Gli orti della Costiera: il “piccolo paradiso” di Michela a Marmorata di Ravello
Ci sono persone che vivono in simbiosi con l’ambiente in cui hanno passato larga parte della propria vita, in una apparente “solitudine”, sospese tra il mare sottostante e il cielo. Caso particolare, la signora Michela Mansi Natella, con l’aiuto del marito Pietro, si prende cura del suo fondo agricolo di Marmorata di Ravello.
Solo per arrivarci è un’ impresa non facile, bisogna fare 150 scalini in verticale, si mettono a prova i polmoni e le gambe ma giunti alla fine della “scalata” ci attende la signora Michela con il suo solare sorriso e il suo buon umore di contadina doc: una vita trascorsa in un giardino, dove sono presenti tutte le tipologie di colture della Costa d’Amalfi: il limone, gli ulivi e le viti, i carrubi, i fichi d’india e la macchia mediterranea. Il giardino della signora Mansi è costituito dai tipici terrazzamenti della Costiera, curati con grande passione.
Le stagioni si succedono e cosi pure l’impegno quotidiano, assoluto che richiede una dedizione esclusiva. Giunti alla terrazza dell’abitazione della famiglia Natella, lo sguardo è attratto dal mare sottostante, dalla piccola baia di Marmorata, ricca una volta di pesci e ora invece affollata di cabinati e piccole imbarcazioni da diporto che sostano in questo magnifico specchio d’acqua. Ma poi si entra nell’agrumeto curato con dedizione da Michela, che seguendo le orme del padre Tito e della mamma Maria Aceto, effettua i lavori di potatura e piegatura dei limoni compreso la loro copertura effettuata (insieme a Pietro, suo marito) per difenderli dalle piogge e dalle grandinate. Forse Michela non lo sa ma lei fa parte ancora di un’agricoltura “eroica”, quando gli abitanti della costa “rubavano” alle montagne il terreno zolla a zolla per costruirvi le famose macere e i terrazzamenti che dal mare si spingono in verticale fino ai monti.
I genitori della signora Michela, Maria e Tito, lavoravano da mattina a sera, e dalla fatica del giardino, dalla vendita dei limoni, dalla raccolta delle olive e da quella dell’uva traevano il sostentamento per tutta la famiglia. La mamma, ci dice Michela: “Provvedeva all’orto e gli ortaggi che ne ricavava li portava a Minori dall’ortolano e con il ricavato faceva la spesa per tutta la settimana”.
Altri tempi, le cose sono cambiate; la terra non costituisce un reddito per chi ci lavora. E continua: “Ogni giorno curo il limoneto e la vigna. Non c’è un momento di riposo, ogni stagione ha le sue incombenze, ora si fa la raccolta delle olive poi c’è la copertura dei limoni.”
Nell’orto la signora Mansi passa lunga parte della giornata, piantando insalate, finocchi, broccoli, rape, cavolfiori, tutte le verdure della dieta mediterranea. Ma il “lavoro” continua anche in cucina e da buona contadina non spreca nulla della frutta del suo frutteto, confezionando marmellata di arance, prugne mele, albicocche, limone, melanzane e cipolline sott’olio, pomodori secchi, però ci dice dubbiosa: “Non so se dopo di noi questo fondo avrà un futuro, visto che i giovani cercano il loro avvenire altrove perché non sono disposti a fare i sacrifici che hanno fatto i miei genitori e che adesso facciamo noi”.
Di certo è un peccato, perché i giardini della costa fanno parte integrante di un territorio unico per la bellezza e le suggestioni che esercitano, Se i contadini-giardinieri, quei pochi che sono rimasti abbandonano i piccoli fondi allora non è solo in pericolo la (residua) agricoltura, ma sono a rischio anche le attività turistiche strettamente legate a filo doppio alla bellezza paesaggistica storica e culturale della Costa d’Amalfi. Forse, una sinergia tra mondo turistico e quello contadino può essere la chiave di volta della soluzione del problema.
Questo può invogliare i giovani a non cercare fortuna altrove, ma valorizzare al massimo la bellezza del territorio per creare lavoro e imprese… Allora forse anche il “piccolo paradiso” di Michela si può salvare.