Se alla recessione demografica aggiungiamo l’instabilità geopolitica, la transizione energetica e digitale, le nostre imprese sono destinate a subire dei contraccolpi spaventosi. La difficoltà, ad esempio, di trovare giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è avvertita già in questo momento, figuriamoci fra qualche decennio. Ovviamente, chi spera in una inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso. Purtroppo, non ci sono misure in grado di cambiare segno a questo fenomeno in tempi ragionevolmente brevi.
E nemmeno il ricorso agli stranieri potrà “risolvere” la situazione. Pertanto, dobbiamo rassegnarci a un progressivo rallentamento, anche del Pil. Senza contare che una società con meno giovani e più anziani dovrà fronteggiare un’impennata della spesa previdenziale, di quella sanitaria e di quella assistenziale da far tremare i polsi.
Meno lavoratori soprattutto al Sud
Come dicevamo più sopra, le contrazioni della popolazione in età lavorativa più importanti riguarderanno, in particolare, il Sud. Lo scenario più critico interesserà la Basilicata che entro il prossimo decennio subirà una riduzione di questa platea di persone del 14,6 per cento (-49.466 persone). Seguono la Sardegna con il -14,2 per cento (-110.999), la Sicilia con il -12,8 per cento (-392.873), la Calabria con il -12,7 per cento (-147.979) e il Molise con il -12,7 per cento (-22.980).
Per contro, le regioni meno interessate da questo fenomeno saranno la Lombardia con il -3,4 per cento (-218.678), il Trentino Alto Adige con il -3,1 per cento (-21.368) e, infine, l’Emilia Romagna con il -2,6 per cento (-71.665).
A pagare il conto saranno le micro e piccole imprese
Già oggi molte imprese, anche del Sud, denunciano la difficoltà di trovare personale preparato da inserire nel proprio organico. Nonostante ciò, il Mezzogiorno potrebbe avere meno problemi del Centronord. A differenza di quest’ultimo, infatti, il primo, avendo tassi di disoccupazione e di inattività molto elevati, potrebbe colmare, almeno in parte, i vuoti occupazionali che interesseranno soprattutto il settore agroalimentare e quello ricettivo (hotel, ristoranti e caffetteria).
E’ altresì evidente che tante imprese, soprattutto di piccola dimensione, saranno costrette a ridimensionare gli organici perché impossibilitate ad assumere. Per le medie e grandi imprese, invece, il problema dovrebbe essere più contenuto. Con la possibilità di offrire stipendi più elevati della media, orari ridotti, benefit e importanti pacchetti di welfare aziendale, i pochi giovani presenti nel mercato del lavoro non avranno esitazioni nel scegliere le grandi anziché le piccole e micro imprese che, questi benefici, non possono erogarli.