Gli ultimi attentati notturni, al Mobilificio di Santa Lucia ed al fabbricato di Via Vittorio Veneto, non sono certamente le prime che si verificano in città; periodicamente i “bombaroli” tornano alla carica, basta leggere la cronaca degli ultimi anni per rinfrescarci la memoria.
E sebbene tutti tentino di minimizzare, anche per la stranezza del secondo, destano non poche preoccupazioni: sono il sintomo di qualche malessere della città di Cava la quale, sebbene dichiarata tranquilla da tanti, è inserita comunque in un contesto territoriale nel quale fenomeni di tale specie sono piuttosto frequenti. E chi organizza una azione del genere non può essere etichettato come piccolo o improvvisato delinquente; dietro una bomba v’è quasi sempre la delinquenza organizzata.
Magari chi materialmente ha piazzato gli ordigni può anche essere un manovale il quale, in considerazione del momento economico, cerca di sbarcare il lunario come può; ma è certo che, dietro di lui, c’è altra delinquenza.
E’ fuor di dubbio, quindi, che l’esplosione di una bomba è sempre un fatto criminale e desta grande preoccupazione: quella di due bombe a distanza di una notte ne desta ancora di più, anche per la stranezza della seconda in Via Veneto: a cosa può mirare chi ha ordinato di piazzare l’ordigno dinanzi al portone di un fabbricato nel quale non risultano residenti né delinquenti (nei confronti dei quali potrebbe essere una intimidazione), né grandi imprenditori (nei confronti dei quali potrebbe configurarsi un avvertimento, anche se in genere queste azioni colpiscono le sedi aziendali)? Pertanto l’attentato di Via Veneto è quello che maggiormente preoccupa.
Tanto premesso, questa volta non sono d’accordo né con il Sindaco Servalli, e nemmeno con l’avv. Alfonso Senatore che, in tema di sicurezza cittadina, sono da sempre su fronti opposti.
Il Sindaco Servalli tenta di minimizzare, e si dichiara sdegnato per qualche commento proveniente da critici e detrattori; l’avvocato Senatore, da sempre critico verso questa amministrazione, invoca il “daspo urbano” previsto dal recente decreto Minniti, il che sta a significare che entrambi sembrano completamente “in pallone”.
Un pubblico amministratore, pure se istituzionalmente portato a tranquillizzare la cittadinanza, non può sottovalutare episodi di tale gravità, né appellarsi solo alla collaborazione vaga delle forze dell’ordine tra le quali, è opportuno ricordare, è annoverata anche la polizia locale, né incentrare il discorso sulla carenza o potenziamento degli strumenti di videosorveglianza; nel caso specifico di Via Veneto gli strumenti di videosorveglianza, sebbene privati (probabilmente proprio per questo!), hanno funzionato tant’è che sono state individuate due figure che avrebbero collocato l’ordigno dinanzi al portone; non è certo che se ci fossero state anche videocamere pubbliche, queste avrebbero dato qualche risultato migliore, anche in relazione alla circostanza che tutto ciò che è pubblico funziona, quando funziona, a scartamento ridotto.
Sul canto opposto non vedo cosa c’entri il provvedimento del cosiddetto “daspo” nei casi specifici, considerato che esso è applicabile a individui bene evidenziati e, in particolare, per contrastare il fenomeno dell’accattonaggio e incentivare le amministrazioni comunali a intervenire in favore del decoro urbano contrastando tutto ciò che ad esso è contrario.
Il problema, come più volte abbiamo evidenziato, è dato dal mancato controllo del territorio cittadino, assolutamente carente in quanto esso non viene effettuato né in maniera automatica (telecamere e dispositivi analoghi), né, purtroppo, con i sistemi tradizionali, vale a dire affidato alla sorveglianza delle persone, che siano appartenenti alle forze dell’ordine, cittadini attivi, singoli o raggruppati in organizzazioni di vigilanza; circa un anno addietro proprio Alfonso Senatore si rese promotore di una iniziativa del genere, che sembra non abbia sortito grandi risultati, in zona Sant’Anna.
Più volte si è parlato, purtroppo inutilmente e senza concretezza, dei poliziotti di quartiere, e solo sporadicamente qualcuno di essi si è visto, almeno nelle strade del centro cittadino, per poi subito scomparire; il poliziotto di quartiere può risolvere i problemi del controllo effettivo del territorio: se la sua istituzione fosse fatta in maniera seria, e il servizio diventasse stabile e continuativo, certamente porterebbe rilevanti benefici, specialmente se i poliziotti fossero sempre gli stessi: entrerebbero nel tessuto sociale del quartiere, riceverebbero segnalazioni di sospetti ed eventuali altre confidenze da parte dei cittadini, diventerebbero istituzionalmente ciò che l’avv. Senatore aveva intenzione di fare con la sua Associazione di Sant’Anna.
Queste mie osservazioni sono dettate più dal buon senso che dalla esperienza diretta nel settore; e il buon senso mi induce ad associarmi a coloro che invitano tutte le componenti politiche e amministrative cittadine a fare rete, collaborare tra loro nel comune interesse di contrastare il fenomeno, tenendo presente qualche principio basilare, derivante dai buoni risultati ottenuti all’epoca dell’amministrazione Gravagnuolo: prima di tutto il tema della sicurezza non appartiene né a schieramenti di destra né di sinistra; la sicurezza del cittadino è una esigenza basilare, sempre più sentita, e va fatta senza etichettarla politicamente.
Secondo: la sicurezza va fatta anche con il controllo capillare, attento e continuo del territorio, affidato principalmente alle forze dell’ordine, ma se c’è la collaborazione dei cittadini, singoli o riuniti in associazioni, ben venga.
Terzo argomento: nessun amministratore può escludere la collaborazione di chicchessia, e specialmente di coloro che sono diventati esperti del settore avendo già dato, in precedenti circostanze, prove di affidabilità e ottimi risultati.
Basta, quindi, con bizze e ripicche: non è più tempo giacché il superiore interesse del cittadino è di sentirsi sicuro in casa e per strada.
Una chiosa finale: chi può escludere che i due ultimi attentati non abbiano il fine di attestare che anche la città di Cava non è più una isola felice, come si è tentato di far credere, e non è immune da assidue presenze criminali, e che, pertanto, tutti i settori produttivi si dovranno rassegnare alle relative conseguenze?