Meloni l’europea
Ad uscirne con le ossa rotta sono le leadership francesi e tedesche. Macron in Francia ha sciolto il Parlamento, il governo del cancelliere tedesco Scholz barcolla. Una circostanza, questa, che di sicuro favorirà Giorgia Meloni, il cui governo è uscito più che rafforzato da questa tornata elettorale
Il voto alle elezioni europee se da un lato conferma la vittoria e la crescita dei popolari, dall’altro evidenzia anche che gli europei guardano sempre più a destra.
Ad uscirne con le ossa rotta sono le leadership francesi e tedesche. Macron in Francia ha sciolto il Parlamento, il governo del cancelliere tedesco Scholz barcolla. Una circostanza, questa, che di sicuro favorirà Giorgia Meloni, il cui governo è uscito più che rafforzato da questa tornata elettorale. Insomma, l’Italia potrà sfruttare questa situazione e contare oltre che pretendere di più a Bruxelles.
Certo che la vita è strana e non fa mai difetto un po’ di fortuna. Meno di due anni fa la Meloni, sul cui europeismo c’era molto da dubitare, era attesa alla prova del fuoco nei rapporti con le istituzioni europee. In molti, a sinistra soprattutto, erano convinti che la nostra premier si sarebbe trovata in difficoltà se non addirittura essere bastonata dalla politica comunitaria. E invece le cose sono andate diversamente. Brava la Meloni a smussare gli angoli e a dire quello che pensava ma senza rompere. Anzi, ha intessuto rapporti a dir poco eccellenti con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e con la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. Merito, è onesto riconoscerlo, delle indubbie capacità diplomatiche e della duttilità politica della Meloni. L’attuale congiuntura politica europea, però, è un’opportunità insperata che la nostra premier può e deve cogliere per il bene del nostro Paese.
Il voto europeo degli italiani si presta, tuttavia, a qualche altra considerazione.
Il Pd, tanto per cominciare, si è ripreso quel ruolo di leadership conteso dal Movimento 5 Stelle e messo in discussione dalle continue diatribe interne. Prima fra tutte, quella con il governatore campano De Luca. Anche in questo caso, una certa duttilità politica da parte della Schlein ha fatto sì che il partito si compattasse in vista del voto.
Molto probabilmente, però, la Schlein è stata indirettamente aiutata dalla “follia” politica che ha visto protagonisti in quest’ultimo anno Renzi e Calenda. I due, per un protagonismo sfrenato, hanno gettato alle ortiche la costruzione di un polo democratico e riformista, che poteva catalizzare il voto moderato ben oltre i consensi ricevuti dalle due liste l’una contro l’altra armata. In altre parole, politicamente due sciagurati. La decenza imporrebbe che i due non solo si coprissero il capo di cenere, ma che si ritirassero dall’agone politico. Siamo, però, in Italia e non in un civile paese anglosassone, per cui il duo Calenda-Renzi continuerà ad imperversare e a far danni.
Un’ultima annotazione, che riguarda la destra.
Fino ad adesso, anche nei dibattiti di queste ultime ore, da sinistra viene contrastata una destra europea sovranista, autoritaria e retriva. La verità è che, invece, sembrano essere presenti due destre. Una europeista e atlantista. L’altra, invece, nazionalista oltre che filo-putiniana e filo-trumpiana, qual è quella della francese Le Pen. Lo stesso avviene nel nostro Paese con l’attuale maggioranza di governo tra la componente della destra atlantista della Meloni e quella sovranista di Salvini e Vannacci. Questo per dire anche che nell’attuale centrodestra non mancheranno contrasti e dissapori soprattutto sui temi di politica estera. Per fortuna della Meloni la Lega salviniana esce fortemente ridimensionata da quest’ultima consultazione e superata dall’altro alleato, ovvero da una Forza Italia in crescita e decisamente ancorata ai valori popolari ed europeisti.
In conclusione, al di là del successo personale conseguito, queste elezioni per la Meloni non potevano assolutamente andare meglio.