scritto da Redazione Ulisseonline - 19 Dicembre 2015 11:25

Don Giovanni Pisacane: “Il Natale come riscoperta di ciò che davvero conta nella vita”

Continuiamo il nostro viaggio tra le parrocchie dell’Arcidiocesi Amalfi-Cava con la visita  alla chiesa di S. Arcangelo,  dedicata a San Michele Arcangelo. Ad accoglierci è stato Don Giovanni Pisacane, sacerdote originario di Vietri, ma ormai già da qualche anno rende il suo servizio al Signore nella valle metelliana, e davanti a un dolcino ha risposto gentilmente alle nostre domande.

A che età ha avvertito la chiamata al sacerdozio?

“Ho avvertito la chiamata all’ età di 19 anni, conducevo una vita normale, facevo parte di un gruppo di amici, ero fidanzato, ma nella quotidianità ho avvertito nel cuore che mi mancava qualcosa. Ho seguito un percorso di riflessione sulla parola di Dio e ho riscoperto la mia felicità era ed è, dedicare la propria vita agli altri”.

I suoi erano d’ accordo con questa scelta oppure l’ hanno ostacolata e se sì, perché?

“Della mia scelta sacerdotale i miei genitori e la mia famiglia non erano d’ accordo, infatti, mio padre aspettava che io realizzassi la vita di un giovane, e poi mettere su famiglia, avere un posto fisso, insomma, le classiche aspettative di un genitore. Dopo aver comunicato la scelta di entrare in seminario a mio padre, non ci siamo rivolti la parola per un mese, ma il suo cuore si è sciolto dopo che ebbi l’ ordinazione sacerdotale, egli capì che la scelta che feci mi rendeva davvero felice”.

don giovanni pisacaneSi è mai pentito di questa scelta?

“ Non mi sono mai pentito di questa scelta, perché è stata voluta e desiderata, nonostante i numerosi ostacoli incontrati lungo il cammino”. 

Quale rinuncia è stata la più difficile?

“Nei primi anni di seminario, la rinuncia più difficile è stata mettere da parte la famiglia e gli amici, ma tutto ciò ha contribuito ad una gioia piena e come ci ricorda Gesù, Chi lascia casa, amici, fratelli riceverà 100 volte tanto quaggiù e la vita eterna lassù”.

Cosa direbbe a un giovane che le manifestasse il desiderio di entrare in seminario?

“Gli direi soprattutto di mettersi alla ricerca di Dio per capire ciò che vuole da lui, e imparare da Gesù a vivere nella gioia, perché sia da genitore, sia da prete, oggi abbiamo bisogno di testimoniare le bellezze della gioia”.

In una società laica e secolarizzata quali agenzie educative pensa che dovrebbero rendere più incisive la loro opera di formazione umana e cristiana dei giovani?

“Nel nostro contesto sociale le agenzie educative più rilevanti sono: la famiglia, la scuola, la parrocchia. Il problema di oggi, più rilevante, è che le varie agenzie non riescono ad essere unite nella formazione umana e cristiana, quindi, auspico che la famiglia, la scuola, e la parrocchia siano unite, perché insieme si arrivi al completamento dell’educazione sia umana che cristiana”.

Quali attività parrocchiali sono finalizzate a tradurre nella realtà le indicazioni fornite da papa Francesco , ossia “incontrare le periferie”? Quale ruolo hanno i laici presenti nella sua parrocchia: la “corresponsabilità” della loro azione pastorale in quale misura è avvertita?

“Il termine usato da papa Francesco sta a significare che noi portatori di Cristo dobbiamo entrare nei meandri interiori delle persone per portare la vera gioia. Le nostre attività pastorali riguardano primariamente l’oratorio, finalizzato alla crescita umana e cristiana dei giovani, in parrocchia è presente una schola cantorum, i membri del comitato festa, le persone dedite al servizio della catechesi, il gruppo ministranti, attività caritative nei confronti dei poveri, attività ludico-ricreative come il ballo per i bambini e la palestra nelle sale oratoriali per gli adulti, inoltre, è presente nella parrocchia il cammino neocatecumenale. In ogni gruppo vi è un responsabile, che con incontri periodici si confronta con gli altri responsabili e con il parroco per delineare le linee guida della comunità.”

Quali sono, a suo parere, le condizioni indispensabili per un’opera pastorale più efficace?

“ Penso che l’opera pastorale è Dio che la porta avanti, oltre il suo certo aiuto c’è bisogno della disponibilità dell’uomo, la mia in primis, la prima opera pastorale è vivere la relazione con la comunità nella quotidianità, condividendo eventi, gioie, dolori, i quali permettono di conoscerci e di incamminarci verso un giusto percorso di fede”.

Come dovrebbe essere vissuto il Natale secondo lei?

“Il Natale va vissuto all’insegna dell’ essenzialità e della sobrietà, troppi gli sprechi che viviamo, senza accorgerci che davanti a noi c’è qualcuno che ha reali esigenze e bisogni”.

Come può la Chiesa, fermare la distrazione della gente dal vero significato del Natale?

“La chiesa, quindi ogni cristiano, dovrebbe con la propria testimonianza e non con le parole, far riflettere sul senso del Natale, per testimonianza noi dobbiamo vivere nell’essenziale, e chi riesce a vedere e a capire questi segni avvertirà l’ esigenza di  chiedersi c’è anche qualcuno che vive diversamente il Natale?”.

La sua parrocchia che iniziative promuove per invitare la comunità a riflettere sul vero significato del Natale?

“La nostra comunità si sta preparando al Natale riflettendo su Gesù che viene in mezzo a noi. Nei giorni di Natale vivremo l’esperienza del presepe vivente per riflettere sui personaggi, sul mistero stesso del Natale. Ci auguriamo che il nostro Natale come anche il vostro sia una ricerca e una riscoperta di ciò che veramente è importante per la nostra vita”.

Rivista on line di politica, lavoro, impresa e società fondata e diretta da Pasquale Petrillo - Proprietà editoriale: Comunicazione & Territorio di Cava de' Tirreni, presieduta da Silvia Lamberti.

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