Maurizio Gasparri: “Occorre creare una coalizione che stia in campo per vincere”
Abbiamo incontrato il senatore Maurizio Gasparri, attuale Vicepresidente del Senato della Repubblica, in quello che è una sorta di “buen retiro” cavese, che altro non è se non l’abitazione di famiglia dove vive l’anziano papà, generale in pensione dell’Arma. Abbiamo approfittato dell’occasione per fare una chiacchierata a tutto tondo sulla situazione politica del Paese e del centrodestra, con uno sguardo oltre i confini nazionali. Non poteva poi mancare una sua opinione sul panorama elettorale cavese.
La Destra oggi è come “l’isola che non c’è” di Peter Pan. Come riformarla?
Non c’è dubbio che la destra si sia dispersa in mille rivoli perché le vicende di questi ultimi anni, compresa la posizione di rottura che Fini ha assunto all’interno del centrodestra, l’hanno portata ad una nebulizzazione. Io però non credo che sia utile tornare indietro con le lancette dell’orologio e creare un partito di destra, perché comunque la sfida sarà sempre nella prospettiva bipolare. Ho sempre lavorato, anzi, perché la potesse essere bipartitica. Abbiamo fatto dei passi indietro rispetto all’intuizione giusta del PDL, ossia un grande partito unitario. Probabilmente il PD, dopo alcune incertezze, ha ripreso un percorso da grande partito di raccolta di tanti orientamenti nell’area di sinistra e di centrosinistra al punto che Renzi con un po’ di enfasi e presunzione parla addirittura di partito della nazione.
Noi abbiamo fatto dei passi indietro perché la rottura alimentata da Fini portò all’esaurirsi prematuro del PDL. Poi si sono formate varie realtà, però nessuna riesce a sfondare. Ora se a questo volessimo aggiungere la ricostituzione presunta di un partito di destra, peraltro con rapporti spesso logorati a seconda delle situazioni dei protagonisti delle stagioni precedenti, credo che l’operazione dal punto di vista sentimentale potrebbe anche avere una valenza, ma personalmente credo che sia più utile dedicare le energie al rilancio del centrodestra in quanto tale e di un partito, oggi è Forza Italia, vedremo poi le forme della politica negli anni futuri, che abbracci uno spettro ampio di centrodestra e non vada ad arroccarsi sulla destra.
Chi si sta arroccando a destra è la Lega di Salvini…
In parte questo lo sta facendo Salvini, con le mille contraddizioni di partito territoriale che era la Lega, mentre oggi cerca di occupare uno spazio che c’è, perché la possibilità di Salvini di avere una presenza al sud e di crescere, deriva anche dalla mancanza in questo momento di un partito di destra di dimensioni adeguate. Tuttavia, Salvini non riuscirà mai ad essere vincitore nei confronti della sinistra/centrosinistra. Noi dobbiamo creare una coalizione che stia in campo per vincere, non per passare dall’8% al 10%. Questa è una fase che noi abbiamo già vissuto, Alleanza Nazionale arrivò anche fino al 16%, poi ci inserimmo nel percorso del centrodestra.
Quindi Fratelli d’Italia è solo un’operazione nostalgica?
Hanno voluto fare questa scelta perché la convivenza all’interno del PDL a volte era difficile. I rapporti con Berlusconi non sono sempre agevoli, è un grande protagonista che nei suoi giorni migliori ha cercato di affermare il suo punto di vista. Però, la verità è che i numeri ci dicono che FdI è una realtà che oscilla tra il 2% e il 4%. Non voglio esprimere un giudizio morale, che potrebbe sembrare presuntuoso, ma non sfondano.
Il problema è creare un soggetto politico che batta la sinistra, non avere il 4% per entrare in Parlamento superando la soglia di sbarramento. Vale anche per Alfano. I numeri dimostrano che questi tentativi non sono il veicolo giusto. L’esperienza dimostra che Berlusconi e Forza Italia insieme agli altri nel PDL hanno avuto l’intuizione giusta. Oggi mi rendo conto che stiamo vivendo un momento difficile, però è inutile attardarsi nelle piccole appartenenze, bisogna lavorare e spendere le energie per creare la leadership che oggi ancora non emerge. Uno dei problemi è proprio che non c’è ancora una figura che si afferma e anche tutti quelli che si affaticano sul proscenio non hanno sfondato, lo stesso Salvini, che è quello che ha avuto la performance migliore tra tutti gli altri, vale a dire Fitto, Meloni, Alfano, non lo vedo in condizione di battere Renzi.
