In tutta franchezza non se ne può più degli stancanti cerimoniali della politica, di sentire da un mese a questa parte le solite litanie circa le varie ipotesi di governabilità /ingovernabilità del paese, di ascoltare le analisi delle possibili alleanze tra i vincitori e i vinti delle elezioni del 4 marzo, alleanze fondate su interessi o aspettative comuni derivanti da identiche ideologie politiche, o su specifici interessi elettorali o di sopravvivenza nonché di convenienza a portare avanti questa XVIII legislatura, che tanti nuovi eletti non vorrebbero far cadere, con nuove elezioni e il conseguente rischio di non essere rieletti, o piuttosto che vorrebbero tornare quanto prima alle urne con la speranza (certezza?) non solo che tutti verranno rieletti ma, in più, che gli attuali partiti, già vincitori il 4 marzo scorso, otterranno ancora ulteriori consensi e quindi più parlamentari e maggiore percentuale che potrebbe addirittura portare il maggior partito, quello delle 5 Stelle, a governare da solo.
Dicevo che la stanchezza si fa sentire dopo una accesissima campagna elettorale, solo nominalmente durata un mese circa, ma effettivamente molto più lunga, che ci ha rotto l’ anima, il cervello … e pure qualcos’altro, la prosecuzione della stessa con questi rituali sinceramente è diventata insopportabile e quindi, al distacco e al fastidio di milioni di elettori dalla politica che chiede il voto, ora si sono aggiunti il distacco e il fastidio di tutti coloro che non ce la fanno più a sentire su tutte le reti televisive, e a leggere su tutti i giornali, tutti i santi giorni ipotesi, dichiarazioni, e quant’altro il cerimoniale del dopo voto prevede.
Già in precedenza ho avuto occasione di dire che il numero 4 alla politica italiana probabilmente porta iella, ovviamente agli sconfitti, ma non solo; 4 dicembre 2016 Renzi perse il “suo” referendum che decretò così di buttare nella pattumiera le grandi aspettative renziane. Le elezioni del 4 marzo 2018 hanno stravolto gli scenari della politica italiana: hanno decretato il crollo del PD dopo anni di successi; hanno riservato una maggioranza inaspettata ai 5Stelle, divenuto il primo partito italiano; hanno sancito il successo della Lega di Salvini dopo i crolli degli anni della gestione Bossi; hanno decretato il crollo del partito azienda Forza Italia che l’incartapecorito Berlusconi cerca di tenere a galla a suon di iniezioni di euro.
Poi il 4 aprile Mattarella ha iniziato, con tutta calma e senza mostrare troppo entusiasmo, le consultazioni le quali, se tanto mi dà tanto, saranno lunghe e difficili.
Infatti, nonostante tutti dicono di aver vinto, ad eccezione del PD, nessuno riesce a governare giacché a tutti occorre un alleato, il quale purtroppo non si trova.
Effetto del fattore 4? Chi sa!
E intanto il popolo che corre, che si dà da fare, che si arrabatta per portare a casa i pochi soldi per sopravvivere quotidianamente, tra le preoccupazioni per sbarcare il lunario, pagare le bollette, destreggiarsi tra i trabocchetti della quotidianità, fare i salti mortali nella giungla di questa infame società, che vede pochi migliaia di “vincitori” e molti milioni di vinti, si deve pure sorbire gli aurei rituali della politica politicante, sentire i vari telegiornali e talk serali che rompono testa e quant’altro con stesse chiacchiere e baggianate, e magari sorbirsi pure, graziosamente seduti sui comodi divani d’epoca, con le gambe garbatamente ripiegate l’una sull’altra, sotto dorate specchiere di storica memoria, o antichi preziosi dipinti che al “popolo sovrano” è riservato solo di ammirare in Tv, personaggi che sembrano parlare dei massimi sistemi ma con il distacco di chi sembra non fregarsene più di tanto, e magari anche personaggi che, nonostante innumerevoli condanne dalle quali è scaturita la perdita dei diritti civili, vengono amabilmente ricevuti dal Capo dello Stato che li intrattiene in amabili conversazioni; personaggi impresentabili che, all’uscita, ricevono anche il saluto dei corazzieri che presidiano le auree porte.
Qualche anno fa il mio amico Alino Milan, che quotidianamente al mattino intratteneva i radioascoltatori dopo il radiogiornale, leggendo e commentando i giornali, usava concludere la trasmissione con un sonoro e liberatorio “ma chi se ne frega!”; che nell’entusiasmo del lavoro, raddoppiando foneticamente qualche sillaba, diventava un simpaticissimo “Ma cchi se nne fregaaa!”
E’ la stessa frase che gli scocciati telespettatori serali, stanchi della giornata di lavoro e dì affanni, con la mente già proiettata al lavoro e agli affanni della giornata successiva, sonoramente urlano verso l’illuminato teleschermo e verso i personaggetti che lo riempiono: “Ma cchi se nne fregaaa!”
Purtroppo, però, questa frase liberatoria, quasi una imprecazione, quei personaggi non la sentono: probabilmente la sentiranno quando conosceranno i prossimi responsi delle urne.