Era quasi scontato che al referendum sulle trivelle non sarebbe stato raggiunto il quorum, tuttavia, è evidente per i promotori, e per chi è andato a votare a favore, la delusione per un risultato che poteva e doveva essere più consistente. Matteo Renzi, capo del governo, del Pd e del partito degli astensionisti, ha festeggiato il fallimento referendario con il suo solito fare guascone, maleducato e irrispettoso, attribuendosene il merito. Molto probabilmente, però, di come sono andate le cose dovrebbe preoccuparsi. In fondo, un terzo degli italiani si è recato alle urne, qualcosa come circa quindici milioni di elettori, esprimendo, per la stragrande maggioranza, anche un voto politico proprio contro di lui. Se si considera, poi, che l’astensionismo è oramai strutturalmente intorno al 40%, significa che circa la metà dei votanti Renzi li ha contro. In conclusione, vero è che ogni consultazione elettorale ha la sua storia, tuttavia, il nostro premier dovrà preoccuparsi non poco per il referendum confermativo sulla riforma costituzionale del prossimo autunno. Il rischio è che quella di ieri per Renzi si trasformi nella più classica delle vittorie di Pirro. In fondo, sotto certi aspetti, ieri c’è stata una sorta di prova generale per quel vasto, articolato, composito e magmatico schieramento anti-Renzi. (foto Giovanni Armenante)