Il Partito Democratico è nato prima del PDL, dopodiché, quando Berlusconi vide nel 2008 che Veltroni marciava verso la vittoria, accelerò per formare un partito unitario. Il PDL riuscì a vincere e con gli alleati riuscì ad arrivare al 47% , mentre la coalizione di Veltroni arrivò al 40%. Credo che quello era il cammino giusto. Siamo tornati indietro. Tutto è partito dalla scelta di Fini, il quale ha una grave responsabilità politica, ha alimentato un antagonismo poco dopo aver fatto le liste del PDL, nel 2009, per sua libera scelta. Non c’è dubbio che la convivenza con Berlusconi era difficile, però alla fine la storia ci ha detto che aver rotto quel contesto ha portato Fini a scomparire del tutto. Se è andata così vuol dire che fare quella scelta è stato un errore.
Nel centrodestra si è vissuta la stagione del leader, ora a detta di molti si sta vivendo la stagione dei caporali e delle badanti. Come ribatte a chi dice questo?
Non c’è dubbio che dobbiamo partire da una ridefinizione della classe dirigente, di un gruppo dirigente più stabilizzato. Non ho nulla contro persone nuove e giovani, del resto il governo Berlusconi nel 2008 mise in campo numerosi ministri giovani, uomini e donne (erano giovani all’epoca anche Fitto e Alfano), erano giovani molte donne che sono state impegnate per il governo, pensiamo alla Meloni, alla Gelmini, alla Carfagna, alla Prestigiacomo, alla Bernini. Da questo punto di vista nessuna preclusione, però dobbiamo stare attenti a passare dal tentativo di conservazione dello status quo dei gruppi dirigenti all’improvvisazione; questo ci può essere sia a destra che a sinistra, perché anche alcuni ministri giovani del governo Renzi sembrano veramente improvvisatori. E quindi noi dobbiamo, parlo per quanto riguarda Forza Italia, attingere alla classe dirigente che c’è. Molti dei giovani del 2008 hanno ora un’esperienza maggiore, tanti di noi hanno un’esperienza ancora più lunga. Bisogna mettere tutte le risorse, quelle nuove e quelle consolidate intorno a un tavolo. Il problema è che tutto sembra ruotare nel momentaneo favore del leader Berlusconi. La situazione va stabilizzata mettendo tutte le forze, nuove e consolidate, intorno a un tavolo e vedere il da farsi per avere un gruppo dirigente con la certezza di un mandato. Da questo punto di vista siamo carenti in questa fase, ma è un lusso che non ci possiamo più permettere. E’ un tema di cui ci faremo carico nei prossimi giorni, chiedendo che si stabilizzi un gruppo dirigente che giorno per giorno prenda decisioni sulle riforme, sulla legge elettorale, sulla politica economica, sull’impulso da dare al territorio.
Queste considerazioni scaturiscono anche dalla sua militanza e lunga esperienza in un partito?
Sì, certo. E’ chiaro che anche allora non tutto funzionava alla perfezione, c’erano scontri, errori, strappi, però c’era un tessuto nel quale misurarsi. Ora la leadership di Berlusconi da sola non risolve più tutto e comunque c’è il problema del tempo che passa e ci pone di fronte a una transizione. I due eccessi sono, da un lato stare fermi e osannare il leader facendo a gara per essere il favorito del momento, e dall’altro formare un partito e auto-definirsi il nuovo leader. Sono due esagerazioni. Ritengo invece che ci debba essere una via normale.
Quello che sta dicendo tutto sommato sembra molto simile a quello che afferma Fitto?
Fitto sbaglia a fare una contrapposizione. Dovrebbe tenere conto che c’è un attacco costante a Berlusconi che si è rinnovato anche in questi giorni con del materiale da rigattieri, si vanno a riprendere fondi di magazzino e intercettazioni di sette anni fa di nessuna rilevanza. Anch’io penso che Belen sia una bella donna e ne parlo anche in casa con mia moglie. Andare a riesumare questo materiale è qualcosa che comunque indebolisce Berlusconi. Abbinare ad un attacco esterno al partito, una politica interna eccessiva, lo trovo tatticamente sbagliato. Si possono sostenere le stesse cose con un atteggiamento diverso, con altre modalità piuttosto che sostenere una quotidiana polemica costante. Focalizzando un attimo l’attenzione sulla Campania, sento poi dire che alcuni sostenitori di prima fila di Fitto, come D’Anna, faranno una lista di sostegno per De Luca, un personaggio che io giudico malissimo ed esponente della sinistra, e non posso che pensare che ci sia malafede.
