Non ricordo di aver scritto, fino ad oggi, dell’amicizia che lega Papa Francesco ed Eugenio Scalfari, l’uno il capo della Chiesa di Cristo, l’altro grande giornalista, fine scrittore, che ha orientato per un cinquantennio una parte della politica e dell’economia del paese, ma anche ateo dichiarato il quale, però, crede in Gesù Cristo come uomo, apprezzandone la vita, la predicazione, gli esempi, e piangendo la Sua morte per la salvezza dell’umanità.
Un’amicizia inconsueta, che si spiega solo per la grande umanità di Papa Francesco, per la sua disponibilità al dialogo con tutti, specialmente gli “uomini di buona volontà” i quali, pure se non si professano cristiani, fondamentalmente lo sono se per cristiano, allargando il significato del termine, si intende colui che si ispira a Cristo, agisce secondo gli insegnamenti di Cristo, e così facendo, pure intestardendosi a professarsi ateo e non credente, in fondo in fondo lo è più di tanti che, pure professandosi tali, se ne collocano a distanza abissale.
Il Papa viaggia incessantemente per rendere testimonianza del Dio unico, Creatore del pianeta e dell’Universo, e di ciò ha fatto il centro del suo pontificato, con una serie infinita di insegnamenti, tra i quali affratellamento di tutte le religioni e di quelle cristiane in particolare, l’amore verso i poveri, i deboli, gli esclusi, gli ammalati, la pace e la giustizia.
In questa filosofia si inquadrano le continue raccomandazioni di Papa Francesco ai potenti della terra di non trascurare il clima, salvaguardare la terra, occuparsi degli ultimi e dei migranti, risolvere le sanguinose guerre che stanno destabilizzando e insanguinando interi continenti e che sono una delle cause degli esodi di centinaia di migliaia di persone verso l’Italia e l’Europa, di evitare di costruire barriere tra popoli e culture ed impegnarsi a costruire ponti per evitare di avviare l’umanità verso scenari catastrofici.
Invece Eugenio Scalfari da anni predica, invano, per una svolta dell’Italia e dell’Europa da rifondare su basi di maggiore concretezza, di collaborazione, di unione di più stati un una federazione europea alla stregua degli Stati Uniti d’America, con una sola politica, una sola economia, un solo esercito: una guida unica per saldare in una sola potenza economica tutti gli Stati che già oggi fanno parte dell’UE.
Due utopie? Può darsi, ma da tante utopie nel tempo sono sorte realtà eccellenti, e spero che anche quelle di Papa Francesco e di Eugenio Scalfari possano essere fonte di radicali e benefici cambiamenti per l’intero mondo, e per la nostra Europa e il nostro Paese.
Mi affascina e mi stimola questa amicizia e tutto ciò che ne consegue: le interviste, gli interessi dell’uno per la salute dell’altro, i relativi consigli che reciprocamente si danno, ma ancor più le profonde disquisizioni teologiche, filosofiche e storiche che essi fanno.
Cosa si dicono Papa Francesco e Eugenio Scalfari? Basta leggere gli articoli dello stesso Scalfari su “La Repubblica” per soddisfare la curiosità, e vi assicuro che ne vale la pena.
D’altronde i discorsi tra i due non si discostano, sul piano pratico, da ciò che Papa Francesco continuamente predica e da quello che Eugenio Scalfari continuamente scrive.
Parole al vento? Non credo.
I grandi cambiamenti avvengono velocemente a seguito di eventi drammatici, come le guerre; o più lentamente mediante annose trattative, costanti pressioni, coinvolgimenti di tante esperienze e culture diverse, che, poco per volta, si integrano.
L’esempio degli Stati Uniti d’America è illuminante; dopo due sanguinose guerre, per l’indipendenza e per l’unione, e dopo tante aperture verso etnie diverse, come quella africana, ancora oggi, nonostante i passi da gigante fatti, i fermenti del razzismo sono presenti, e il nuovo Presidente ne è, purtroppo per tutti, il maggiore esempio in quel grande Paese.
Ma il faro della speranza, per l’intero mondo, è proprio Papa Francesco; più modestamente, per l’Italia e l’Europa, lo è Eugenio Scalfari.
E mi piace concludere con le ultime parole di Scalfari nel suo articolo del 6 luglio: “Ho scritto spesso che Francesco è un rivoluzionario. Pensa di beatificare Pascal (*), pensa ai poveri e agli immigrati, auspica un’Europa federata e – ultimo ma non ultimo – mi mette in macchina con le sue braccia. Un Papa come questo non l’abbiamo mai avuto”.