Il Capo della Stato non ha la bacchetta magica; né l’improvvisazione fa parte del bagaglio politico e culturale del Presidente Sergio Mattarella. Perciò, non è fuori da ogni ragionevole aspettativa immaginare una lunga fase di consultazioni, al Quirinale, prima del conferimento dell’incarico per la formazione del nuovo Governo.
E’ comprensibile la fretta, per non dire smania, di Luigi Di Maio e di Matteo Salvini di mettere all’incasso i risultati elettorali conseguiti dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega. Sul loro percorso verso l’ingresso a Palazzo Chigi ci sono più ostacoli da superare.
Il primo riguarda il rapporto con i loro elettorati, nel senso di convincerli della necessità di ridimensionare le promesse fatte prima del 4 marzo difronte ad una prospettiva di governo da convenire con coloro che erano stati dipinti come nemici da abbattere o da fermare.
Il secondo ostacolo discende dalla aritmetica parlamentare che consente maggioranze numeriche, ma politicamente problematiche.
Per superare quota 316 nell’aula di Montecitorio e 161 in quella di Palazzo Madama le addizioni utili hanno per addendi M5S e centrodestra le cui somme danno 487 per la Camera e 246 per il Senato. Le varianti possibili sono M5S più Lega con 347 e 167, centrodestra più PD con 376 e 189 ed, infine, M5S più PD con 333 e 161, la cui soluzione potrebbe beneficiare dell’apporto di LEU.
E’ fuori gioco per insufficienza numerica l’ipotesi di un Nazzareno bis tra PD e FI, perché insieme, senza apporti esterni, fanno 215 e 113.
Il terzo ostacolo, di natura psicologica piuttosto che politica, è rappresentato dalla supponenza del vincitore che fiuta la possibilità di un ulteriore risultato positivo alle regionali di Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige del 29 Aprile, 20 e 27 maggio da mettere sul piatto delle trattative. Si tratta di una scommessa che ci può stare nelle corde di Salvini.
Il quarto problema che incombe sulle possibilità di dare vita ad una maggioranza di governo è la tentazione esternata da Di Maio di confrontarsi su singoli argomenti, recuperando voti in Parlamento da più fonti e caso per caso senzaalcuna condivisione di idee e di regole che ne attualizzano i contenuti nella società reale. E’ un modo di tirare a campare, già visto in altra epoca, o di rilanciare al buio in una mano di poker.
“Per dialogare è necessario abbassare le difese ed aprire le porte, perché dialogare non è negoziare, né raccattare consensi senza condividere progetti” di vita e di comunità. Si tratta una traiettoria che va al di là della politica contingente, tratta dall’insegnamento del “monaco del mondo” dei padri dehoniani.
Al momento, c’è solo un avvio di dialogo tra Salvini e Di Maio, sotto esame da parte di FI ed ignorato dal PD. Sui media le parole delle convenienze stanno prevalendo sul senso di responsabilità che viene richiesto per aprire bene la Legislatura. Certamente non tocca al Presidente della Repubblica imporne le assunzioni che competono alla cultura ed al coraggio di ciascuna forza politica: può lavorare per facilitarne il dialogo, ma non è nelle sue prerogative fare uscire il candido coniglio dal cappello.
Sim sala bim.