LIBRI & LIBRI Mina: la voce del silenzio
Con una ruggente quanto affettuosa prefazione redatta dall'amico Ivano Fossati, il libro si snoda attraverso ben ventisei capitoli scritti da diversi autori
Un coro unanime di elogi in questo libro edito da Il Saggiatore (pagg. 480, €. 29,00, Milano 2024), dal titolo “Mina. La voce del silenzio”, con un sottotitolo alquanto emblematico, ‘Presenza e assenza di un’icona pop’.
Un libro appunto ‘corale’ su quella cantante che, non a caso, unanimemente si è conquistato l’appellativo di Nostra Signora della Canzone Italiana: Mina. La tigre di Cremona continua a far sentire i suoi ineccepibili ruggiti anche nel silenzio di una lontananza voluta e non certo -suo malgrado- forzata, consapevole che il tempo ha il suo decorso con le sue mode, i trend in vorticosi mutamenti e, soprattutto, con i cambi generazionali che prepotentemente bussano alle porte dei ‘vecchi leoni’ della canzone italiana
Con una ruggente quanto affettuosa prefazione redatta dall’amico Ivano Fossati, il libro si snoda attraverso ben ventisei capitoli scritti da diversi autori che affrontano le multiforme sfaccettature della signora Mazzini, un caleidoscopio a 360° dell’intera esistenza di una vocalist che ha segnato, senza ombra di dubbio, la vita degli italiani sin dai suoi esordi alla celeberrima Bussola di Marina di Pietrasanta, in quel lontano 1958 in cui impazzava la febbre degli ‘urlatori’.
Non a caso, anche per un critico musicale navigato, risulta arduo discettare su un’artista che ha colpito i cuori di milioni di persone, e nel proprio Paese e nel mondo, per quanto, nel suo lungo e fruttuoso persorso artistico -parlando di mondo- ebbe il coraggio di rifiutare l’allettante offerta di colui che è stato considerato il più grande cantante del Novecento e non a caso -come per Mina in Italia- gli è stato attribuito l’apellativo di ‘The Voice’ ossia quel Frank Sinatra che fece carte false per avere la nostra vocalist d’eccezione nel proprio entourage artistico statunitense.
Dal suo rifugio svizzero, avvolta nelle fredde ma confortanti nebbie del silenzio, la grande Mina dall’alto dei suoi over-ottanta ancora fa risuonare la propria presenza non certo ingombrante bensì rassicurante per tutti noi che l’abbiamo sempre amata, e lo fa in duetto col giovanissimo Blanco, in un album caratterizzato in larga misura da buoni temi, arrangiamenti quasi perfetti e un canto quasi sempre letteralmente divino, ma è anche un lavoro che risulta malinconico all’infinito, come a contemplare una vita intera che se ne va.
È innegabile che un disco così alle orecchie di un giovane possa risultare come un ritratto di Dorian Gray conservato male. Un album anche “rassegnato”, che ferisce solo in un paio di episodi ma che nel complesso appare come l’unico disco di inediti di Mina da molto tempo in qua che si lascia ascoltare dall’inizio alla fine senza generare moti di eccessivo entusiasmo o imbarazzo.