A colloquio con il dottor Romualdo Cirillo: “Donare è un’assicurazione sulla vita”
Romualdo Cirillo è il Direttore di Unità Operativa – U.O.C Anestesia e Rianimazione dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. E’ il coordinatore del Centro Trapianti Campania. Un lavoro, il suo, esclusivamente al servizio della vita umana. Ci può spiegare la sua affermazione: ‘’donare è un’assicurazione sulla vita’’?
E’ un’affermazione che risale ai tempi delle mie campagne di sensibilizzazione sulla donazione degli organi. Lei sa bene che qui al Sud siamo un popolo di scaramantici e affrontare il tema delle donazioni equivale al parlare della morte ed è cosa più che mai evitata da noi. Ed allora, alla luce delle oltre mille firme raccolte nelle varie campagne di sensibilizzazione da me portate avanti dove nessuno dei firmatari è ritornato per un prelievo di organi, posso tranquillamente affermare ciò. Vede non posso parlare di scarsa sensibilizzazione, indifferenza, riguardo l’argomento, è proprio questione di ignoranza, si evita, anzi, sono solo gli adulti nella maggior parte dei casi, persone già formate, ad essere riluttanti verso l’approfondire l’argomento. I giovani invece, avendo testato sul campo la loro sensibilità, con progetti svoltisi nelle scuole, sono di visioni e pensieri più aperti, più disponibili. C’è bisogno di tanta, tanta informazione in più.
Indifferenza ed ignoranza che non conosce significato nei paesi orientali, alle prime posizioni Pakistan, India e Filippine, dove per prezzi oscillanti tra i ventimila e centomila euro è possibile, contra legem, acquistare qualsiasi organo. Cattiva sanità e voglia di sopravvivere hanno generato questo fenomeno, come lo si contrasta?
Ovviamente chi ha la disponibilità economica e non ha il tempo materiale per poter aspettare o semplicemente non ha la voglia di aspettare i nostri tempi di attesa, compie questo pellegrinaggio disperato, ma non sa che sostenuti all’estero questi interventi, dove per logistica, igiene e spesso preparazione dell’equipe operatoria, la situazione post ed ante intervento è molto precaria, determinano un’aggravarsi della situazione e quindi, mi è capitato di assistere ad una doppia migrazione: prima in Oriente e poi alla volta del Reparto di Rianimazione del Ruggi d’Aragona.
Come ci insegnano gli Spagnoli, maestri e primi luminari della scienza dei trapianti, se non vi è donatore non vi è trapianto, ed ecco il problema delle notoriamente lunghe liste di attesa. Fin quando scienza e tecnologia non troveranno una risposta alternativa ad un donatore, sufficientemente esaustiva, quali possono essere organi meccanici multifunzionali, organi biologici creati in laboratorio dalle stesse cellule del paziente stesso, elminando a priori il rischio di rigetto, saremo sempre osteggiati e quindi le persone continueranno ad aspettare a causa della scarsità di donatori. Ancora una volta, serve informazione e sensibilizzazione, bisogna abbandonare il folklore dei nostri pensieri scaramantici, egoisti, e mettere il proprio ‘’io’’ al servizio del Mondo.
Qual è la dote indispensabile per l’attività di un medico?
Senza dubbio la preparazione, la prontezza ad affrontare le situazioni più disparate, ma a monte di ciò, l’onestà mentale: ‘’Bisogna campare, non lucrare’’. La salute delle persone non dovrebbe essere un bene economicamente quantificabile né una materia prima da sfruttare… Sono poi problemi di coscienza.
Qual è stato il grande perché del giovane Romualdo Cirillo ad indirizzare gli studi universitari verso la facoltà di medicina?
Tengo a precisare che non mi sono inscritto alla Facoltà di Medicina per fare il medico, ma per specializzarmi in anestesia e rianimazione, e il mio grande perché trova nascita all’età di diciassette anni, quando il padre di un mio caro amico stette male e lo ricoverarono proprio nel reparto di anestesia e rianimazione . Al mio primo ingresso in quel reparto fu come si dice “amore a prima vista’’. Vedere il successo immediato delle proprie manovre senza aspettare i ‘’classici sette giorni’’, addormentare e risvegliare un paziente permettendo la riuscita di un intervento è ciò che mi affascina e mi spinge a continuare la mia attività. Per questioni umane e caratteriali non sono attratto dalla cronicità di un malessere. Si crea un contatto empatico tra paziente e medico e non è mai piacevole vedere il progredire di una malattia e le relative sofferenze. Non mi ritengo, come alcuni, il padrone della vita umana per le ore in cui il paziente è totalmente assente e dipende da noi operatori. Non sono né un mago né un ‘’ fattucchiaro’’. E’ l’immediatezza che mi affascina, caratteristica difficile da riscontrare in medicina.
Passiamo ora ad illustrare le specifiche dell’attività che coordina e che la vede protagonista: come si decide l’idoneità a donare?
Vi sono dei protocolli ben precisi, aggiornati ogni tre mesi, per i quali si esclude l’idoneità dei soggetti a donare se sono affetti da malattie ben individuate, per il resto la decisione è condivisa, effettuata dal Centro Regionale, dove vi sono coloro i quali assegnano gli organi, ed esperti chiamati caso per caso. La prima scrematura dei donatori tocca a me, indagando sulla salute del donatore con specifiche analisi di laboratorio, partendo dal check-up di routine, tac, ecografie, biopsie, fino alle eventuali patologie infettive del candidato, dove vengo coadiuvato dall’infettivologo che abbiamo a disposizione al centro.
In questo modo la mia attività e quella del Centro, seleziona il candidato ed i relativi organi. In ogni caso la prima selezione la suggerisce l’età e la biopsia.
Quanto analizzato da noi verrà poi ri-analizzato ed eventualmente rifiutato, per questioni di specifiche caratteristiche e di compatibilità dal centro che dovrà ricevere l’organo. In ogni caso, la nostra indagine non va sprecata perché quanto rifiutato da un Centro può risultare idoneo, sempre per le precedenti caratteristiche, presso un altro Centro.
Quali sono le difficoltà maggiori che si incontrano svolgendo attività così delicate?
La superficialità di persone ed anche colleghi. L’ignoranza. La scarsità di personale, è sufficiente immaginare che l’ultima donazione da me effettuata è durata circa trenta ore senza alternanza di equipe. Servono più operatori, ma soprattutto operatori competenti. Fortunatamente l’attività di primario non mi sottrae consistenti dosi di tempo tali da impedire il mio contributo alla causa.
Ci da un prospetto dell’attività svolta dal centro trapianti e degli obiettivi raggiunti nel 2015?
Il centro trapianti quest’anno, fronteggiando scarsità di fondi e personale, ha raggiunto le trentacinque donazioni, con uno sviluppo esponenziale di cinque per l’anno che verrà, quindi un complessivo di quaranta per il 2016.
Augurandole i melius per gli anni prossimi e le attività da lei sostenute, essendo giunti al termine del nostro spazio concessoci, la invito a raccontare la sua soddisfazione più grande registrata, auspicandole di poterne raccontare sempre di maggiori.
La soddisfazione più grande da me registrata… Dopo novanta donazioni effettuate, lavoro di laboratorio, indagini e colloqui, nel silenzio, venendo spesso additato come ‘’quello che lavora con i morti’’, nel 2011, durante una festa aziendale, è arrivata la mia nomina a miglior medico per quell’anno dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona.
Concludo augurando a lei ed ai lettori di Ulisse online un Santo Natale ed un sereno e prospero di soddisfazioni 2016.