”, dice il ministro al Lavoro e allo Sviluppo economico Luigi Di Maio al termine del Consiglio dei ministri. Si tratta di “una proroga di 120 giorni su quello che doveva essere il licenziamento causato dalla sentenza del Consiglio di Stato, così che abbiamo il tempo di risolvere il problema”.
Dice il comunicato della Presidenza del Consiglio: si va verso la semplificazione fiscale, “rivedendo il redditometro in chiave di contrasto all’economia sommersa”; si rinvia la “scadenza per l’invio dei dati delle fatture emesse e ricevute (spesometro)”. In particolare, “i dati di fatturazione relativi al terzo trimestre del 2018 possono essere trasmessi telematicamente all’Agenzia delle Entrate entro il 28 febbraio 2019, anziché entro il secondo mese successivo al trimestre”. E ancora: si abolisce lo split payment “per i servizi resi alle Pubbliche amministrazioni dai professionisti i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta o a titolo di acconto”. Il decreto ministeriale che elenca gli elementi indicativi di capacità contributiva attualmente vigente (redditometro, appunto) “non ha più effetto per i controlli ancora da effettuare sull’anno di imposta 2016 e successivi”.
Prima del Consiglio dei ministri, Di Maio ha anche lanciato un duro attacco al sistema bancario, insieme al’imprenditore Nino de Masi, tra i primi a denunciare il sistema delle Cosche nella piana di Gioia Tauro.
“La mafia è un atteggiamento prima di tutto, prima ancora che un’organizzazione criminale. Questo atteggiamento lo vediamo anche in organizzazioni che non sono criminali. Lo vediamo in alcuni atteggiamenti delle banche, perché ci sono sentenze che riconoscono l’usura delle banche. L’atteggiamento mafioso a volte lo vediamo anche in alcuni esponenti dello Stato e in alcune organizzazioni dello Stato”. (fonte Confcommercio)