Sono ricorrenti le voci di un imminente abbandono di Cava da parte di Padre Luigi Petrone, per tutti Padre Gigino del Convento di San Francesco e Sant’Antonio.
Voci ricorrenti riportate anche dalla stampa, in maniera frammentaria e nebulosa, e alimentate pure su Facebook dove lo stesso Padre Gigino, il 12 novembre, sulla sua pagina scriveva questo enigmatico messaggio rivolto a Sant’Antonio : “Ho iniziato la mia vita con lui quando mia madre vedova affetta da tumore mi portò sul suo altare. Non ci siamo mai divisi e il suo nome l’ho portato ovunque. Ora ti chiedo mio amico e fratello Antonio di guardarmi ancora, e anche se la mia scelta può sembrarti un tradimento, credo che sia il troppo amore per te che mi porta ad andare oltre…”.
Chi, come il sottoscritto, è stato un sostenitore di Padre Gigino sin dalla prima ora, contribuendo agli sforzi che il Frate iniziò a fare per la ricostruzione dello storico Convento e Basilica, gravemente danneggiati dal terremoto del 23 novembre 1980 (pochi giorni fa appena, il 36° anniversario di quel triste evento), ha voluto capire, nella consapevolezza che se Cava perde questo Frate, non sarà solo il Complesso monastico a subire una irrimediabile menomazione, ma la città intera la cui popolazione, pure se divisa tra sostenitori e denigratori, beneficia delle attività fiorite dentro e intorno al Convento.
Padre Gigino, come tutte le persone volitive, determinate e con idee chiare, è un instancabile motore per la Chiesa, il Convento e la città intera.
Quando, oltre vent’anni addietro, “ereditò” quel che rimaneva della chiesa dopo il terremoto, e si prese anche cura dei vecchi Frati che avevano cercato di tenere aperto il Convento alla men peggio, prese la decisione di ricostruire senza il contributo pubblico che pure sarebbe spettato; aveva capito che se avesse voluto attendere quel contributo la Chiesa di San Francesco sarebbe rimasta altri decenni cumulo di macerie, e lanciò una grande operazione di contribuzione popolare alla quale migliaia di persone, e non solo cavesi, parteciparono con grande affetto e devozione.
I risultati si sono visti e, pure se tanti “nostalgici” rimpiangono la vecchia chiesa e criticano la “modernità” di quella nuova, è un fatto che, intorno alla ricostruita chiesa (molto più grande della precedente e con una grande cripta, prima inesistente) ed al rinato convento, si è creato un flusso di pellegrini, proveniente non solo dalla Campania, testimoniato dalle file di pullman, dalle funzioni religiose sempre affollatissime, dal chiostro del convento sempre zeppo di visitatori che partecipano alle tantissime manifestazioni aggregative, nel quale, in talune circostanze, si fa anche fatica ad entrare.
Le continue attività portano soldi alla chiesa e al convento che comunque hanno bisogno di tali introiti sia per finanziare le attività medesime, sia per ridurne la esposizione debitoria: e i pellegrini rispondono con cospicue offerte.
Tanti sono contrariati che i frati francescani svolgano attività intorno alle quali girano tanti soldi; ma non considerano che il mondo è cambiato, che reggere un complesso senza risorse economiche è impossibile, che gli oboli dei fedeli costituiscono entrate irrisorie; e per questo motivo tanti istituti religiosi hanno dovuto darsi da fare, avviare attività imprenditoriali non disdegnate dal Vaticano o dalle Comunità religiose, una per tutte (oltre le numerosissime anche a Roma) la Comunità monastica francescana de “La Verna”, dove San Francesco negli ultimi mesi della sua vita si rifugiò in una umida grotta, che ha trasformato una parte del convento in pensione con annesso ristorante e bar.
Le attività della chiesa e del convento sono incessanti, ma, sebbene intorno al Frate ci sia un gruppo di collaboratori affidabili, qualificati e competenti, è innegabile che il motore di tutto è sempre Padre Gigino che in prima persona lavora sia intellettualmente che manualmente, come tutti hanno occasione di accertarsi: l’ultimo colloquio con il frate è avvenuto proprio in chiesa dove Padre Gigino è stato un fiume in piena di parole, programmi, delusioni, idee, nel mentre provvedeva a fissare una pesante base di ferro su una pedana, con chiodi, martello e quant’altro.
