Cava de’ Tirreni, a colloquio con la dirigente scolastica Mena Adinolfi: “E’ necessaria la forza di una squadra che condivida lo sfondo etico del progetto ed orientata al «fare»”
Gli errori sono stati fatti e se ne faranno ancora, ma per ripartire bisogna avere lo sguardo puntato non sui difetti, piuttosto su ciò che possiamo ancora valorizzare, sui talenti che possiamo liberare. Lo sfondo di una nuova progettualità deve essere profondamente etico
Il viaggio di Ulisse online sullo stato della nostra città continua con un’altra personalità di rilevante spessore culturale ed umano. Una giovane donna, dirigente scolastica, molto determinata e concreta. Stiamo parlando di Filomena Adinolfi, per tutti Mena, cavese doc, da quasi dieci anni alla guida dell’Istituto Comprensivo “Carducci-Trezza” di Cava de’ Tirreni. Laureata presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Napoli “Federico II” con una tesi in Storia della Filosofia Antica dal titolo “La libera scelta in Aristotele”, vanta un ricchissimo e variegato curriculum professionale, e tra i vari master segnaliamo quello in Economia Istituzioni e Sviluppo nel Mezzogiorno ed un Corso di perfezionamento in “Comunicazione, multimedialità e didattica”.
“E’ necessario disegnare una diversa prospettiva di sviluppo. A mio parere la strada è la riforma culturale. La cultura come sfondo integratore delle scelte politiche”
Guardandola da un punto di vista politico, economico e sociale, come la descriverebbe oggi la nostra città?
La nostra Città ha perso il fascino dei decenni precedenti.
La spinta propulsiva economico-sociale che caratterizzava la città di Cava trovava fondamento nel peculiare fermento culturale delle giovani generazioni che hanno saputo offrire, nel recente passato, un contributo di novità e una leva forte al cambiamento. Quella spinta trovava spazi di realizzabilità che ora sembrano non esistere più. Oggi quell’antico fermento sembra sopito forzosamente a causa di una coltre e di una sovrastruttura burocratica-politica-amministrativa che lascia poco spazio ad iniziative in controtendenza.
L’eziologia di questo stato di cose andrebbe indagata con attenzione. Non credo sia un problema di colore politico delle amministrazioni locali. Probabilmente per ripartire dovremmo analizzare meglio e più in profondità lo stato dell’arte, misurare le forze reali che abbiamo a disposizione, comprenderne l’essenza e le potenzialità per poi disegnare un sogno di sviluppo possibile, sostenibile e realizzabile.
Guardando indietro, quali le differenze? Cosa ha perso?
Cava fino alla metà del secolo scorso, è stata stazione di soggiorno e turismo e luogo di villeggiatura dal quale partivano le escursioni per la costiera. Le leve storiche dello sviluppo cavese, sviluppatesi nel corso degli anni, sono state principalmente tre: il commercio, grazie alla collocazione sulla via di transito Nord Sud, tra il Golfo di Napoli e quello di Salerno, l’agricoltura grazie alla disponibilità di terreni fertili e il turismo per la posizione strategica. Con la realizzazione di nuove strade, i flussi di traffico hanno iniziato a bypassare la valle metelliana. La crisi mondiale del tabacco ha messo in ginocchio non solo l’agricoltura cavese, fino agli anni ‘70, pressoché monocolturale, ma anche l’indotto industriale delle manifatture. La facilitazione degli accessi alla Costiera Amalfitana, per terra e per mare, ha infine tolto a Cava la sua forza di attrazione turistica o di nodo strategico. Tutto ciò appartiene ad un recente passato che non esiste più.
Ci dice quali sono a suo avviso i pregi e i difetti di questa nostra città?
Cominciamo dai pregi: l’orgoglio e il senso di appartenenza alla nostra terra che porta i suoi figli, pur nell’inevitabile allontanamento fisico di tanti professionisti e di tanti cervelli, a non recidere completamente il cordone ombelicale con la madre Cava de’ Tirreni; la bellezza dei luoghi, la biodiversità naturalistica e paesaggistica, la collocazione geografica nel cuore della Campania che la rende logisticamente vicina a tutte le maggiori attrattive (Napoli, Pompei, la costiera sorrentino-amalfitana, il Cilento).
Difetti: incapacità di orientare le energie verso un obiettivo di miglioramento comune, faide intestine che disperdono le energie buone in sterili rivoli con poche prospettive.
“E’ necessario ridisegnare un nuovo modello di sviluppo, costruito sull’esistente, piuttosto che su un’immaginaria possibilità di tornare ad essere ciò che eravamo”
Non crede che un limite dei cavesi sia di vivere troppo di un passato glorioso per sfuggire al presente?
La città si è ripiegata su se stessa, oscillando tra nostalgia del passato e pessimismo sulle prospettive. Certamente un suo limite è stato vivere all’ombra di un passato glorioso per sfuggire ad un presente meno brillante.
