Piano di Zona S2, i dati del centro antiviolenza sulle donne della Costiera amalfitana
Un bilancio di un anno di lavoro del Piano di Zona Ambito S2 , nell’ambito del lavoro di contrasto alla violenza contro le donne, offre uno spaccato di quale sia il fenomeno nei comuni della Costiera amalfitana.
Il Centro Antiviolenza, realizzato nell’ambito del progetto “Donne in rete contro la violenza”, con sede a Minori, è gestito per conto del Piano di Zona dall’associazione CIF (Centro Italiano Femminile).
Un secondo CAV è attivo a Cava de’Tirreni ed è gestito invece dall’Associazione Frida. I dati di questo punto di riferimento per le donne cavesi saranno diffusi con un successivo report.
Ma torniamo alla Costiera amalfitana.
L’equipe di lavoro è composta da coordinatore, assistente sociale, psicologa e consulente legale.
Il CAV è un servizio gratuito rivolto alle donne italiane e straniere, sole o con figli, che hanno subito maltrattamento o violenza fisica e/o psichica.
Le donne che in quest’anno si sono rivolte al Centro Antiviolenza sono per il 40% su iniziativa personale e per il 60% attraverso la segnalazione da parte dei Servizi Sociali del territorio.
Le donne accolte sono state tutte italiane e precisamente il 40% di Minori, il 30% di Tramonti, il 20% di Scala e il 10% di Amalfi, la maggioranza di esse si collocano fra i 30 e i 49 anni (80%), cioè nella fascia intermedia di età.
Il 50% è coniugata, il 40% separata, solo l’1% nubile; il 40% possiede un’istruzione media superiore.
Le donne che si rivolgono al CAV subiscono forme multiple di violenza. La matrice di questi comportamenti è assimilabile: si tratta di forme di violenza effettuate per esercitare e mantenere un controllo e una sopraffazione sulla partner. In quest’anno di attività il 56,25% ha subito un tipo di violenza psicologica (umiliazioni, minacce, insulti, controllo sociale, isolamento), il 12,5% almeno un tipo di violenza fisica (calci, pugni, schiaffi) o un tipo di violenza economica (controllo o privazione del salario, impegni economici imposti, abbandono economico), il 18,75% ha vissuto episodi di stalking (condotte reiterate caratterizzate da minacce, molestie, atti persecutori).
Da non sottovalutare che il 90% delle donne accolte ha figli minori che hanno assistito alla violenza direttamente e indirettamente e/o ne hanno percepito gli effetti. Il 60% delle donne ha sporto denuncia nei confronti del proprio aggressore.
I reati sono stati principalmente commessi all’interno delle mura domestiche da uomini con i quali la donna aveva instaurato un legame. Sono stati partner (50%) ed ex partner (40%).
Gli aggressori hanno un’età compresa tra i 40-59 anni, un’istruzione media superiore e un’occupazione stabile. La maggior parte delle donne hanno richiesto informazioni, ascolto, consulenza sociale (50%); per il 40% le richieste sono state orientate al sostegno psicologico e solo il 10% a quello legale. L’equipe di lavoro, da sola e in concerto con i servizi territoriali, ha accompagnato le donne, ove possibile, nel percorso di emancipazione dalla situazione di violenza puntando al rafforzamento personale con l’acquisizione di strategie di sopravvivenza.
Quasi tutte le donne che si sono rivolte al Centro Antiviolenza hanno accettato di essere prese in carico e si sono sentite sostenute nella loro storia di maltrattamento o violenza. Una piccola percentuale ha rinunciato per motivi personali a intraprendere il percorso di uscita dalla violenza. È importante però non leggere questa percentuale come una rinuncia tout court: la donna, infatti, può tornare anche a distanza di tempo e in questo caso, essere motivata ad arrivare fino in fondo.