Dopo i “conflitti a fuoco” sul referendum, ora quello sulla nuova legge elettorale
Abbiamo bisogno che la gente possa tornare a votare per il proprio candidato e non più soltanto per il male minore
Il dibattito pubblico italiano è succube delle parole ipnotiche che di quando in quando lo invadono dettando l’ordine degli schieramenti. Rigorosamente antagonisti. Non abbiamo ancora fatto a tempo ad uscire da sette mesi di conflitti a fuoco sul referendum, che già siamo immersi nel nuovo conflitto sulla legge elettorale.
So che l’argomento non è tra i più appassionanti eppure ha un’importanza decisiva ai fini delle dinamiche democratiche. Per capirci: esistono due grandi famiglie di
sistemi elettorali, il maggioritario e il proporzionale, l’uno con attitudini a semplificare a due soggetti principali la scena politica, l’altro maggiormente indicato a garantire il pluralismo democratico delle forze in campo.
In natura, però, raramente è data una purezza assoluta delle due formule, ma un grado più o meno alto di contaminazione reciproca. Così, ad esempio, è applicabile al
maggioritario per eccellenza, l’uninominale britannico con la formula first pass the post, che attribuisce la vittoria al candidato con un voto in più degli altri, una gamma di correttivi proporzionalistici.
Come avvenne col Mattarellum che prevedeva una quota del 25% degli eletti scelti con il sistema proporzionale. All’opposto il cosiddetto Italicum (o come la legge elettorale che elegge le amministrazioni comunali): impianto di partenza proporzionale con una distorsione maggioritaria.
E’ proporzionale anche la legge elettorale per il parlamento europeo, che però impone una soglia di accesso del tre per cento tagliando fuori tutte le forze che sono sotto il milione di voti. Chiarito, dunque, l’oggetto del nuovo (ma è un evergreen) dibattito politico, cerchiamo di capire che cosa potrebbe accadere.
Com’è noto il 24 gennaio la Corte costituzionale dirà la sua sull’Italicum. Molti
presumono che possa intervenire, in coerenza con le pronunce precedenti,
modificandone l’impianto. Di qui la fioritura delle proposte, tra cui l’indicazione fatta da Renzi, autore della nuova legge, dell’adozione del vecchio Mattarellum.
Ma quella legge, al netto dell’omaggio al nome che porta, può davvero funzionare? Ho qualche perplessità. Quella legge funzionava (con difficoltà: si ricordi l’andamento ansiogeno di Prodi al Senato) perché regolava la competizione tra due poli, centro-sinistra e centro-destra, che ormai non sono più.
Oggi, di fronte ad un assetto almeno tripolare,rischierebbe di condannare il paese all’ ingovernabilità. Abbiamo, allora, bisogno di un sistema che garantisca, con adeguate soglie di sbarramento per l’accesso al riparto dei seggi, governi fra coalizioni coerenti e
l’elezione di rappresentanti in rapporto con il popolo e non soltanto con i capi che li collocano in lista.
Abbiamo bisogno che la gente possa tornare a votare per il proprio candidato e non più soltanto per il male minore. Una scommessa? La traccia della nuova legge finirà per essere data dalla Consulta. E i partiti dovranno adeguarsi.
Pino Pisicchio
Presidente del Gruppo Misto alla Camera dei deputati