“Viva il greco”: il piacere sottile della traduzione
Il greco è la lingua del duale, la lingua del dialogo platonico, del confronto con lo straniero, la lingua della φϊλία, la lingua della ξενία, la lingua che concepisce i Greci e gli stranieri e che riflette sul μέν e sul δέ
Quando abbiamo una passione, è naturale desiderare che tutti riconoscano e provino la nostra stessa meraviglia. Ci viene voglia di condividere per far capire (o forse meglio sentire) agli altri quello che noi proviamo.
Venerdì sera, nel salone dell’Hotel Vittoria Maiorino, ascoltando Nicola Gardini, professore di letteratura italiana e comparata presso l’Università di Oxford, ho pensato che probabilmente l’idea da cui il suo “Viva il greco” ha preso forma potrebbe essere stata questa.
Durante la serata, organizzata dalla Società filellenica italiana, presieduta dal prof. Marco Galdi, il prof. Gardini ha dialogato con il prof. Angelo Meriani, ordinario di Lingua e Letteratura greca presso l’Università di Salerno, parlando di traduzione, passione, poesia, ritmo, linguaggio, incantando il pubblico presente.
Il dialogo tra Gardini e Meriani è un duetto, il ritmo del discorso scorre fluido alternando le loro voci tra riflessioni, letture di brani, pause, applausi degli spettatori.
L’argomento di partenza è il senso della traduzione.
Per Gardini, il senso della traduzione è da ricercare nel piacere, un piacere al tempo stesso edonistico ed erotico, il modo per dare un senso ad una giornata che è parsa vuota. “C’è qualcosa nel testo originale che non sta nelle parole.” Tradurre è più di questo. “é la stessa smania di trasformazione nell’altro che si ha in un rapporto sessuale”. Quello che prova si percepisce quasi tangibilmente dalle sue parole.
Per Meriani, la traduzione è pratica sociale. “Il traduttore non fa altro che ampliare la base sociale di un testo, dà ad un testo la possibilità di essere fruito da altro.” Come dargli torto.
E aggiunge che gli piacerebbe se la traduzione, veicolata con questi nuovi sensi, si liberasse dalla zavorra dell’esercizio scolastico.
Sì, ma perché proprio traduzione dal greco? Perché un libro che dice “Viva il greco”? Tempo fa in un mio articolo ( clicca qui per leggere ) facevo la mia apologia delle lingue antiche e della loro attualità al giorno d’oggi. Se avessi letto in quel momento il libro del prof. Gardini o lo avessi ascoltato, avrei avuto ulteriori argomenti a mio supporto. Tradurre ancora oggi il greco perché – osserva Gardini – è la lingua dei dialetti,, del confronto, del dialogo.
“Il greco è la lingua del duale, la lingua del dialogo platonico, del confronto con lo straniero, la lingua della φϊλία (filia, l’amicizia), la lingua della ξενία (xenia, l’ospitalità verso lo straniero) la lingua che concepisce i Greci e gli stranieri e che riflette sul μέν (men) e sul δέ (de).”
Tradurre ancora il greco per l’attualità delle sue riflessioni. Come ad esempio in Tucidide, storico cronista della Guerra del Peloponneso, la terribile guerra mondiale dell’antichità, nelle cui Storie si ritrova una potente analisi degli effetti della manipolazione delle parole.
“Avere consapevolezza dell’importanza delle parole, può cambiare le sorti. La lingua è uno strumento di lotta e di difesa.”
Quanto fin qui rappresenta una sintesi di una serata che ha visto recitare versi di Saffo, di Pindaro ma anche della Commedia dantesca, in cui Virgilio si fa traduttore di Ulisse per Dante.
Personalmente, nelle parole del prof. Gardini mi sono riconosciuta e, tornando all’incipit di questo articolo, è sempre una sensazione particolare e rallegrante sapere che c’è qualcuno che sente quello che sentiamo noi.
Un grande onore avere a Cava de’ Tirreni un incontro di questo calibro. Non possiamo non augurarci di continuare a poter partecipare ad iniziative del genere.
La registrazione integrale dell’incontro è disponibile a questo link .
E viva il greco!