scritto da Redazione Ulisseonline - 01 Aprile 2015 11:57

Salerno, lettera dell’Arcivescovo Moretti ai sacerdoti dell’Arcidiocesi

“We care, avrebbe detto don Milani. A noi interessa la vita dei fedeli, ciascuno di essi ci sta a cuore! Il Santo Padre sogna «ministri capaci di riscaldare il cuore alla gente, di camminare nella notte con loro, di dialogare con le loro illusioni e delusioni, di ricomporre le loro disintegrazioni». Anche io chiedo a ciascuno di voi di accostarsi con rispetto e di riconoscere onestamente le ferite che sono presenti nei cuori di quanti vi circondano, delle famiglie, dei confratelli, dei parrocchiani. So quanto sia faticoso riconoscerle e, ancor più, provare a curarle con delicata tenerezza”.

E’ questo un passaggio della lunga e intesa lettera che l’Arcivescovo Monsignor Luigi Moretti consegnerà domani in cattedrale durante la messa Crismale a tutti i sacerdoti dell’Arcidiocesi di Salerno.

“Ogni autogiustificazione che ci fa sentire esenti dal dovere di intervenire -prosegue la lettera- oltre ad essere un’omissione d’amore nei confronti di un bisognoso, è in realtà epifania di un cuore indurito e chiuso. Vi esorto dunque, cari amici, a riscoprire con gioia e fiducia la virtù della prossimità. Viviamola innanzitutto tra noi preti, come un’esigenza profonda e una grazia sempre nuovamente da chiedere al Signore, per ridare vigore e slancio al nostro cammino verso la santità e al nostro stesso ministero”.

“La virtù della prossimità -suggerisce l’Arcivescovo- si accompagni poi a quella della semplicità. Alcune persone anziane mi raccontano di amare tanto papa Francesco perché – dicono – «è una persona semplice come noi». È per noi molto edificante la fede di tanti nostri parrocchiani, gente semplice che porta avanti una vita cristiana non raramente più santa della nostra. Talvolta, sedotti dal prestigio della carica corriamo il rischio di porre distanze e barriere tra noi e quanti sono affidati alle nostre cure pastorali. Spesso rischiamo di essere complessi ed enigmatici nel modo di parlare, nel modo di comportarci, nell’autoreferenzialità, nell’egocentrismo”.

“Tutto questo -avverte ancora l’Arcivescovo- si riflette negativamente nella nostra azione pastorale, tinteggiata di individualismo o esclusivismo. La Chiesa da sempre, ma soprattutto oggi, ha bisogno di preti che, oltre ad essere vicini alla gente, sappiano amare l’essenzialità e conducano una vita semplice”.

“La semplicità -conclude- si concretizza nel porgere la giusta attenzione alla singola persona, alla sua storia, al suo vissuto, al suo contesto di riferimento, alle sue aspirazioni. Se la nostra pastorale non privilegia quest’attenzione diventerà poco a poco sterile. L’efficacia del ministero sacerdotale si poggia sulla capacità di intessere una relazione autentica finalizzata alla salvezza dell’altro”.

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