L’estate del 2017 sarà ricordata, a pieno titolo, tra quelle più calde di sempre. Soprattutto al Centro e al Sud del Paese. Le ultime piogge risalgono a fine marzo, e da quel momento in poi il progressivo aumento delle temperature e le sette ondate di caldo hanno trasformato la stagione primaverile e quella estiva in una vera e propria prova di sopravvivenza.
Fatta eccezione per gli alberi di alto fusto come, ad esempio, querce e noci, un po’ tutte le piante hanno patito le temperature alte, e molte di queste senza apporti idrici non ce l’avrebbero fatta. Anche gli olivi sono stati messi a dura prova con conseguente impatto negativo su quella che sarà la produzione di olio.
C’è un albero, però, che nonostante le avverse condizioni meteorologiche continua a tirare dritto. Come se niente fosse. Nemmeno una foglia secca. Lui è rimasto lì, impassibile, a sfidare il sole cocente.
E’ l’ailanto (anche detto “albero del Paradiso”) importato dalla Cina nel Settecento, per poi essere inserito qua e là nei giardini e utilizzato anche lungo le nostre arterie stradali. Si ignorava, però, che quest’albero, in grado di raggiungere in due-tre anni l’altezza di 5-6 metri, ha una grande capacità di riprodursi grazie ai numerosi e leggeri semi che produce, di occupare ogni spazio a svantaggio di altre specie vegetali e di attecchire praticamente ovunque.
Un colonizzatore unico, insomma, che quasi unanimemente è giudicato come una pianta infestante da combattere, anche in ragione dei danni che con le robuste e lunghe radici provoca a monumenti ed edifici storici.
E’ una battaglia dura (quasi impossibile) da vincere, perché l’ailanto difficilmente si lascia sopraffare. Occorre rimuovere i giovani esemplari, estirpandone anche la radice, e procedere con tagli drastici degli esemplari adulti. Se è necessario, bisogna ricorrere ai rimedi chimici.
Nel mio giardino della Carcarella due giovani ailanti hanno messo tenda su un terrapieno con pareti pressoché verticali, che contribuiscono a rendere stabili.
Insomma, non tutti gli ailanti vengono per nuocere.