E’ un gesto di misericordia apprezzabile e condivisibile, quello compiuto dal Sindaco metelliano di accogliere l’invito a dare sepoltura nel civico cimitero ad una delle sventurate donne migranti sbarcate ormai morte nel porto di Salerno.
E’ il minimo che possa fare, per quanto laico, il primo cittadino di una comunità che, almeno sulla carta, si professa cattolica, quindi, si presuppone ben pronta e disponibile alla cristiana accoglienza e lieta nell’essere partecipe dell’altrui sofferenza.
D’altro canto, il sindaco Servalli non è nuovo a questi slanci di umanità. Qualche mese fa, aveva dato la propria disponibilità, e quella dell’Amministrazione comunale di cui è alla guida, ad accogliere diverse decine di migranti in città. Un gesto che gli era costato e tuttora gli costa non poche e, in qualche caso, anche veementi critiche e violenti attacchi, soprattutto sui social.
Insomma, il sindaco Servalli e la sua Amministrazione meritano più di una critica per come governano la città, ma su questo aspetto vanno lodati e sostenuti per le scelte che hanno compiuto sul tema dell’accoglienza dei migranti. Nello specifico, i cavesi possono essere fieri del loro primo cittadino e, in generale, degli attuali amministratori, compresi buona parte di quelli seduti tra i banchi dell’opposizione.
Purtroppo, anche in una vicenda così triste e dolorosa come questa delle ventisei donne giunte morte a Salerno, non sono mancate dichiarazioni politiche che vanno dalla polemica strumentale a qualche becero tentativo di sciacallaggio politico. La verità è che in certe situazioni è assai consigliabile il silenzio, almeno quello dovuto al rispetto per chi non c’è più.
Certo, ciò non vuol assolutamente dire negare l’evidenza, e cioè che quello delle migrazioni costituisce un problema serio e di vaste proporzioni. E che porta con sé difficoltà e preoccupazioni di vario genere e natura, ma che spesso rivela anche quanto ci sia di sbagliato e inadeguato nella nostra capacità, sia come italiani che come europei, di saper gestire la situazione e governare in modo accettabile i flussi migratori.
Detto ciò, è inutile ma soprattutto dannoso e fuorviante creare allarmismi sciocchi nonché prospettare soluzioni semplicistiche e fuori luogo. La verità è che le migrazioni non sono un’emergenza come la si vuole far credere, per il semplice motivo che esse accompagneranno per un bel po’ dei prossimi decenni la vita del nostro pianeta. Dobbiamo, in altri termini, rassegnarci a convivere con esse, o se preferite, dobbiamo abituarci a convivere con gli “altri”. E riconoscere, una buona volta, che quello migratorio è un fenomeno globale; non riguarda cioè, anzi, meglio ancora, non è per nulla una prerogativa del solo Mediterraneo e del nostro Paese in particolare.
Al riguardo, tornerebbe assai utile e illuminante leggere i numeri che emergono dal rapporto del World Economic Forum su “Migration and its impact on cities”, il quale, come evidenzia Francesco Cancellato in un suo articolo su LINKIESTA, “smonta un bel po’ di luoghi comuni”, cominciando dal dover prendere atto che “le migrazioni non sono un’emergenza, ma una tendenza inesorabile e inevitabile che sta cambiando il modo in cui abitiamo il pianeta”.
Questo vuol dire che dobbiamo cercare di attrezzarci per affrontare nel migliore dei modi i flussi migratori e non certo tentare di opporci creando improbabili muri, solleticando gli egoismi nazionali e personali e facendo lievitare le paure con ragionamenti insulsi, atteggiamenti volgari e, a volte, persino aggressivi, intrisi come sono finanche di odio razziale e xenofobo.
In conclusione, non è una questione di buonismo tout court, bensì di buon senso e della necessaria dose di sano pragmatismo nell’affrontare il problema migrazioni.
In fondo, deve emergere e maturare in ciascuno di noi la consapevolezza che voler opporsi in modo isterico e nello stesso tempo proporre soluzioni semplicistiche oltre che miracolistiche e risolutive, equivale né più né meno alla stolta pretesa di svuotare l’oceano con il secchiello!