Ah… quei fascisti!
E non sono fascisti perché essi stessi non lo sanno che cos’è il fascismo, essendo stati allevati nella scuola media unificata postgentiliana, in cui si avanza con i punti miralanza
Riceviamo e pubblichiamo
Di questi tempi, si sente spesso dire che ci siano in giro dei fascisti, anzi che addirittura starebbero al Governo. Ma io non lo credo, perché questi non hanno nulla a che vedere con i veri fascisti. Primo: perché hanno paura di essere chiamati fascisti, ai quali tutti i difetti si possono attribuire tranne la paura, ché anzi la mettevano agli altri. Poi: perché, se fossero fascisti, avrebbero già assaltato e dato alle fiamme una diecina di giornali e emittenti televisive, a cominciare da La7; dato un beveraggio di olio di ricino e una manganellatura a Lili Gruber, Marco Travaglio, David Parenzo, Corrado Formigli, Giovanni Floris, Andrea Scanzi ed altri; bruciato in piazza la Costituzione “antifascista”, abolito i “ludi cartacei” o almeno cambiato la legge elettorale; nazionalizzato le banche, le ferrovie, l’energia e le comunicazioni telefoniche e telematiche, compresi i social; mandato a casa o al confino qualche centinaio di magistrati e professori universitari…
E non sono fascisti perché essi stessi non lo sanno che cos’è il fascismo, essendo stati allevati nella scuola media unificata postgentiliana, in cui si avanza con i punti miralanza. Tanto è vero che, proclamando di voler combattere l’egemonia culturale di sinistra, affidano il compito a un battilocchio come Sangiuliano, o a quest’altro illustre ignoto, invece che a qualche luminare accademico o docente universitario di destra con i dovuti attributi, tipo Marconi o Pirandello o Gentile, e subiscono passivamente quell’egemonia che, parlando di fascismo, si concentra, giustamente ed esclusivamente, sul saluto romano, sulla camicia nera, su Matteotti, sulle leggi razziali e sui disastri della guerra e dell’occupazione nazista. Cose peraltro sacrosantamente vere. A cui dovrebbero contrapporre cose altrettanto vere, come il completamento del Risorgimento e del sentimento nazionale e di patriottismo, nati nelle trincee della prima guerra mondiale, il rispolveramento dell’italianità come filone permanente storico e culturale, dall’antica Roma, a Dante, al Rinascimento, ad Alfieri, a Mazzini, a Garibaldi, a Gioberti, a D’Annunzio.
Si dovrebbe spiegare a questi stupidi, ignoranti e pavidi politici e giornalisti, di destra e di sinistra, che il fascismo fu anche socialismo, con il tentativo di abolire la lotta di classe ed imbrigliare il capitalismo sia pure statalista, mediante il corporativismo e l’interventismo economico statale, con l’INPS, l’INAIL, l’ONMI, l’ECA, il Dopolavoro; con l’abbattimento dell’analfabetismo, soprattutto nel Sud, mediante le scuole rurali e l’edilizia scolastica, e dell’emigrazione in America; e con l’eliminazione del tifo, della malaria e della tubercolosi, mediante le bonifiche. E risolse l’annosa Questione Romana, mediante i Patti Lateranensi. E mi fermo, se no mi tacciano di apologia, anche senza saluto romano.
Il fascismo è morto. OK?
Facciamo così: imitiamo la Svizzera, aboliamo le Regioni, inutili carrozzoni di potere e spreco di denaro, e facciamo tre grandi Cantoni, Nord, Centro e Sud; usciamo da tutto, ONU, NATO, UE, BCE; siamo amici di tutti, con i quali compriamo e vendiamo con la nostra cara lira; ce ne freghiamo dei mercati, dello Spread e della globalizzazione; e facciamoci una bombetta atomica. I soldi? Beh! Io mi ricordo che per molti anni ho visto luccicare all’anulare di mio padre e di mia madre una fede d’acciaio, perché avevano donato “L’oro alla Patria”, come fecero milioni di italiani e soprattutto di italiane quando la Società delle Nazioni ci colpì di sanzioni. Si può fare anche adesso, chiedendo agli italiani di donare, volontariamente, una somma di danaro allo Stato. E poiché oggi, non come allora, non si dà nulla per nulla, gli diciamo che la metà di ciò che dona gli sarà diffalcato dalle tasse che deve pagare. Funzionerà? Ne dubito.
Aldo Di Vito