La scorsa settimana l’Amministrazione comunale ha, dopo alcuni mesi di studio, presentato a grandi linee i possibili interventi per contenere ed eventualmente ridurre le spese comunali. Stiamo parlando di quello che ormai è meglio conosciuta, ahinoi, con l’espressione anglosassone spending review.
E’ vero, come da più parti si è fatto notare, che in proposito al momento non c’è molto di concreto, ma, d’altronde, non è che come per magia potesse essere diversamente ed essere così già nelle condizioni di contare significativi e consistenti risparmi.
L’esperto messo a lavoro, gratuitamente, dal sindaco Servalli, a quanto è sembrato di capire ha in larga misura concluso il suo studio, individuando quelli che possono essere i settori e le varie pieghe di bilancio dove affondare più o meno in profondità le forbici. Oltre, però, non poteva e non doveva andare.
Formulata la diagnosi e individuate le possibili terapie, tocca ora alla parte politica, quindi al Consiglio, alla Giunta e al Sindaco, operare delle scelte concrete. Non resta, quindi, che aspettare le decisioni in merito di Servalli e soci. Tuttavia, in linea generale, qualche considerazione possiamo pure fin d’ora azzardare ad esprimerla.
In primo luogo, pur mettendoci tutta la buona volontà -e di sicuro bisognerà darci dentro sul serio- risparmi consistenti potranno venire solo in prospettiva, nel medio e lungo termine, insomma. Chi crede che tagliare le spese -soprattutto dopo tanti anni di vacche magre, anzi magrissime- sia qualcosa di semplice, si sbaglia di grosso, pur essendo questa operazione non solo necessaria e indispensabile ma anche doverosa, finanche da un punto di vista squisitamente etico.
In secondo luogo, sebbene sia indispensabile dare efficienza all’intera struttura comunale, eliminando sprechi, incrostazioni e posizioni di rendite se non addirittura di potere più o meno occulte, appare scontato che da una più oculata gestione del personale possono sì venire benefici organizzativi e risparmi di risorse, ma in una misura molto più contenuta di quanto si possa immaginare.
D’altro canto, l’errore opposto sarebbe quello di stringere talmente la cinghia da mortificare piuttosto che valorizzare le risorse umane presenti nella macchina comunale. In altre parole, se non si è accorti, c’è il rischio poi di ritrovarsi nei panni di quel proprietario di una popolare storiella, il quale si disperava per la morte del suo povero cavallo, passato a miglior vita proprio nel momento in cui si era perfino tolto il vizio di mangiare.
Detto ciò, non si può non convenire che contenere, riqualificare e ridurre la spesa, combattendo gli sprechi ovunque si annidino, è innanzi tutto un’operazione culturale e un impegno etico, prima ancora che politico. E,’ questa, un’opzione che deve veder coinvolti tutti, in primis la classe politica, partendo anche dalle piccole cose. Tuttavia, questi intendimenti vanno portati avanti con giudizio, equilibrio e onestà intellettuale, senza illudersi e illudere più di tanto.
Questo in generale. Dove, invece, va giocata una partita a tutto campo è quella relativa alla gestione del ciclo dei rifiuti. In questo settore, c’è da tagliare e pure molto. A maggior ragione, come nel caso in questione, i costi del servizio, e quindi i relativi sprechi e le inefficiente, vanno ad alleggerire direttamente i portafogli delle famiglie visto che, come prevede da pochi anni la legge nazionale, gli stessi devono essere interamente coperti dagli utenti con il pagamento del relativo tributo.
Lo scorso anno, tanto per essere chiari, il servizio è costato ai contribuenti cavesi qualcosa come 13 milioni e 300 mila euro. Il costo del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti pesa quindi per poco meno di 250 euro all’anno per ciascun cavese, compresi i neonati. Un’enormità. A maggior ragione se lo si paragona con il carico, assai più modesto, che pesa sui cittadini delle regioni più virtuose della nostra, calcolato in 122 euro annui pro-capite, o anche in relazione alla media dei costi nazionali, ovvero circa 160 euro annui pro-capite.
In conclusione, mettere a regime questo servizio significherebbe risparmiare non meno di 3-4 milioni di euro all’anno. Una cifra di gran lunga superiore a qualsiasi risparmio, anche il più spinto, che potrebbe derivare nel medio termine dal solo bilancio comunale. Un risparmio, si badi bene, che entrerebbe di fatto nelle disponibilità delle famiglie metelliane, soprattutto per aumentare la quota dei loro consumi con benefici diretti e immediati per l’intera economia cittadina.
Toccherà al sindaco Servalli e alla sua Amministrazione, quindi, puntare diritto sulla spending review e, in particolare, sulla drastica riduzione dei costi della gestione rifiuti, salvaguardando, ovviamente, i posti dei lavori, soprattutto in ragione dell’auspicato prossimo transito dei dipendenti del Consorzio dei Rifiuti nell’organico della Metellia Servizi.
Non sarà facile conseguire questi obiettivi (livelli occupazionali e riduzione dei costi di gestione), ma non c’è un’altra strada da percorrere. Poi, in un secondo momento, si potrà pure discutere se è il caso o meno di porre sul mercato la Metellia Servizi.
Di sicuro, però, non è questo il tempo più propizio per farlo, bensì è quello di riorganizzare e ottimizzare la gestione del servizio ottenendo forti risparmi ma senza perdere, anzi, puntare a migliorare la qualità del servizio stesso.
E sarà soprattutto su questo che l’Amministrazione Servalli sarà giudicata dai cavesi.