«That’s the press, baby… – È la stampa, bellezza! E tu non ci puoi far niente! Niente!» è una delle battute cinematografiche più note di tutti i tempi.
La dice uno straordinario Ed Hutcheson – Humphrey Bogart alla fine del film di Richard Brooks Deadline – U.S.A. (in italiano: L’ultima minaccia) del 1952.
Mi è venuta in mente, e ho rivisto su You-Tube il relativo filmato, riflettendo sulle traversie di alcuni giornalisti negli ultimi giorni e in periodi recenti, come quella che ha visto coinvolto l’ ex Ministro Mario Landolfi, di FdI, che l’altro giorno ha piazzato un sonoro schiaffone sulla faccia di Danilo Lupo, giornalista de La7, in pieno centro a Roma.
L’episodio consente una riflessione in quanto non siamo, in questo caso, di fronte ad un gesto criminale come quello notissimo di Ostia dove, a novembre scorso, un esponente del clan camorristico Spada, infastidito dalle pressanti domande di un giornalista della Rai, nel mentre sembrava accondiscendente a rispondere, improvvisamente e con molta freddezza diede una capocciata sul naso del povero inviato, fratturandoglielo.
In quel caso si trattò di un vero e proprio episodio di violenza gratuita che, dal tenore della conversazione, nessuno si aspettava; sintomo, a mio avviso, di un comportamento malavitoso da parte di Roberto Spada il quale, se avesse minimamente riflettuto sulle conseguenze che il suo gesto avrebbero avuto, e che poi hanno effettivamente avuto, giammai avrebbe dato la capocciata al povero cronista, il giornalista Daniele Piervincenzi della Rai-Tv.
Il caso dello schiaffone dell’ex Ministro Landolfi, a mio avviso, è sostanzialmente diverso e, pure se è da condannare l’abnorme reazione di Landolfi che, non avrebbe dovuto assolutamente trascendere fino a quel punto, non si può non mettere in conto le regole della buona educazione che, purtroppo, sembrano essere mancate al malcapitato giornalista de La7, che ha insistito oltre ogni limite pretendendo dall’ex Ministro di parlare di vitalizi e pensioni dei parlamentari in una improvvisata intervista per strada: argomento serio e complesso che non può essere così trattato.
Prima dell’etica giornalistica, infatti, ci sono norme di educazione e di comportamenti che a nessuno, nemmeno ad un giornalista, debbono difettare; in sostanza, nella trasmissione fatta da Gilletti sul suo programma “Non è l’Arena” di domenica 22 aprile, è stato confermato che Landolfi non intendeva sottrarsi alla l’intervista, ma intendeva solo non farla per strada e aveva dato al giornalista anche un orario.
Sembra che Danilo Lupo, invece, la pretendesse immediatamente, e questo nemmeno a un giornalista è consentito, a meno che non si tratti di una caso di emergenza: solo in tale circostanza la cronaca di un avvenimento ha la priorità su tutto e va bene anche l’intervista per strada.
Tornando all’episodio di Ostia e della capocciata data da Roberto Spada al giornalista della Rai, è uno di quegli imperdonabili spropositi che mi porta a ricordare una analoga sciocchezza fatta da un altro noto personaggio collegato a un politico che in passato ha contato, e pure parecchio: parlo di Gianfranco Fini, rifondatore di una destra che dal tradizionale Movimento Sociale, sfociò poi in Alleanza Nazionale per confluire, poco dopo, nel berlusconiano calderone del P.d.L., scomparso dalla scena politica dopo aver bisticciato con Berlusconi: chi non ricorda la scena del dito indice col quale un sorridente Fini, comodamente seduto in platea, apostrofò l’inferocito Berlusconi che lo stava verbalmente maltrattando dal palco.
Fini, frattanto, aveva ricoperto importanti cariche politiche e istituzionali, dal dicastero del Ministero degli Esteri, alla Presidenza della Camera dei Deputati.
Ora Fini, si è quasi eclissato dalla scena politica; ma di tanto in tanto ricompare sulle prime pagine dei giornali non per suoi meriti, ma per demeriti di quel suo congiunto, cioè l’acquisito cognato Giancarlo Tulliani, il quale sembra implicato nella strana vicenda di una casa a Montecarlo, acquistata a buon prezzo, a quanto si sa, con i fondi dell’ex Movimento Sociale, all’epoca amministrati proprio dal partito che faceva capo all’On. Fini, poi rivenduta sembra a peso d’oro; ma la differenza tra la spesa e l’introito sembra sia sparita, tant’è che la magistratura romana ha in corso una indagine per riciclaggio di danaro, a carico appunto del Tulliani.
Gianfranco Fini, all’epoca ancora sulla cresta delle onde, assicurò di non saperne nulla e giurò sulla irreprensibilità e dirittura morale del cognato Giancarlo, assicurando che, se mai fosse venuto a galla qualche responsabilità del cognato, egli si sarebbe immediatamente dimesso da ogni incarico parlamentare e politico, cosa che non ha mai fatto.
Frattanto il caro Giancarlo aveva pensato bene di espatriare a Dubaj, dove sembra abbia vissuto una latitanza dorata trascorrendo giornate alquanto rilassanti e piene di agi, non mancandogli, nonostante la latitanza, sia i mezzi di sostentamento, sia la discrezione delle ospitali autorità degli Emirati Arabi Uniti.
Ma il nostro sembra aver preso tanto gusto a quel dorato soggiorno da dimenticare che fosse latitante, al punto che, intercettato, non si sa quanto fortuitamente, da una troupe di giornalisti italiani nell’aeroporto di Dubaj, alle pressanti richieste di rilasciare una intervista, il nostro, infastidito, pur di togliersi di torno i petulanti giornalisti, pensò bene di rivolgersi alla polizia la quale, a quel punto, non poté fare a meno di identificarlo e, scoprendolo latitante, arrestarlo e portarlo in gattabuia; e risulta che non sia stata l’unica volta, in quanto ci sarebbe anche un precedente di qualche anno prima.
Ora sembra che il nostro sia tornato a piede libero dopo aver pagato una congrua cauzione, e il futuro ci dirà se verrà concessa la estradizione, richiesta dalla magistratura romana proprio per il reato di riciclaggio.
Resta, però, lo sconcertante episodio di un delinquente che si dimentica di essere tale e si rivolge alla polizia per farsi proteggere da petulanti giornalisti.
In conclusione: l’episodio che ha coinvolto l’ex Ministro Landolfi sembra rientrare nella normalità; non mi sembrano comportamenti normali, invece, quelli di Spada e di Tulliani.