Ci è venuto sottocchio un articolo di Vittorio Feltri pubblicato sul quotidiano “Il Giornale” qualche giorno fa, con il quale il giornalista, rispondendo a un lettore che lo aveva punzecchiato sul Festival, sulla vincitrice Angelina Mango, sul vincitore effettivo che poi i “birbanti” giornalisti con lo zampino della Rai avevano fatto scendere al secondo posto, si è scatenato e, da par suo, ne ha detto di diversi colori.
Feltri ha risposto sulle “solite ma vittimistiche accuse di razzismo contro i meridionali”.
“Stavolta a piagnucolare sono i napoletani che, non accettando, per campanilismo, la sconfitta del proprio cantante preferito, tacciano gli organizzatori di essere disonesti, di avere barato, di avere truccato i numeri. E si dicono altresì vittime di discriminazione”, scrive il direttore editoriale de Il Giornale.
Ma attenzione, prosegue Feltri, perché “nulla è meno elegante dell’incapacità di perdere, incapacità che conduce a scagliarsi contro chiunque, a prendersela con chiunque, a cercare colpevoli, a scadere nel patetico vittimismo, che si può sintetizzare con questo pensiero: ‘Non ho perso perché altri sono piaciuti più di me bensì perché io sono il migliore e qualcuno ha cospirato contro di me'”.
“Ritengo semmai che i napoletani siano stati avvantaggiati in quanto è stata ammessa in gara una canzone il cui testo risulta essere in dialetto tipico napoletano, dunque incomprensibile e inaccessibile alla stragrande maggioranza degli italiani, e pure ci si lagna” conclude picconando Vittorio Feltri.
In merito al “rapper” napoletano, attraverso Internet emergono ora altre novità e collegate polemiche.
Ad esempio, il padre di Giovanbattista Cutolo, noto come Giogiò, lo studente di pianoforte e corno dell’Orchestra Alessandro Scarlatti di Napoli, ha rivelato che Geolier fosse un idolo del giovinastro che uccise il figlio; ovviamente il rapper non ha nessuna colpa, ma proprio durante il festival sanremese sono emerse notizie divulgate dal cantante su una certa Napoli, certamente non limpida e specchiata, emersa da un video nel quale si mostra una carabina kalashnikov dorata.
E Dagospia, la rassegna stampa web di Roberto D’Agostino, è andata a scovare un articolo de “Il Mattino” di Napoli del 3 gennaio 2022 nel quale risultano immagini di Geolier molto imbarazzanti: “Vai, vai, spara”, urlava il giovanotto a una ragazza mentre l’abbracciava; era la mezzanotte di Capodanno, e la ragazza esplose quattro colpi mentre si faceva riprendere in un video poi pubblicato su Instagram, nel quale lo stesso Geolier augurava il buon anno; poi la ragazza si giustificò parlando di una scacciacani (sic!).
Chiaro segnale di una certa gioventù che si alimenta in un ambiente poco educativo, nel quale le bravate sono all’ordine del giorno: e pure della notte.
Ma non possiamo concludere senza citare un’altra perla scovata da un amico FB, il testo di una canzone in dialetto napoletano, ovviamente sgrammaticato, del quale riportiamo solo alcune frasi e la relativa nostra traduzione.
“Famm o’ traggitt accant a’ banche“ – Facciamo il percorso accanto alle banche.
Appen tras immobilizzo a’ guardie” – Appena entro immobilizzo il vigilante.
“Teng nu frat criminal e n’at figl e nu boss” – Tengo un fratello criminale e un altro figlio di un boss.
“Je so intoccabile a Secondiglian comm e Narcos” – Io a Secondigliano sono intoccabile come un Narcos (sinonimo di narcotrafficante).
“N’to cassett teng a glock, affianc ‘o cont bancario…per poi spingersi” – Nel cassetto ho la Glock (una pistola automatica) vicino alla documentazione del conto bancario, per poi usarla all’occorrenza.
“Mentr accir ‘a nu cristian” – Mentre ammazzo un cristiano.
E ancora “Però a differenza vosta ‘int’â mutanda tengo ‘e palle” – Però a differenza vostra, dentro le mutande tengo le palle.
“M’hanno ‘mbarato ca annanza ‘e femmene nun se chiagne” – Mi hanno insegnato che davanti alle donne non si piange.
Ed ancora “Nascunne ciento gramme dint’ ‘o faro” – Nascondi cento grammi nel faro (evidentemente nel reggiseno).
“Te piento quando accire, sî felice quande ‘o faje”. – Ti penti quando ammazzi o quando lo fai sei felice?
Non è un frasario nuovo ed accattivante che esprima qualcosa, è soltanto l’esaltazione di un capo che deve dare da mangiare, dà sicurezza e per questo viene osannato.
E ci fermiamo qui, sperando di aver esaurito i motivi di parlare ancora del Festival di Sanremo e dei suoi strascichi.