E’ ancora nebulosa, e non potrebbe essere diversamente, la situazione politica post-voto. Per l’elezione dei presidenti delle due camere. Per il nuovo Governo. Si parla, si parla, ma è tutto in alto mare.
Nel centrodestra, intanto, Berlusconi e Forza Italia trasudano insofferenza nei riguardi di Salvini, il quale ha indubbiamente tolto la leadership politica al Cavaliere dopo venticinque anni. E non va giù l’ipotesi, appena ventilata in verità, di un accordo di governo Lega-M5S.
Salvini, è evidente, ha il gioco in mano, ma deve stare attento a come dà le carte. Deve restare lucido se non vuol finire come l’altro Matteo, anche se con modalità diverse. Insomma, la coalizione del centrodestra va salvaguardata e non buttata a mare. Farlo potrebbe essere un errore esiziale per il leader leghista. Salvini conta ora soprattutto quale maggiore azionista del centrodestra. E questa circostanza non è per nulla secondaria.
Detto ciò, cosa ci riserverà il futuro politico-istituzionale è davvero difficile prevederlo. Di sicuro, però, non avremo un centrodestra dominato dalla personalità politica di Berlusconi. Anzi, il belusconismo ha ormai accentuato la sua parabola discendente. E con esso finisce il miraggio liberista.
Gli italiani con l’ultimo voto hanno detto no, in modo inequivocabile, alle teorie liberisti, allo sviluppo economico con meno tutele per i lavoratori e i più deboli, alla crescita che poggia sulle sperequazioni economiche e sociali. In altre parole, più pubblico, più Stato e meno privato. Allo stesso modo, hanno detto non ad un’Europa mercantile e non fondata sui popoli. Così come hanno chiesto più sicurezza, più ordine, più moralità, più equità.
Questo e altro è quanto vogliono gli italiani. Ed è con questo che le forze politiche devono fare i conti. Inutile esorcizzare e liquidare tutto ciò con il disprezzo e la sicumera di definizioni come quelle di populismo e sovranismo. Gli elettori, con i loro limiti e con quelli di una legge elettorale a dir poco bislacca e truffaldina, si sono espressi in modo assai chiaro ed inequivocabile. La cosa può piacere o meno, può non essere condivisa e apprezzata, ma se si crede alla democrazia, una siffatta volontà popolare va rispettata, compresa e politicamente metabolizzata, e non, al contrario, criticata, svilita, osteggiata e rubricata come una demagogia a buon mercato che risponde esclusivamente alla pancia degli italiani.
Il Pd e Forza Italia, in primo luogo e più degli altri, se ne facciano una ragione e si attrezzino, partendo solo in parte da posizioni e presupposti politico-culturali diversi, per mettersi in sintonia con le aspettative della maggioranza del Paese. Diversamente, per loro, più che attraversare il deserto si prospetta il triste destino di imboccare la strada per la perdizione dell’inferno.