LA FINESTRA SUL CORTILE Fra Gigino for sindaco di Cava de’ Tirreni? E perché no?
Non è la prima volta, e forse non sarà neanche l’ultima, che fra Gigino Petrone, già priore del convento francescano, manifesta l’intenzione di candidarsi a sindaco della città.
L’ultima sua uscita è di qualche giorno fa, con un post su Facebook, dove lamentando di non “contare più nulla per i miei superiori” e “che per la curia non servo”, “non sono guardiano e non sono responsabile di nulla”, annuncia l’intenzione di valutare la possibilità di candidarsi a sindaco di Cava de’ Tirreni. Immediate le reazioni e non solo sui social…
Certo, se queste sono le premesse, non è che ci sia da stare molto allegri. Ad ogni modo, una domanda sorge spontanea: lo fa per celia, è una minaccia o davvero una sua, peraltro legittima, quanto malsana aspirazione? Mah, lo sa solo lui e, per chi ci crede, il Padre Eterno.
In tutta onestà, a fra Gigino verrebbe da dire, prendendo in prestito da Totò, “ma mi faccia il piacere!”. E’, tuttavia, preferibile come sempre ragionare con freddezza, sforzandosi di valutare con ponderatezza e in tutti i suoi aspetti questa vocazione politica.
Diamo allora per veritiera e sincera l’aspirazione di fra Gigino di candidarsi a primo cittadino metelliano. In questo caso, non sarebbe il primo sacerdote che nel nostro Paese ha avuto una pensata del genere e che in politica ci sia poi entrato per davvero. Il precedente italiano più nobile e di prima grandezza, ma siamo in un’altra Italia, quella dei primi anni del secolo scorso, è quello di don Luigi Sturzo: prosindaco di Caltagirone, consigliere provinciale a Catania, poi fondatore e segretario politico del Partito Popolare Italiano, dalle cui ceneri nacque la Democrazia Cristiana di Alcide de Gasperi, quindi senatore a vita della Repubblica.
Più recente, invece, fu verso la fine del secolo scorso l’esperienza di un altro nome di spicco, don Gianni Baget Bozzo, che divenne europarlamentare socialista.
Altri tempi, comunque, e soprattutto gente di altro spessore, ovviamente.
Tornando a fra Gigino, potrà davvero candidarsi a sindaco? Sì, ma a certe condizioni poste in particolare dal diritto canonico, nonché dalle leggi dello Stato in tema di eleggibilità a primo cittadino.
Per la Chiesa, infatti, “è fatto divieto ai chierici di assumere uffici pubblici, che comportano una partecipazione all’esercizio del potere civile”. Questo vuol dire che fra Gigino verrebbe sospeso a divinis: non potrebbe dire più la messa e officiare i sacramenti, anche se formalmente resterà un sacerdote. Per farla breve, stando a quello che ha scritto fra Gigino nel suo ultimo post, la sua entrata nell’agone politico farebbe felice i suoi superiori e la curia che, in questo modo, vedrebbero d’incanto risolto un problema, quello appunto rappresentato da fra Gigino.
E per lo Stato? Non è eleggibile a Sindaco di un Comune quanti nel relativo territorio “esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci”. Ed è sufficiente, in questo caso, come statuito da una pronuncia della Cassazione del 1997, la dispensa vescovile da ogni servizio ministeriale.
Ad ogni modo, assodata la possibilità di essere candidato a sindaco, al nostro frate francescano, se non vuole essere oggetto di sberleffi e barzellette, restano due strade: non parlarne e scriverne mai più oppure la scelta di candidarsi per davvero. Con tutto quello che ne consegue.
Si misurerebbe così con problemi assai più complessi di quelli di ricostruire un edifico religioso. Dovrebbe misurarsi con il rispetto formale e sostanziale delle leggi dello Stato, a cominciare da quelle sulla contabilità, sulla finanza pubblica e via via fino a quelle sulla trasparenza. Dovrebbe misurarsi con la complessità e delicatezza dei pubblici appalti, confrontarsi con la macchina amministrativa comunale, relazionarsi con la generalità dei cittadini, portatori di interessi diversi e contrastanti, e non più con fedeli osservanti e ossequiosi… E poi dovrebbe misurarsi con la politica, con i suoi riti, i suoi difetti, le sue storture e con il personale politico che non potrebbe scegliersi alla stessa stregua con cui sceglie le statuine dei pastori per il presepe…
Insomma, ne avrebbe di gatte da pelare. Forse, dopo poco, rimpiangerebbe la quiete del convento, l’odore dell’incenso, le melodie dei salmi…
E se fra Gigino si trovasse, invece, talmente bene con la fascia tricolore? Probabile. E se riuscisse pure a fare bene come sindaco? E perché no!? Anzi, magari. In fondo, molto cinicamente, come diceva qualcuno che se ne intendeva di governo e di gestione del potere, non importa se il gatto sia rosso o nero, l’importante è che acchiappi i topi.
Per questo a fra Gigino, non conoscendo le sue reali intenzioni, chiediamo sul tema di astenersi da mettere post sui social o di rilasciare interviste, tanto servono solo a fare un po’ di folclore, e, se proprio è sua intenzione, di rompere gli indugi e candidarsi a sindaco per davvero. In altre parole, faccia vedere quali sono le carte che ha in mano, e dia inizio al gioco. Solo così i cavesi potranno poi avere la concreta possibilità di valutare e decidere se la candidatura a sindaco di fra Gigino per la città rappresenti l’inizio della fine o di nuova e bella stagione.
A conti fatti, forse perderemo un frate e guadagneremo un sindaco, o forse perderemo solo un frate e basta. Chissà… Ai cavesi, in ogni caso, converrebbe. Comunque.