E’ necessario ridisegnare un nuovo modello di sviluppo, costruito sull’esistente, piuttosto che su un’immaginaria possibilità di tornare ad essere ciò che eravamo. Perdersi in nostalgici vagheggiamenti è controproducente. Bisogna guardare all’esistente che è oggi caratterizzato da una dotazione di beni artistici ed ambientali di valore, da una cultura imprenditoriale creativa e segnata da una tensione verso la ricerca e l’innovazione tecnologica e digitale, da un associazionismo fervente che racconta di innumerevoli spunti per definire un progetto di sviluppo sostenibile.
“Alle scuole va riconosciuto un ruolo strategico nel cambiamento e nel miglioramento della società”
Possiamo, sempre come città, recuperare il terreno perduto? Ritrovare un ruolo e una prospettiva?
Possiamo recuperare certamente il terreno perduto ma con una prospettiva sganciata dai vagheggiamenti di un passato non replicabile. E’ necessario disegnare una diversa prospettiva di sviluppo.
A mio parere la strada è la riforma culturale. La cultura come sfondo integratore delle scelte politiche.
La cultura trova il suo primo strumento d’azione nelle scuole, luogo di formazione e di paideia per eccellenza. Alle scuole va riconosciuto un ruolo strategico nel cambiamento e nel miglioramento della società.
Pertanto, per rispondere alla domanda su come ritrovare un ruolo e una prospettiva.
La prospettiva può essere ritrovata puntando sui giovani a cui vanno offerte le migliori occasioni di crescita, di riflessione, di incontro, vanno destinati proprio a loro i luoghi della bellezza e dell’armonia affinché la bellezza e l’armonia divengano un loro patrimonio interiore, da restituire alla comunità dando vita ad una spirale virtuosa e capace di autoalimentarsi.
Recentemente leggevo interviste nelle quali si affermava che i migliori ambienti della Città, come il meraviglioso Complesso Monumentale di S. Maria del Rifugio dovessero essere concessi ad altri soggetti, e non alla scuola, come se la scuola dovesse invece meritare di essere confinata in luoghi meno prestigiosi: una visione di scuola che sa di tempi ormai fortunatamente passati a miglior vita.
Mi chiedo, innanzitutto, chi altri avrebbe più diritto della scuola ad avere la concessione di spazi che ha provveduto a risanare da uno stato di abbandono ed incuria con risorse proprie e che presidia salvaguardandoli dal deperimento, nel volgere inesorabile del tempo?
E in secondo luogo e ancor di più, per quale ragione non sarebbe proprio la scuola la destinataria ideale delle migliori opportunità che il territorio può offrire?
Non costituisce la scuola la speranza della società al progresso e al miglioramento?
Non è la scuola il luogo dove si alimentano le menti, dove i ragazzi diventano uomini, dove è possibile vagheggiare un’idea di evoluzione della società?
Chi ha diritto più della scuola e dei suoi ragazzi di vedersi garantite le migliori condizioni di contesto per realizzare il proprio percorso educativo, connotandolo da una cornice di benessere, di bellezza, di arricchimento estetico e artistico?
Da terra di nessuno che era, il Complesso di S. Maria del Rifugio, grazie alla scuola che lo presidia, ha ritrovato l’ordine, il controllo, la vigilanza, la pulizia ma soprattutto è stato recuperato dalla barbarie dell’incuria mediante l’utilizzo di cospicui finanziamenti provenienti dalle risorse dell’istituzione scolastica (oltre 50.000 euro per riqualificare il giardino, la sala Conferenze e le aule dello splendido edificio, solo per fornire un rapido conteggio).
Oggi, il Complesso è interessato da ulteriori lavori di riqualificazione che lo renderanno un polo culturale dalle molteplici opportunità per gli studenti e dunque, di conseguenza, per la futura classe dirigente cavese che potrà crescere e ritornare ai fasti di un tempo se farà crescere nel migliore dei modi i suoi ragazzi, le giovani generazioni e dunque il suo futuro.
“Occorre ripartire da una squadra di professionisti delle diverse aree culturali-economico-sociali che faccia “ricerca” e produca una proposta integrata, credibile”
Quali dovrebbero essere secondo lei le direttrici di marcia per assicurare alla nostra città un futuro di crescita e sviluppo?
Le direttrici di marcia per un futuro di crescita certamente partono dall’analisi dello status quo: abbiamo un Comune fortemente indebitato e con una struttura comunale con esigue risorse finanziarie e professionali. E questo è un dato di fatto rispetto al quale ben poco si può discettare.
