Il quadro macroeconomico sul quale il governo metterà a punto la prossima manovra di bilancio non è ancora definito: il rallentamento della crescita complica la “neutralizzazione” dei 15 miliardi di clausole di salvaguardia previsti.
Un Pil attorno all’1%, forse ancora su un livello ‘zerovirgola’, con un mini ritocco sul deficit (verso il 2,4-2,5% quest’anno) e, soprattutto, una parabola del debito che prima di prendere la discesa vedrà un momento di stazionarietà.
Il quadro macroeconomico sul quale il governo metterà a punto la prossima manovra di Bilancio non è ancora definito. Si attenderanno gli ultimi dati Istat per far girare le ultime simulazioni. Ma certo, come in tutta Europa, la crescita a subito una battuta d’arresto e il tema – quando il 27 settembre sarà tolto il velo dalla nota di aggiornamento del Def – è ora non ”se” ma ”quanto” dovranno essere ridotte le stime del Pil di questo e del prossimo anno.
L’impatto della minore crescita sui conti pubblici ci sarà, ma limitato. Di certo nessun pensa e nessuno chiede una correzione, una manovra già per quest’anno. Il rallentamento potrebbe però pesare sulla messa a punto della prossima Legge di Bilancio che dovrà fare i conti con 15 miliardi di clausole di salvaguardia da sminare e con le risorse previste per i molti interventi in cantiere: pensioni (ape e 14/ma), contratto p.a, fisco leggero su salario produttività, superammortamento per le imprese che investono. Il quadro per verificare le risorse disponibili parte dalla crescita di quest’anno.
“L’importante – sottolineano al Mef – è guardare la tendenza. Ma di certo la previsione del Pil a +1,2% contenuta nell’ultimo Def sarà tagliata”.
Nonostante le previsioni del Fmi (+0,9%) e i timori di Bankitalia (crescita sotto l’1%), il governo non ha ancora perso le speranze di agganciare la cifra piena del +1%, lo stesso valore inserito da Palazzo Chigi nelle slide per ‘raccontare’ i primi 30 mesi di governo. In ogni caso per i conti pubblici cambierà poco. Il premier Matteo Renzi ha già ipotizzato un deficit che superi il 2,3%, inserito nel Def e conseguito utilizzando tutta la flessibilità concessa dall’Ue. I conti, è vero, si faranno all’ultimo minuto ma il deficit potrebbe attestarsi tra il 2,4% e il 2,6%.
Il problema, però, sarà per il 2017: il Pil stimato in crescita dell’1,4% potrebbe essere rivisto in calo. Superiore all’1% ma non di molto. E il deficit, ora fissato all’1,8%, potrebbe tornare a salire, forse anche sopra il 2%. Forse non servirà per questo nuova flessibilità: maggiori spese saranno necessarie per il post terremoto (e possono sforare il tetto) e poi il presidente Ue Jean Claude Juncker nel discorso sullo stato dell’Unione potrebbe aprire una nuova fase della politica europea meno austera. Il nodo, per tutti e non solo per l’Italia, è quello della crescita.
Il vero problema per Roma rischia di essere il debito: il rallentamento dell’economia non può che avere un impatto negativo nel rapporto debito-Pil. Il nostro Paese è su questo ‘parametro’ un osservato speciale. Ha promesso un decalage costante, così come previsto nelle ultime stime. Ora sul punto il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha iniziato ad essere più cauto. Parla di una stabilizzazione, alla quale seguirà una discesa. Sembra una sfumatura ma non lo è. Soprattutto per i falchi europei, sempre in allerta. (fonte Confcommercio)