Certamente il Frate in talune occasioni probabilmente ha voluto strafare, e talvolta ha assunto atteggiamenti forse non consoni ai voti e al saio; ma chi vuole fare, e sa fare, e intende realizzare nel minor tempo, non sempre ha la calma e la lucidità di fermarsi per esaminare criticamente il proprio operato; e spesso è stato, forse inconsapevolmente, anche strumento di giochi e ripicche cittadine che di politica hanno ben poco e che molto male hanno fatto alla città.
Persone come Padre Gigino vanno accettate come sono e, nei limiti del lecito, aiutati, incentivati, fatti crescere, seguiti e guidati anche negli errori che, inevitabilmente commettono, giacché solo chi non fa non ha paura di sbagliare.
In talune occasioni, anche di recente, non ho risparmiato critiche a Padre Gigino per taluni suoi atteggiamenti; ma affossarlo, come negli ultimi tempi si sta cercando di fare, significa perderlo e questo non è un bene né per la chiesa e il convento, né per la città.
Oggi Padre Gigino è attaccato su due fronti; quello civico e quello della comunità monastica. Il fronte civico sembra rialimentato dagli screzi con l’Amministrazione comunale in occasione della festa di Sant’Antonio del giugno scorso, una vicenda, in parte fomentata, gestita male dai due schieramenti, quello pro e quello contro, e finita peggio, con denuncia e carte bollate.
Ma c’è un altro fronte di ostacolo a Padre Gigino, formato dagli organismi dirigenti della sua stessa comunità i quali sembrano non tener conto di ciò che il frate ha realizzato, e che ha portato lustro alla comunità stessa, e non ha capito che, nonostante tutto, egli rappresenta un valore aggiunto da tenere in considerazione.
Comunque ho avuto modo di constatare che, anche in questa fase, l’attivismo di Padre Gigino non si arresta; pure se il frate continua a manifestare l’intenzione di lasciare Cava e trasferirsi altrove, per trovare altri spazi e altri orizzonti che qui a Cava sembrano negati, e che probabilmente questa città, chiusa in se stessa per sua stessa scelta e magari per volontà foranee, non può e nemmeno vuole dare, prosegue incessantemente nel suo lavoro che lo impegna dalle ore 5 del mattino fino a tarda sera, tutti i giorni della settimana, anche ora che, per volontà dei suoi superiori, sembra sia stato messo da parte con l’invio di altri frati i quali, pure se formalmente con il compito di aiutarlo, nei fatti sembrano svolgere il ruolo di controllori e frenatori, ma che non sembrano molto presenti in chiesa e nel monastero.
Ma se accadrà che effettivamente Padre Gigino, messo alle corde, deciderà di andare via, non dovremo poi lamentarci se a Cava non ci saranno più le file di pullman di pellegrini che vanno al santuario ma che poi invadono anche per le vie del centro, e certamente portano benefici all’intera città.
Nel mentre stavo redigendo questo pezzo, è stato reso noto dalla stampa che Padre Gigino è stato assolto dal reato di “Abuso della credulità popolare” per il quale era stato rinviato a giudizio a seguito dello sconcertante episodio della statua del Bambinello che lagrimava sangue; tutti ricordano che, di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa nel mese di ottobre 2010, la statua del Bambino Gesù, comprata dal frate a Gerusalemme, pianse sangue.
Lo stupore e lo sconcerto furono enormi, intervennero le Autorità religiose locali e nazionali e, successivamente, la Magistratura che, a seguito di lunghe indagini e perizie, configurò nei confronti del frate il reato di abuso della credulità popolare che, all’epoca, era perseguito penalmente ai sensi dell’art. 661 del codice penale.
Ma all’inizio di quest’anno questo reato è stato, unitamente ad altri, depenalizzato e chi lo commette è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000 se dal fatto può derivare un turbamento dell’ordine pubblico.
In conseguenza di ciò, non configurandosi un turbamento dell’ordine pubblico, ritengo che Padre Gigino possa dormire, almeno da ciò, sonni tranquilli.
Fa riflettere un aspetto ancora più sconcertante della vicenda: è stato accertato infatti che il sangue che il bambinello lacrimava è del gruppo AB, vale a dire lo stesso delle tracce di sangue presenti sulla Sacra Sindone di Torino e nei miracolosi episodi di Lanciano e di Bolsena.
Ora, in attesa che la Chiesa dia il suo ufficiale responso, i fedeli e i sostenitori hanno rinvigorito il loro appoggio a Padre Gigino.