Qualche giorno fa, un esponente politico del centrodestra di rilievo nazionale ha postato, sul profilo facebook della sua pagina ufficiale, un editoriale pubblicato su “Libero” a firma di Vittorio Feltri. Il titolo dell’articolo non lasciava spazio al minimo dubbio: “Per me Berlusconi è finito, meglio si faccia da parte”. Il post veniva completato da una richiesta altrettanto chiara oltre che esplicita: “Io la penso proprio come Vittorio Feltri. E voi? Qual è la vostra opinione? Berlusconi è finito?”.
Bene, cominciamo con il dire che l’opinione del nostro politico l’avevamo intuita da un pezzo e, in tutta onestà, non è che bisognava impegnarsi più di tanto in proposito.
E che Berlusconi sia finito politicamente non è una novità, anzi. Finito, però, nel senso che la sua parabola è sempre più discendente e, quindi, non è più nella condizione di essere il collante e il leader di un’area che partiva da quel coacervo di culture e di interessi rappresentato da Forza Italia e che si allargava dal centro moderato di diretta derivazione democristiana come l’UDC, almeno sino a qualche anno fa, alla destra erede del MSI, che aveva cambiato pelle diventando Alleanza Nazionale, per comprendere poi anche quel soggetto politico ispido e imprevedibile come la Lega Nord, con il suo secessionismo da avanspettacolo.
Quel Berlusconi lì, non c’è più. Fa ormai parte della storia. Il problema vero, però, è che Berlusconi non è ancora politicamente finito, nel senso che comunque resta il padrone di un partito politico che i sondaggi danno poco al di sotto del 15%, una percentuale di voti insufficiente per dettare una linea politica indiscussa, com’era una volta, ma più che sufficiente per determinare, nel bene e nel male, le sorti di uno schieramento. In altre parole, mentre prima Berlusconi era determinante per vincere, ora lo è per condizionare le eventuali vittorie con uno schieramento di centrodestra unitario o per concorrere alle sconfitte quando il centrodestra si divide.
Insomma, Berlusconi è finito come leader del centrodestra, ma resta più che vegeto, o se si preferisce ingombrante, sulla scena politica di quel che rimane ora del centrodestra.
Più che porsi la domanda se Berlusconi sia finito o meno, occorre invece chiedersi se è finito il centrodestra, o meglio quale sarà il destino di quest’area politica che ha governato a lunghi tratti il Paese negli ultimi venti anni, e più ancora cosa ne sarà di quel popolo che l’ha espressa.
Inutile girarci attorno: il centrodestra, piaccia o meno, è finito. Almeno quello che finora abbiamo conosciuto. E’ finito con la leadership di Berlusconi. E questo lo stiamo dicendo già da un po’, provocando qualche malumore proprio in chi ora ci chiede se Berlusconi sia finito.
Bisognerà, allora, inventarsi qualcosa di nuovo, che per ora non c’è. E non sarà facile che un futuro ci sia tanto facilmente. La rappresentazione più plastica di ciò che resta del centrodestra la dà attualmente la capitale: da una parte Fratelli d’Italia e Lega Nord, dall’altra Forza Italia, spezzoni della destra e un centro moderato e politicamente strabico. In pratica, un caos politicamente organizzato, che non è la migliore condizione per costruire un’alternativa politica credibile al renzismo.
E’ evidente, nell’attuale stagione politica, come Salvini sia indiscutibilmente l’astro nascente per questa intera area politica, capace di trasformare in poco tempo la Lega Nord da partito tramortito e al tramonto, in uno, invece, sempre più di dimensione nazionale anche nelle percentuali elettorali. E’ altrettanto evidente, però, che fino a quando ci sarà la sua leadership o quanto meno fintantoché sarà l’azionista di maggioranza di quest’area, sarà assai difficile mettere insieme un centrodestra con serie possibilità di puntare al governo del Paese. Avremo, tutt’al più, una destra politica unita ad una destra populista che, insieme, possono puntare ad essere una bella opposizione, in attesa di tempi migliori. Oltre sarà assai difficile andare.
E allora? A quello che fu il centrodestra, oggi occorre prendere tempo, cercando di sopravvivere senza però tradire le diverse identità e culture politiche presenti in questa area.
E, in effetti, c’è chi, come Fratelli d’Italia, lo fa a destra con dignità marcando con la maggiore coerenza possibile il territorio sia politico che fisico. C’è chi fa altrettanto al centro con Forza Italia, cercando di intravedere la luce in fondo al tunnel in cui è andata a finire.
C”è poi chi, meno dignitosamente, sbarca politicamente il lunario arrangiandosi un po’ qui un po’ là, se non addirittura stabilmente di là.
Ad ogni modo, di sicuro per capirne di più bisognerà aspettare il prossimo autunno. L’esito del referendum costituzionale in ogni caso rappresenterà il discrimine per avviare una nuova stagione politica nel nostro Paese.
Ecco perché per il centrodestra che fu, ma anche per diverse forze politiche di altre aree, quel che più conta è di restare indenni in questi prossimi mesi se non addirittura di sopravvivere.
Insomma, mai come adesso vale il primum vivere, deinde philosophari. Poi, in autunno, con l’inevitabile rimescolamento delle carte, si tireranno le somme.
Chiedersi allora se Berlusconi sia politicamente finito o no, oggi è un esercizio tutto sommato inutilmente retorico, ma nel prossimo autunno, invece, sarà per davvero la più oziosa delle domande.