Con l’articolo 32 della Costituzione, la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Infatti il primo comma recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Ovviamente tale garanzia di tutela va esercitata in tempi accettabili: purtroppo, in molte strutture pubbliche, questa garanzia è un’utopia e si scontra con lunghe liste di attesa che penalizzano i pazienti, rinviati spesso di mesi.
Parte di questi ritardi sono causati anche dai medici di base, molti dei quali, ad una semplice richiesta dei pazienti, per evitare seccature, prescrivono immediatamente analisi di laboratorio, che poi forse nemmeno leggeranno, e successivamente la visita specialistica presso una struttura pubblica o, a richiesta del paziente, presso privati, cosa sempre meno frequente in quanto il paziente preferisce pagare il ticket della struttura pubblica per evitare onerose parcelle di privati, spesso pagate senza nemmeno ricevere la fattura.
Tale meccanismo porta, come conseguenza, il proliferare di richieste di visite presso strutture pubbliche (anche per casi che potrebbero essere facilmente risolti dai medici di base) con la conseguenza delle liste di attesa che si allungano ai danni di quei pazienti che hanno necessità di un’assistenza più celere.
Ma non tutti sanno che in Italia esiste un “Piano nazionale di governo delle liste d’attesa – PNGLA”, elaborato dal governo, d’intesa con gli Enti locali, risalente a qualche decennio addietro, rinnovato per il triennio 2016/2018.
In esso sono stabilite le priorità e i tempi massimi entro i quali il Servizio Sanitario Nazionale deve erogare esami, visite specialistiche, ricoveri ospedalieri e interventi chirurgici.
Tale piano prevede quattro priorità temporali che devono essere indicate dal medico di base già sull’impegnativa utilizzando le lettere U (dà diritto al cittadino ad ottenere l’erogazione della prestazione con urgenza entro 72 ore), B (prestazioni che devono essere fornite in tempi brevi, al massimo 10 giorni) , D (prestazioni differibili, di prima diagnosi, da erogare entro 30 giorni se si tratta di visite o entro 60 giorni se si tratta di esami strumentali) e P (prestazioni programmate, al massimo entro 180 giorni).
Nel Piano nazionale di governo delle liste d’attesa vengono individuate 58 prestazioni, il cui tempo massimo d’attesa va garantito almeno al 90% dei cittadini che ne fanno richiesta, con particolare riferimento agli esami strumentali, da erogare entro 60 giorni: tra essi rientrano anche le TAC, al torace, all’addome, al capo, al rachide e al bacino.
Tra gli esami strumentali che vanno erogati entro 60 giorni al 90% dei cittadini ci sono la mammografia, la RMN cervello e tronco encefalico, la RMN pelvi, prostata e vescica, la RMN muscoloscheletrica, la RMN colonna vertebrale, l’ecografia capo e collo, l’ecocolordoppler cardiaca, l’ecocolordoppler dei tronchi sovra aortica, le ecografie dell’addome, della mammella e ostetrica-ginecologica.
Tra le visite specialistiche con tempi di attesa garantiti rientrano alcune visite specialistiche, che vanno erogate entro 30 giorni: visita cardiologica, chirurgica vascolare, endocrinologica, neurologica, oculistica, ortopedica, ginecologica, otorinolaringoiatrica, urologica, dermatologica, fisiatrica, gastroenterologica, oncologica, pneumologica.
Infine, gli altri esami specialistici con tempi di attesa garantiti, da erogare entro 60 giorni: colonscopia, sigmoido-scopia con endoscopio flessibile, esofago-gastroduodeno-scopia, elettrocardiogramma (semplice, a dinamo, da sforzo), audiometria, spirometria, fondo oculare, elettromiografia.
Tale meccanismo dovrebbe garantire, quindi, tempi certi.
Ma quale tutela ha il paziente se tali tempi non vengono rispettati?
Semplice, almeno in teoria: il cittadino ha diritto ad andare dal medico privatamente, pagando solo il prezzo del ticket.
Già anteriormente alla stipula del primo Piano nazionale, l’articolo 3 del decreto legislativo numero 124/1998 sanciva, infatti, l’obbligo per i direttori generali delle unità sanitarie locali e ospedaliere di determinare i tempi massimi che possono intercorrere tra la data in cui una prestazione viene richiesta e quella in cui la stessa è erogata e la possibilità per l’assistito, qualora l’attesa si prolunghi oltre tali termini, di chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria senza alcun costo aggiuntivo rispetto a quello del ticket.
Ma qui subentra, purtroppo, la burocrazia con le sue specificità.
Per fruire di tale agevolazione è necessario presentare al direttore generale dell’Azienda Sanitaria Locale una richiesta con i propri dati personali e i riferimenti temporali che giustificano la domanda, e la prova che la richiesta è stata presentata a una determinata data e che non viene evasa nei termini massimi prescritti.
A questo punto il paziente dovrebbe essere dirottato automaticamente dalla ASL o dalla struttura ospedaliera alla prestazione in regime di attività libero professionale esercitata intramoenia.
Se questo non avviene siamo di fronte a un inadempimento della struttura sanitaria che priva il cittadino di un suo diritto e che, oltretutto, lo espone al rischio di un ritardo diagnostico che potrebbe avere conseguenze anche molto gravi, per evitare le quali sarebbe costretto a sostenere una spesa rivolgendosi a una struttura privata e, in tal caso, si potrebbe valutare la possibilità di richiedere il rimborso della maggiore spesa costituita dalla differenza tra la spesa sostenuta e il costo del solo ticket.
E’ palese che tale adempimento, pure se previsto dal PNGLA, non è né semplice, né veloce; il che lascia l’amaro in bocca per la ovvia constatazione che, anche in questo campo, le Istituzioni si lavano le mani: il Governo centrale fa finta di aver risolto il problema che, in pratica, ha scaricato pari-pari sulle Regioni le quali, a loro volta, pure se hanno la volontà di farsene carico, spesso rinviano alle calende greche: uno dei “vantaggi” del tanto decantato federalismo.
Comunque in base al Decreto Legislativo 124/1998, è compito delle Regioni disciplinare il rispetto della tempestività dell’erogazione delle prestazioni, seppur con l’osservanza dei principi e dei criteri direttivi dettati a livello centrale.
E’ quindi fondamentale verificare le disposizioni e le procedure dettate a livello locale in ciascuna Regione.