Per quale motivo in tutti questi anni dal centrodestra non è emersa una classe dirigente giovanile? è una scelta che oggi costa cara.
In realtà è emersa, ma non si riesce a consolidare, non si stabilizza un quadro chiaro. Ho fatto prima i nomi di qualche ministro. Alcuni si sono persi per strada perché Alfano, Fitto e Meloni hanno deciso di diventare i successori, dei leader anche se non spiccano il volo, altri ci sono nel partito ma manca quella cura quotidiana dell’attività organizzativa. Sembrano banali le mie considerazioni, ma in realtà questo è un problema, ci sono giovani validi, ma è debole la “cabina di regia”. Si pensa: tanto c’è Berlusconi che sistema e aggiusta tutto. Dobbiamo lavorare di più nella fascia intermedia che sta tra il leader, che è Berlusconi, e l’opinione pubblica; questo ci consentirebbe di valorizzare al meglio tanti apporti nuovi che ci sono.
Lei che è un uomo di destra quale giudizio può darmi sulla Le Pen?
E’ una donna capace che ha ereditato una lunga tradizione familiare d’impegno (il lepenismo non nasce oggi). L’Europa oggi vive un momento di crisi per cui tradizioni estreme trovano spazio e sono premiate, sia a destra che a sinistra, pensiamo non solo a Salvini e Le Pen ma anche a Tsipras in Grecia e Podemos in Spagna. Di fronte alla crisi dell’euro, alla crisi economica e al declino storico che il mondo occidentale vive, a volte posizioni più nette e drastiche hanno successo. La Le Pen viene premiata da tutto questo, senza dimenticare che in Francia lei ha tratto vantaggio anche dalla crisi del gaullismo, Sarkozy è stato una grande delusione, ha fatto errori drammatici sulla scena internazionale, uno tra tutti la Libia; quindi lei è riuscita a coprire lo spazio lasciato dai gaullisti.
Potrebbe puntare alla presidenza secondo lei?
Se la crisi perdura e gli avversari saranno scarsi potrebbe perfino avere delle chances, a meno di un’unione di tutti gli altri.
Questo potrebbe avere dei riflessi sul centrodestra italiano?
Avrebbe dei riflessi sull’Europa. Se la Le Pen farà quello che dice rispetto all’euro, avremo dei problemi enormi. Non sono un’entusiasta dell’euro, ma l’esclusione da esso da parte di un Paese come la Francia causerebbe degli sconquassi che danneggerebbero molto l’Europa. Il problema non sono le conseguenze che ci potrebbero essere in Italia. Se mai dovesse vincere e se mai la Francia uscisse dall’euro avremmo degli sconquassi tali che causerebbero dei colpi di frusta di ritorno davvero pesanti. Lo stesso dicasi con Tsipras, se farà quello che ha detto qualcuno dovrà pagare la nota spese e non credo che vogliano farlo i tedeschi.
A livello locale, a Cava de’ Tirreni il centrodestra si è disgregato, la compattezza di cinque anni fa è ormai un ricordo. La conseguenza è una campagna elettorale con dieci candidati sindaco. Come riunire le fila? Ci sono i presupposti?
Da quanto mi dicono anche la sinistra si è polverizzata. In questa situazione, il sindaco uscente potrà avere il vantaggio di una riconoscibilità. Il centrodestra ha il vantaggio di essere in carica e di avere un sindaco uscente, poi ci può essere chi è più entusiasta e più scettico. La polverizzazione riflette un dato generale, poi qui a Cava anche la rottura di rapporti antichi ha determinato rivalse e rancori.
Io personalmente sosterrò Marco Galdi. Al di là di avversioni personali e rotture di rapporti che in qualche modo peseranno, la gente deve scegliere un’amministrazione e non dovrà essere solo il rancore la linea guida per le elezioni (nella foto accanto il senatore Gasparri con i suoi referenti politici cavesi, l’assessore Fortunato Palumbo e il consigliere comunale Enrico Polacco).
Può darmi un suo giudizio complessivo su Cava, visto che lei viene spesso?
L’Amministrazione merita sicuramente un voto superiore alla sufficienza, considerati i tagli di risorse a livello regionale e nazionale e tutti i problemi con cui fare i conti. Tante cose in città sono state fatte, anche in campo culturale. Il mio giudizio è positivo, in tempi che non sono felici. Fare il sindaco è un mestiere difficile, con poche risorse è ancora più complicato.