Il governo M5s – Lega del premier Conte ha avuto ieri la fiducia del Senato
L’esecutivo incassa la fiducia a Palazzo Madama con 171 sì, 117 no e 25 astenuti, Si astengono i 18 senatori di Fratelli d’Italia. Oggi alle 17.30 il voto alla Camera.
Lo scoglio più grosso è stato superato. Il governo guidato da Giuseppe Conte incassa la fiducia a Palazzo Madama, dove i numeri, (frutto dell’alleanza post elettorale tra M5S e Lega) erano pericolosamente risicati. Con 171 sì, 117 no e 25 astenuti, il presidente del Consiglio del governo del cambiamento ora può guardare al voto di mercoledì alla Camera in relax.
A dare una mano l’astensione dei 18 senatori di Fratelli d’Italia, che allarga il divario tra favorevoli e contrari, con la maggioranza che in modo compatto conferma, come da previsioni, 167 voti, con l’aggiunta di due ex pentastellati Maurizio Buccarella e Carlo Martelli (oggi nel Misto), e due della componente del Maie: Ricardo Antonio Merlo e Adriano Cario.
Granitico il ‘no’ di Partito democratico e Forza Italia, di Leu e di una parte delle Autonomie (Pier Ferdinando Casini e Gianclaudio Bressa), mentre i rimanenti scelgono di non esprimersi.
Per il professore foggiano è stata la giornata più lunga. Alle 12 il lungo discorso in Senato, pronunciato con inconfondibile stile accademico: parole soppesate e citazioni ‘auliche’ che toccano il concetto di ‘populismo’ di Dostoevskij, il ‘principio-responsabilità’ che impone di agire del filosofo Hans Jonas, fino alle novità del sociologo Ulrich Beck. Pochi i momenti di alleggerimento in 75 minuti, con ben ventiquattro pagine divise in ‘capitoletti’. Il premier si è comunque guadagnato oltre 60 applausi, di cui due bipartisan, quando con forza dichiara la fedeltà dell’Italia all’Alleanza Atlantica e quando condanna l’uccisione in Calabria del cittadino maliano Soumaila Sacko. La standing ovation finale è quasi scontata, con Matteo Salvini che per primo commenta: “Bellissimo il discorso del premier. Condivido tutti i punti”.
Chi invece è rimasto quasi incollato allo scranno è Matteo Renzi, che per tutto l’intervento di Conte si è limitato a prendere appunti. L’ex segretario del Pd non risparmia frecciatine all’esecutivo giallo-verde con tanto di battuta finale, al vetriolo: “Il nostro No è motivato dal fatto che è un contratto scritto con l’inchiostro simpatico, è garantito da un assegno a vuoto”. Dai banchi di Forza Italia invece è Licia Ronzulli a lanciare la sfida al ‘forse alleato’ Salvini. La fedelissima di Silvio Berlusconi non ha dubbi, in questo governo “esploderanno le contraddizioni, emergeranno le incoerenze, si manifesterà l’incapacità”.
FI invece “rimarrà l’autentica interprete dei valori propri del centrodestra che per quanto ci riguarda non potranno mai, dico mai, essere valori negoziabili”. Anche Pietro Grasso ci va giù pesante criticando il governo, che sui diritti civili “inizia male, malissimo”.
Durante il dibattito interviene anche Umberto Bossi, mettendo in guardia il governo (che lui sostiene) sul reddito di cittadinanza: “È impensabile consegnarlo ai centri per l’impiego, che hanno solo poteri notarili. Non possono controllare una legge così costosa”.
E’ però quando prende la parola la senatrice a vita Liliana Segre il momento forse più commovente della seduta a palazzo Madama. “Un ringraziamento al presidente Mattarella che ha scelto come senatrice a vita una vecchia signora con i numeri di Auschwitz tatuati sul braccio”: parole che vengono succedute da un lungo applauso con i parlamentari che si alzano in piedi. “Non anestetizzare le coscienze”: è l’appello del simbolo vivente dell’Olocausto, che con l’umiltà dell’ultima arrivata non nasconde di essere pronta a rifiutare, “che oggi la nostra civiltà democratica possa essere sporcata da progetti di leggi speciali contro i popoli nomadi. Se dovesse accadere, mi opporrò con tutte le energie che mi restano”.
Segre dichiara il voto di astensione e tra l’applauso unanime dei senatori, anche da parte del governo, annuncia che valuterà “volta per volta le proposte e le scelte del Governo, senza alcun pregiudizio”, schierandosi e pensando “all’interesse del popolo italiano e tenendo fede ai valori che mi hanno guidata in tutta la vita”. Un momento di altissimo livello, che oggi in aula non ha trovato diversità di colore politico. (fonte Confcommercio)