Ma per disegnare un futuro di crescita e sviluppo dobbiamo partire da questo dato e andare poi molto al di la’. Si percepisce in ogni dove e a tutti i livelli, l’esigenza di una nuova progettualità, di una visione sistemica di ampio respiro e con un orizzonte temporale di medio-lungo termine. Sicuramente la situazione odierna in cui versa la città esige una riflessione a maglie larghe. Bisogna ripartire da una squadra di professionisti delle diverse aree culturali-economico-sociali che faccia “ricerca” e produca una proposta integrata, credibile, vantaggiosa per i più. Dobbiamo tentare di essere “pars construens” perchè, al contrario, vestirci da “pars destruens” senza indicare nuovi angoli visuali ci confina ad un pontificare eticamente scorretto e troppo spesso realizzato a mezzo social.
Gli errori sono stati fatti e se ne faranno ancora, le conseguenze si pagheranno, ma per ripartire bisogna avere lo sguardo puntato non sui difetti, sulle incapacità, sulle mancanze o sui risultati non raggiunti quanto piuttosto sui “potenziali” ancora da attualizzare, su ciò che possiamo ancora valorizzare, sui talenti che possiamo liberare. Lo sfondo di una nuova progettualità deve essere profondamente etico.
“E’ certamente possibile individuare personalità in grado di rilanciare la città nel suo insieme. Tuttavia nessuno può riuscire da solo. E’ necessaria la forza di una squadra”
E la società civile può e come giocare un ruolo, anche in politica e nell’amministrazione, per rilanciare la città nel suo insieme?
Gli sviluppi più recenti della società civile sono segnati da un interesse crescente per istanze valoriali che riguardano categorie ampie di individui. Si pensi ad esempio, alle tante associazioni che operano per la tutela dei diritti individuali o per la protezione dell’ambiente o per la formazione di ampie reti di solidarietà a difesa delle fasce più svantaggiate. Le nuove e svariate forme di associazionismo rivolgono la propria opera alla difesa di valori umani basilari che potenzialmente interessano tutti. C’è in questo sviluppo dell’associazionismo, un movimento sotterraneo verso la politica. Cava de’ Tirreni è ricchissima di esperienze associazioniste che rivelano di fatto una profonda cultura politica e dunque un fermento che se ben orientato può dare risultati stupefacenti.
All’interno di queste esperienze, e non solo, è certamente possibile individuare personalità in grado di rilanciare la città nel suo insieme. Tuttavia nessuno può riuscire da solo. E’ necessaria la forza di una squadra che condivida lo sfondo etico del progetto, che abbia un’affinità valoriale e intellettuale, orientata al “fare” senza cadere nelle logiche di scambio più o meno palesi della vecchia politica, che abbia una capacità gestionale ed organizzativa pari alla capacità di progettare una nuova linea di sviluppo.
Non possiamo disegnare sogni e non avere alcuna idea di come poterli realizzare!
Per finire, torneremo “grandi” o no? Se sì, come?
Non so se torneremo “grandi” ma sicuramente possiamo partire da qualche parte per risalire la china. Ad esempio dando alla “cultura” intesa come capacità di assumere e integrare punti di vista differenti sulla realtà, lo spazio che le spetta nella politica.
La cultura ha un ruolo “trasformativo” come si vede anche nella Nuova Agenda Europea della Cultura che per la prima volta le assegna un ruolo chiave nell’affrontare sfide sociali come la promozione della salute e del benessere, la coesione sociale e la promozione della diversità, l’innovazione socialmente sostenibile e l’educazione inclusiva. È arrivato il momento di prendere la cultura sul serio e di farla diventare il punto di forza delle nostre strategie trasformative. Troppo spesso vediamo ciò che accade, ma non siamo capaci di guardare in profondità. Nutrire la sfera della politica di uno sguardo culturale ampio potrebbe essere un punto di partenza.
Di fronte ai problemi più disparati: violenza contro le donne, bullismo e cyberbullismo, disabilità, la politica si poggia costantemente sulla scuola che, oggettivamente, ha un ruolo propulsore e strategico. Di questo la scuola è orgogliosa e consapevole.
Ma se siamo strategici per risolvere ogni problema della società, allora vogliamo essere considerati strategici anche nelle opportunità. Non possiamo essere tirati in causa solo per risolvere problemi della politica e poi non essere considerati quando è il momento di disegnare una nuova politica!
Un disegno politico in cui la cultura sia il motore immobile e il trait d’union di tutte le scelte può essere la strada nuova per il rinnovamento della nostra città.
Una mente brillante ed un’ ottima professionista che ha analizzato, in modo preciso, gli elementi che non riescono a farci risalire la china e quelli che propone per un ” rinvigorire” le menti.
Concordo con la sua visione di insieme e sul suo pensiero in merito ad una rinascita della nostra ” ancora bella città”.
Sembra un’analisi con prospettive interessanti. Individuo i punti chiave che mi hanno colpito.
1)Scuola che scopre e coltiva talenti
2)Necessità di unire energie per fare Squadra
3)Riconoscimento di attivitá gia vivaci da valorizzare indirizzate verso settori significatovi e stimolanti.